UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA "LA SAPIENZA" Corso di Laurea in Sociologia "Razzismo e identità nel pensiero di Malcolm X" Relatore: Prof. Franco Ferrarotti Correlatore: Prof. Augusto De Vincenzo Laureanda: Federica Mereu Anno Accademico 1995/1996 A mia madre, a mio padre e a tutte le sorelle e i fratelli in lotta per la giustizia. Poiché l'ingenuità è alla base di ogni entusiasmo, spero che mi verranno perdonate l'una e l'altro. INDICE PREFAZIONE Perché ho scelto Malcolm X. INTRODUZIONE "The Hate That Hate Produced". Apologia dell'odio. I. CENNI STORICI SULLA "QUESTIONE RAZZIALE" NEGLI STATI UNITI D'AMERICA. I.1. Il "problema negro". Il razzismo come caratteristica strutturale del sistema. I.2. Le nuove forme di sfruttamento e di razzismo. I.3. Gli Afro-Americani come avanguardia del movimento rivoluzionario americano. I.4. La riscoperta del marxismo. I.5. Il materialismo del razzismo. Il rapporto dialettico tra struttura e sovrastruttura in Marx ed Engels. I.6. Il caso americano e la specificità della condizione sociale dei neri. I.7. Storia della legislazione sui diritti civili dei neri. II. IL MOVIMENTO NERO NEGLI STATI UNITI D'AMERICA TRA INTEGRAZIONISMO E NAZIONALISMO. II.1. La doppia anima del movimento. II.2. La fase pre-politica: La Chiesa Nera e la Teologia Nera della Liberazione. "Cristo è nero!" II.3. Lo sviluppo del movimento nero: dal Civil Rights Movement al Black Power. PARTE I - GLI INTEGRAZIONISTI II.4. Martin Luther King e la "Southern Christian Leadership Conference" (SCLC). "Giustizia senza violenza". II.4.1. La vita. II.4.2. Il metodo: resistenza non violenta. II.4.3. Questione dell'autodifesa e della violenza. II.4.4. Gli obiettivi politici: l'integrazione e il riconoscimento dei diritti civili. II.4.5. Differenze e complementarietà tra Martin e Malcolm. II.5. La National Association for Advancement of Colored People (NAACP). II.6. Il Congress on Racial Equality (CORE). II.7. Lo Student Nonviolent Coordinating Commitee (SNCC). II.8. Situazione attuale delle organizzazioni nere. Parte II - I Nazionalisti II.9. L'UNIA di Marcus Garvey. "God is black !" II.10. La Nation of Islam (NOI). II.10.1. Da W.D. Farad ed Elijah Muhammad a Malcolm X. II.10.2. Louis Farrakhan. II.10.3. La "One million men march" del 16 Ottobre 1995. II.10.4. La strategia. II.11. Il Father Divine's Cult. II.12. Il Black Panther Party for Self-Defense (BPP). III. MALCOLM X LEADER DELL'ISTANZA SEPARATISTA. PARTE I III.1. Infanzia e adolescenza. III.2. La mentalità del trafficante. III.3. Conversione all'Islam. III.4. Organizzazione e regole della Nation of Islam. III.5. Pastore del Tempio n°7 di New York city. III.6. La rottura. PARTE II III. 7. La religione come fonte di identità. III.7.1. La soluzione dei problemi dei neri d'America: l'Islam. III.7.2. Il concetto di identità. III.7.3. Conseguenze della perdita di identità. III.7.4. Controversia sull'autodefinizione. III.7.5. Perché proprio l'Islam. III.7.6. L'opera di Maometto: la riforma morale e sociale del popolo arabo. III.7.7. La natura malefica del cristianesimo in Friedrich Nietzsche. PARTE III III.8. Lezioni fondamentali della Nation of Islam. III.8.1. Il razzismo della Nation of Islam. "White man is the devil". III.8.2. L'obiettivo politico della Nation of Islam: il separatismo. III.9. L'oratoria di Malcolm X. Liberazione attraverso il linguaggio. III.10. I primi discorsi del pastore Malcolm X. IV. L'ORGANIZZAZIONE PER L'UNITÀ AFRO-AMERICANA (O.A.A.U.). LE IDEE FONDAMENTALI. IV.1. La Muslim Mosque, Inc. IV.2. L'Organizzazione dell'Unità Afro-Americana (O.A.A.U.). IV.3. La questione delle alleanze: il possibilismo programmatico. IV.4. Il pellegrinaggio alla Mecca. IV.5. La questione del razzismo. IV.5.1. Malcolm ripudia il razzismo. IV.5.2. La vera causa del razzismo: il sistema capitalistico. IV.6. L'unica soluzione: la rivoluzione. IV.7. Il nazionalismo nero rivoluzionario. IV.8. Capitalismo e socialismo. IV.9. La questione dell'autodifesa. IV.10. Diritti umani e diritti civili. IV.11. I successi di Malcolm al "Vertice africano" dell'OAU. IV.12. Internazionalizzazione della lotta degli Afro-Americani. Il colonialismo interno. IV.13. "La scheda o il fucile" ("The ballot or the bullet"). V. CONCLUSIONE La "Domenica nera della Audubon Hall". L'assassinio di Malcolm X. APPENDICE 1 - Dichiarazione Programmatica dell'OAAU APPENDICE 2 - Programma Unitario di Base dell'OAAU BIBLIOGRAFIA INTRODUZIONE "The Hate That Hate Produced" 1 Apologia dell'odio "Se farai un passo verso Allah, Allah farà due passi verso di te" La fase dell'odio e della rabbia, momento di antitesi nel processo dialettico della trasformazione ideologica di Malcolm X, è un momento da rivalutare come risposta profondamente umana e forse necessaria al modo di funzionare della società razzista americana. E' proprio attraverso questa fase intermedia del rifiuto della società dei bianchi che i neri possono riacquisire identità di gruppo, orgoglio e consapevolezza. Ma tutto ciò deve essere visto come una fase del movimento dialettico che dovrà essere superata in una sintesi superiore di alleanza tra tutti i gruppi oppressi, indipendentemente dalle differenze del colore della pelle, per abbattere la struttura