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El-Hajj Malik El-Shabazz (Malcolm X)


"Islam, rivoluzione e razzismo"


di Federica Mereu

 

V

 

La concezione della religione come strumento di emancipazione è in contraddizione con il pensiero di Marx che la considerava “l’oppio dei popoli”, la sovrastruttura che riflette e mantiene uno stato di dominio. Ma l’eredità marxista ha svolto anche una diversa analisi della religione. Ernst Bloch ha affermato che in Marx è presente anche un’idea della religione come protesta contro la condizione di alienazione dell’esistenza, distinguendone una fase “eretica” e una “teocratica” che distrugge l’apertura verso il nuovo.


“Antonio Gramsci ha fornito le prime direttive per un approccio diverso, da parte del materialismo storico, ad una comprensione sociologica della religione” [Beckford 1991: 152]. Egli pensava che fosse possibile coltivare una forma non ecclesiastica di religiosità, priva delle contaminazioni ideologiche degli interessi della classe dominante, che costituisse una forza di liberazione, da utilizzare per la formazione di una coscienza di classe rivoluzionaria. In questo modo egli si distaccava dalla concezione meccanicistica e deterministica del rapporto tra struttura e sovrastruttura e pensava che sarebbe stato possibile “esercitare un controllo sulla coscienza con strumenti culturali...pre-condizione essenziale all’esercizio del potere politico” [ibidem: 152/157].


In questo senso, mentre la religione musulmana svolgeva per i neri una funzione rivoluzionaria e liberatrice, al contrario quella cristiana aveva sempre svolto un ruolo di oppressione, funzionale al mantenimento del predominio dei bianchi sui neri. Come aveva scritto C. Eric Lincoln nella sua tesi di dottorato sulla Nation of Islam:

“La religione cristiana è incompatibile con le aspirazioni dei neri americani alla dignità e all'eguaglianza. Essa ha rappresentato un ostacolo invece che un aiuto...Ha accettato che tra i suoi fedeli si praticasse la discriminazione in base al colore della pelle, sebbene avesse dichiarato che la sua missione era quella di stabilire una fratellanza universale sotto Gesù Cristo. L'amore cristiano è l’amore dell'uomo bianco per se stesso e per la sua razza. Per chi non è bianco l’Islam rappresenta la speranza di giustizia e di uguaglianza nel mondo che dovremo costruire” [Malcolm X 1992: 281 e seg.].


Uno degli argomenti su cui il Pastore Malcolm X infieriva più spesso durante i suoi discorsi erano le Sacre Scritture, l’arma ideologica di cui l’uomo bianco si era storicamente servito per rendere mentalmente schiavi milioni di esseri umani di colore; egli voleva allontanare i neri dalla religione dei bianchi, che prometteva il Paradiso nell’aldilà (“the- pie-in-the-sky”), “Rallegratevi, dunque e saltate: perché ecco, grande è la vostra ricompensa in cielo” [Luca 6, 23]; la religione del perdono, dei neri verso i bianchi naturalmente, “Se voi non perdonate agli uomini le loro mancanze, neppure voi il Padre vostro nei cieli perdonerà” [Matteo 6, 15] e della sottomissione, che aveva persuaso il “cosiddetto negro” a porgere sempre l’altra guancia, ad obbedire e a non ribellarsi.


Malcolm X aveva letto Nietzsche che, ne L’Anticristo. Maledizione del Cristianesimo, metteva in guardia gli uomini contro la religione cristiana, “corruttrice dei buoni istinti”, degenerata, dannosa, decadente, che insegna la “morale degli schiavi” contrapposta all’Islam, la religione dell’orgoglio e della fierezza, una religione aristocratica e virile che non rinnega gli istinti vitali dell’uomo [cfr. Nietzsche 1990: 92-93].

 

 

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