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El-Hajj Malik El-Shabazz (Malcolm X)


"Islam, rivoluzione e razzismo"


di Federica Mereu

 

X

 

La realtà del razzismo è, dunque, lo sfruttamento di classe. Lo sfruttamento degli Afro-Americani avviene nel processo produttivo: essi sono alla stregua di un “esercito di riserva” di lavoratori marginali, manodopera remunerata a livelli inferiori a quelli ottenuti nelle contrattazioni sindacali. I neri non sono sfruttati solo in quanto neri, ma anche e soprattutto in quanto proletari. “Siamo neri perché siamo poveri e siamo poveri perché siamo neri...come funziona meglio per il potere” (Malcolm X). La povertà, la condizione oggettiva dei neri americani, sempre in fondo alla piramide, è la realtà del razzismo.


Il conflitto esistente in America non è quindi solo un conflitto tra bianchi e neri, tra colonialisti e colonizzati, ma soprattutto una lotta di classe tra capitalisti e proletari. Finché non sarà chiara questa corrispondenza, saremo ciechi di fronte ad un aspetto fondamentale del problema. Considerando il conflitto solo come conflitto razziale, si perde il vero significato della lotta dell’umanità oppressa contro l’ingiustizia. Malcolm X sosteneva che:

“Non è corretto classificare la rivolta nera semplicemente come un conflitto razziale del nero contro il bianco, o come un problema puramente americano. Piuttosto, oggi siamo di fronte ad una ribellione dell’oppresso contro l’oppressore, dello sfruttato contro lo sfruttatore” [Breitman 1992: 174].

Negli Stati Uniti d’America la stratificazione della società secondo reddito, prestigio e istruzione (Lloyd Warner, 1941) è complicata da un’ulteriore elemento di suddivisione che taglia trasversalmente le classi sociali secondo linee di colore. L’appartenenza etnica e culturale, elemento ascritto, determina lo status sociale degli individui e funziona come una visibile linea di demarcazione e confine invalicabile tra un gruppo e un altro. 


A dispetto del mito del melting pot, secondo cui la società nordamericana sarebbe diventata con il tempo un armonioso mondo “meticciato”, tra i vari gruppi etnici prevalgono quasi sempre relazioni conflittuali e antagonistiche, basate su stereotipi, pregiudizi razziali e discriminazione.


Il razzismo, ideologia secondo cui un essere umano è inferiore ad un altro essere umano in base all’appartenenza ad una “categoria razziale” pseudo-scientifica, svolge alcune funzioni socio-economiche fondamentali. Serve a giustificare e legittimare lo sfruttamento dei lavoratori neri: il nero indolente, irresponsabile, disonesto e pigro merita la sua condizione socio-economica inferiore e subalterna.

Il razzismo viene utilizzato, inoltre, per impedire la formazione di una coscienza di classe unitaria al di là delle differenze etniche tra tutti i gruppi subalterni. La classe al potere deve ostacolare la coalizzazione dei lavoratori che potrebbe sfociare in ribellioni e disordini, mettendo in pericolo la sua posizione dominante.


Per impedire che ciò avvenga, viene utilizzato l’antichissima strategia del “divide et impera”, che funziona mettendo un gruppo contro l’altro, accrescendo le divisioni, l’antagonismo e i pregiudizi tra i gruppi, per diminuirne la forza, per controllarli e dominarli più facilmente; concedendo privilegi solo ad alcuni gruppi, che salgono un gradino più su rispetto agli altri, aumenta il senso della distanza e della differenza.

In questo meccanismo i neri sono l’unico gruppo che rimane ancorato alla base della stratificazione sociale e la loro posizione viene utilizzata come punto fisso di riferimento che aumenta la sensazione di mobilità sociale degli altri gruppi.

 

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