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McGruder e i suoi Boondocks

 

Il fumetto più irriverente d'America sbarca in Italia nella collana Controculture dell'Arcana. Dopo la consacrazione nelle pagine di "Linus", la domanda è sempre la stessa: chi potrà capire lo humor etnico del folletto del Maryland?


"The Boondocks", il nuovo fumetto che vi presentiamo in anteprima nazionale, è strettamente legato alla realtà e ai meccanismi che governano la società americana di oggi. Il suo autore è Aaron McGruder, un ragazzo afroamericano molto giovane (ha appena 25 anni) che, dopo la laurea in letteratura conseguita presso l’ università del Maryland, ha deciso di concentrare i suoi sforzi nella produzione di questa striscia, diffusa dapprima su internet, poi sul giornale universitario, e infine arrivata un paio d’anni fa sulla più famosa rivista statunitense di musica black, The Source, e varie altre pubblicazioni nazionali fra cui Time e Newsweek.

La strip si caratterizza per il suo particolare punto di vista, quello dei neri che abitano i sobborghi delle grandi città americane, vivono da protagonisti la crescita della cultura hip-hop che si nutre di musica rap, writing e breakdance, e condividono i problemi dell’ essere una minoranza etnica, socialmente svantaggiata, ignorata dalle istituzioni e che sembra a volte quasi votata all’ autodistruzione.
Questa caratterizzazione ci consegna un fumetto spiccatamente di parte, pervaso di un’ ironia acida e graffiante, l’ unica arma rimasta per reagire al ribrezzo provocato dalla politica e dai valori stessi della società americana Wasp. McGruder non ha peli sulla lingua, i suoi personaggi filtrano gli avvenimenti presenti e, pur con il sorriso sulle labbra, ci svelano il marciume che abbiamo intorno.

Dopo l’ 11 settembre, i Boondocks hanno passato un po’ di guai: il tono caustico con cui veniva criticata la reazione dell’ esecutivo agli attentati alle torri gemelle e i pesantissimi attacchi alla famiglia Bush e alla Cia, dipinti come coloro che hanno foraggiato e addestrato Bin Laden utilizzandolo per i loro precedenti scopi, sono stati considerati da molti giornali inadatti al clima di quei giorni; così la striscia è stata spesso sostituita da altre, che non turbassero i lettori. Questi sono tempi difficili negli Usa per le voci fuori dal coro, per chi non esalta il governo americano e il suo presidente come difensori della civiltà contro la barbarie che viene dall’ oriente, tempi in cui il pensiero critico è visto quasi come una minaccia, come una dichiarazione di fedeltà al nemico.

McGruder si è dispiaciuto per le censure subite, si è preoccupato, ma non ha certamente rinunciato ad esprimere le sue idee, in dissenso con il pensiero della maggioranza. Anzi, pare che presto i Boondocks «morderanno» anche nella più dinamica forma di cartone animato, in un progetto supervisionato dallo stesso McGruder.

Apparsa per la prima volta sul Los Angeles Times nell'aprile del 1999, la striscia umoristica è improvvisamente diventata oggetto di culto in America. Boondocks sono due personaggi di colore, cresciuti fra Public Enemy e guerra di bande, fra droga e povertà, sempre ai limiti della cultura urbana, allevati a violenza e senso di ribellione. [...] Il fumetto in questione è in realtà una grossa parodia, quella della vita yankee, vissuta attraverso gli occhi di due bambini afro-americani.

Da oggi anche i lettori italiani potranno apprezzare il lavoro di McGruder (fino ad'ora apparsa solo sulle pagine del mensile Linus) attraverso la prima raccolta integrale mai pubblicata nel nostro paese. L'albo, pubblicato per la collana Controculture da Arcana, può vantare anche la prefazione di Michael Moore, regista di Fahrenheit 9/11. La storia di questo fumetto è particolare, proprio come i suoi personaggi: il piccolo Huey e Riley Freeman devono lasciare il pericoloso South Side di Chicago per seguire il nonno in pensione e si ritrovano catapultati nella più ricca e tranquilla periferia residenziale. Huey è l'eroe del fumetto (oltre che l'alter-ego dello stesso disegnatore McGruder) che nonostante i suoi dieci anni dimostra già un carisma e un look da ragazzo: capelli afro, fronte alta, perpetuamente accigliato. 

Il tema portante dell'intero racconto sono, ovviamente, le sue invettive contro Bush, Dick Cheney, il rapper "venduto" P. Diddy e il mito di Babbo Natale. Huey è un personaggio violento ma con una grande dignità e un acceso senso di giustizia: vive nell'indignazione, nella paranoia e nel disprezzo per tutto ciò che è incoerente e vile. Suo fratello minore Riley è uno studente ribelle che sogna una carriera criminale, adora i gangsta rapper e il loro stile di vita. A fianco a loro ci sono un nugolo di personaggi ambigui e particolari, rappresentanti delle varie anime dell'America contemporanea. C'è il nonno, dai modi all'antica, interessato solo a godersi la nuova vita da pensionato e a mettere una pietra sopra al suo passato di attivista. Poi ci sono Caesar, il miglior amico di Huey, ottimista e sempre allegro che sogna di diventare un grande rapper, Jazmine DuBois, coetanea di Huey e meticcia e Thomas DuBois, vicino di casa e padre di Jazmine, tipico modello del nero moderno e addomesticato che sogna una vita tranquilla per sè e un futuro sicuro per la figlia.