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Da Malcolm all'Hip Hop passando per Ghost Dog


di Wu Ming 5

Da "Liberazione" del 27 febbraio 2005 

 

Sono tra quelli che pensano che l'Hip Hop non sia morto. Credo anche che la lezione dei grandi leader afroamericani del XX secolo, soprattutto quella di Malcolm, sia ancora attuale. Credo poi che l'Hip Hop sia impossibile, senza nazionalismo nero. Quelle istanze hanno mosso generazioni, la forza dell'esempio è intatta. Nel rendere conto dei rapporti tra quella stagione e la contemporaneità, è inevitabile, qui, procedere per suggestioni. Il cinema, macchina-da-sogni per eccellenza del secolo passato, può servire bene da punto di partenza. Incominciamo.

C'è un film di qualche anno fa che mette sullo schermo in modo obliquo e simbolico la "commercializzazione" -l'individualizzazione- dell'Hip Hop. Ghost Dog (Jim Jarmusch, 1998) è un apologo sull'Old School, sui suoi valori incarnati da magnifici perdenti, ma è soprattutto una riflessione sull'efficacia. Tanto in senso operativo, meccanico quanto in senso esistenziale, profondo, essa è possibile solo per chi è disposto a scommettere tutto sulla ricostruzione di un senso. Ghost Dog-Forrest Whitaker sceglie la via della devozione, del sacrificio: fedele al gangster italiano che gli ha salvato la vita anni prima, è del tutto estraneo a ogni preoccupazione collettiva o comunitaria. Le sue motivazioni hanno a che fare con l'onore, con lo stile. "Solo la mia fottuta guerra personale", direbbero i Colle der Fomento. Ghost Dog ha appreso da Malcolm, Da Eldridge Cleaver, Da Huey P., da Bobby Seale che è possibile essere veloci, precisi, efficaci, impeccabili, e che si deve mirare in alto. The Sky is the Limit: prima di essere cannibalizzato da MTV, era uno slogan delle Pantere.

Militia est vita hominis super terram: Ghost Dog deve aver meditato a lungo sul passo del Libro di Giobbe. La lezione stilistica dei grandi leader del nazionalismo nero è messa a servizio, tramite il suo corpo e la sua mente, di un improbabile committente: un mafioso di mezz'età. Il Samurai nero lo serve alla maniera dei decadenti guerrieri dell'Hagakure. Ma la corazza stilistica, l'impeccabilità forgiata con il sacrificio e la rinuncia, la versione post-apocalittica, individualistica dello stile marziale di Malcolm o di Huey non lo proteggeranno dai contraccolpi della sorte.

La metafora è trasparente: finiti (almeno per il mainstream) i giorni dell'Hip Hop politico, l'efficacia riguarda ormai solo la promozione dei singoli, dei gruppi, delle gang. Nella lotta dei singoli, dei gruppi e delle gang contro l'establishment bianco -solo implicita, tutta stilistica- è il potere delle corporation a vincere.

Sia come sia, Ghost Dog decide di perdere l'ultimo duello, che lo vede opposto al suo Salvatore, Mentore e Assassino, fedele a una distorta comunità di criminali, non certo alla profondità dei legami umani. Ghost Dog muore sulla strada che aveva in qualche modo trasceso. Una bambina e un gelataio haitiano piangono il corpo dell'eroe.


"NON E' TEMPO PER CAMBIARE? GIUSTIZIA ECONOMICA ORA. IL GOVERNO AMERICANO CI DEVE: EGUALE EDUCAZIONE, UN AZIONE PIU' FORTE E AFFERMATIVA, UN ACCESSO PIU' AMPIO AL NUOVO SOGNO AMERICANO. LE RIPARAZIONI NON SONO UNA QUESTIONE RAZZIALE. SONO UNA QUESTIONE DI GIUSTIZIA AMERICANA. RIPARAZIONI ORA."

Non è il volantino di qualche attivista, né la piattaforma politica di qualche politico africano-americano. E' il testo esatto di una pubblicità della Phatfarm, un brand di abbigliamento street popolare tra i giovani neri delle città, apparso sulla rivista di riferimento The Source nel maggio 2003.

Nell'Hip Hop contemporaneo, Malcolm non è citato tanto spesso. Ma il suo fantasma, politico e stilistico, aleggia. Le istanze del nazionalismo nero sono parte della visione del mondo di vastissimi strati della popolazione africana-americana, e la musica del ghetto ne rappresenta ancora, dopo più di venticinque anni, la voce. E' vero, l'Hip Hop è ovunque. Modi e stilemi di genere sono ormai passati nel mainstream, persino nel pop per adoloscenti più castrante e mortifero. Il dato, però, non deve trarre in inganno. Non è ciò che l'Hip Hop dice, afferma o nega a rendere il fenomeno un problema per l'America bianca: è la sua stessa esistenza, la possibilità concreta per un giovane nero di accedere a un mondo di consumi privilegiati, mettendo in scena il conflitto, l'irriducibilità razziale, l'estraneità.

Attraverso istantanee iperrealistiche delle strade dei dimenticati e degli oppressi, un negro dei campi può diventare ricco (certo non come un rapper caucasico) e questo, agli occhi dell'America WASP, è scandaloso. La reazione alla pervasività dell Hip Hop, non a caso, avviene spesso nelle corti di giustizia.

Nell'ottobre del 2003, un giudice del Michigan si è pronunciato a favore di Eminem dopo che un ex compagno di scuola, D'Angelo Bailey, aveva citato il rapper per un milione di dollari per essere stato messo in cattiva luce nel testo di uno dei pezzi dell'album di debutto. A prova dell'influenza dell'Hip Hop nell'America di oggi, il giudice Deborah Servitto ha declamato parte della sentenza in forma di versi rap. "Bailey thinks he's entitled to some monetary gain / Because Eminem used his name in vain / The lyrics are stories no one would take as a fact / they're an exaggeration of a childish act". Si tratta di una delle poche sentenze favorevoli a un rapper nel corso di una lunga storia di processi, che hanno toccato nomi come Snoop Dogg, P. Diddy, Little Kim e molti altri.

Potremmo quindi azzardare: l'Hip Hop riassume la totalità dell'esperienza afroamericana nella società americana contemporanea, proprio come la figura e la biografia di Malcolm racchiudeva il senso dell'esperienza afroamericana del secolo passato.

Piccolo delinquente "stilistico" che vive jazz, ballo e sesso come terreno preparatorio di un'esperienza spirituale decisiva, zoot suiter partecipe non così inconsapevole di una temperie culturale la cui onda lunga condurrà ai movimenti di liberazione dei decenni successivi, convitto che assume la religione in senso identitario e politico, leader influente, oratore efficace, minaccia pubblica. Nella biografia di Malcolm c'è tutto. Malcolm ha portato alla luce e reso manifesto un destino alternativo rispetto a quello dell'America bianca. La sua lezione è stata declinata nel senso della sopravvivenza individuale e comunitaria, l'energia della lezione è ancora incisiva, trasversale, onnipervadente, e non dà mostra di spegnersi. Dallo stile alla politica, e ancora allo stile: la drum machine insiste sul grado zero del funk, vibra stoica, minimale, lucida come il completo di Malcolm, come il suo cranio rasato, come la montatura degli occhiali. L'eco delle sue parole è ovunque.