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El-Hajj Malik El-Shabazz (Malcolm X)


"Islam, rivoluzione e razzismo"


di Federica Mereu

 

VIII

 

Il materialismo del razzismo

La società americana è gravata da ciò che Myrdal aveva definito “la strana anomalia della presenza dei negri in America” che costituisce il cosiddetto “problema negro”, uno dei tanti dilemmi della “questione razziale”. Esso consiste in quel complesso di problemi economici, politici e sociali ancora irrisolti che affliggono la minoranza afro-americana. Povertà, emarginazione, discriminazione e pregiudizi sopravvivono vischiosamente a tutti i livelli della realtà americana e sono all’origine degli squilibri sociali che periodicamente sfociano in gravi conflitti cosiddetti razziali.


Le interpretazioni dominanti del “problema negro” avevano sempre mosso dall’indiscusso presupposto che l’America fosse un sistema sociale fondato sugli elevati princìpi democratici della giustizia, dell’uguaglianza e della libertà; il razzismo veniva posto da queste analisi esclusivamente sul piano dei valori, inteso come resistenza socio-psicologica da parte della maggioranza bianca all’integrazione della minoranza nera, come un fenomeno mentale patologico, un’aberrazione morale.


La formulazione più celebre del “problema negro” come “dilemma morale” è quella di Gunnar Myrdal, l’economista svedese che fece un passo in avanti rispetto alle precedenti interpretazioni, ribaltando le responsabilità di questa situazione problematica e presentando il “problema dei negri” come un problema morale degli Americani che non vivevano coerentemente con i loro princìpi.


Ma, nonostante ciò, Myrdal continuò a considerare il razzismo come una questione di coscienza individuale, il frutto della sistematica violazione dei valori contenuti nella Costituzione, il risultato del divario tra i “nobili” valori democratici e cristiani del “credo americano” e il comportamento effettivo degli individui che è prevalentemente discriminante, egoista, dominato dagli interessi personali.


Secondo l’analisi più acuta di quegli studi che hanno elaborato la tesi della “dualità delle società democratiche”, la discriminazione incorporata nelle stesse codificazioni formali della legge [cfr. Ferrarotti 1988: 106-107]. Secondo Martinelli e Cavalli i princìpi della Costituzione americana “(non potevano)...permettere l’emancipazione dei gruppi subalterni, il cui sfruttamento è parte integrante del sistema economico sociale che ha formulato tali princìpi” [Martinelli e Cavalli 1971: 14].


Malcolm X ha il merito di aver “internazionalizzato” il “problema negro”, di averlo visto in tutta la sua reale estensione e portata, di averlo inquadrato in una dimensione internazionale: “Non c’è nessun problema negro, c’è il problema della società bianca razzista e sfruttatrice” [Malcolm X]. Il “problema negro” non era solo il problema della minoranza nera che viveva negli Stati Uniti d’America, ma il problema di tutti gli uomini scuri della terra, oppressi e sfruttati dallo stesso uomo bianco.


Malcolm X fu capace di vedere, al di là della maschera del razzismo, la sua natura materialistica e di individuare le profonde motivazioni economiche che lo determinano: “Non ci può essere capitalismo senza razzismo, questi sono due fenomeni indissolubilmente legati l’uno all’altro”.

 

 

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