di potere del capitalismo americano. Da "nigger2" di campagna, da delinquentello del ghetto, drogato e senza speranze, uno dei tanti parassiti della ricca società americana, Malcolm Little é riuscito a diventare un uomo colto, un grande oratore, uno spirito critico, un leader carismatico per il suo popolo sbandato di so-called-negroes dei bassifondi metropolitani, nati e cresciuti con la convinzione di essere servi di Whitey (l'uomo bianco nello slang del ghetto) per natura e in condizione di inferiorità interiorizzata da quattrocento anni. Inizialmente Malcolm ha saputo infuocare i suoi seguaci attraverso l'odio, scatenato da una nuova coscienza storica e religiosa che gli ha permesso di riconquistare la dignità e l'"orgoglio di razza" perduti da secoli a causa del lavaggio del cervello subito negli anni della schiavitù. Ciò era possibile solo combattendo gli oppressori con la loro stessa arma: l'odio. L'obiettivo di Malcolm era ricostruire nella sua gente una forte identità, l'identità afro-americana, con la coscienza di un grandioso passato in Africa e di un futuro di lotte per la libertà sostanziale in America. La sua strategia dell'odio e della contrapposizione aveva avuto successo fin dall'inizio, perché l'uomo é disposto a cambiare lo stato delle cose solo in vista di una grande conquista, di qualcosa per cui valga veramente la pena di lottare. E l'obiettivo, in un primo momento, non era l'integrazione, ma la completa separazione. Malcolm disprezzava la lotta per l'integrazione nella società americana attraverso l'acquisizione dei diritti civili, tanto reclamati dai cosiddetti "zii Tom", "quei negri fantocci imborghesiti sempre al servizio dei bianchi"; secondo Malcolm l'integrazione non era la soluzione, non avrebbe mai portato i neri allo stesso livello dei bianchi, semmai avrebbe permesso la loro assimilazione all'interno della cultura wasp3, il che equivaleva alla totale distruzione e negazione dell'identità africana, peraltro già morta e sepolta. Malcolm é riuscito a risvegliare e a scatenare la comunità afro-americana, resa innocua dall'ignoranza istituzionalizzata, potente mezzo di controllo sociale, dalla perdita della memoria storica e dalla forzata rottura con le proprie radici africane, inizialmente attraverso l'odio, il fanatismo religioso e ideali seperatisti. Posizioni radicali, dunque, e inaccettabili per chi odia il razzismo e auspica una società multietnica e multiculturale, ma assolutamente comprensibili e forse indispensabili e necessarie come ribellione istintiva al razzismo istituzionalizzato nel sistema americano. La situazione sociale americana era grave e i neri rappresentavano la fascia più povera e disperata della società, vivevano in uno stato di incoscienza ideologica, di totale dipendenza, economica, politica e psicologica dai bianchi, incapaci di riscattarsi. Inoltre quei neri dei ghetti che conducevano una vita dissoluta e immorale, disposti a fare i lavori più sporchi per conto dei bianchi, non facevano altro che danneggiarsi e peggiorare le proprie condizioni di vita, perché, in questo modo, confermavano tutti i tipici stereotipi dell'immaginario popolare attribuiti al "cosiddetto negro", secondo i quali egli è sempre immorale, inferiore, indolente, ignorante, pigro, disonesto e naturalmente incapace di condurre un'esistenza degna di un essere umano civile. La degradazione fisica e morale in quei luridi ghetti era prevista e funzionale al sistema di potere americano capitalistico: facevano comodo questi niggers disadattati da sfruttare, talmente imbottiti di stupefacenti da essere incapaci di ragionare con la propria testa e di reagire. Ma cosa sarebbe successo se ne fossero resi conto? Il finimondo, la guerra, la rivoluzione, il collasso degli Stati Uniti d'America. I neri un giorno sarebbero risaliti per gli ultimi quattrocento anni della loro storia fino alle radici originarie in Africa, da cui erano stati strappati con la violenza per essere portati nelle navi negriere in un nuovo continente e sfruttati come schiavi. Ciò avrebbe fatto scoppiare una rivoluzione, eventualità che lo "zio Sam"4 voleva assolutamente evitare. Per questo scopo furono usate molte strategie: l'antico e collaudato "Divide et Impera", le illusioni dell'"American dream", l'oppio della speranza in un progresso futuro delle condizioni dei neri, la mancanza di un legame tra i proletari neri con la classe operaia bianca, l'assenza di sindacalizzazione, la disinformazione e l'ignoranza sempre prontamente garantite agli Afro-Americani. La posta in gioco era altissima: il controllo delle risorse nazionali e l'utilizzo di una manodopera a costo bassissimo. Riesce difficile capire come gli Stati Uniti siano riusciti ad evitare il peggio: per loro é stato certamente un miracolo. Negli anni cinquanta e sessanta i neri d'America erano potenzialmente pronti a essere svegliati dal loro torpore, erano materia infiammabile e il messaggio rivoluzionario di Malcolm accese la miccia. La storia americana, fin dalle origini, si era macchiata di crimini orribili, di genocidi, di ogni tipo di oppressione e sfruttamento, mentre al mondo intero dichiarava i suoi mitici valori: patria della libertà, della giustizia e della democrazia. Per Malcolm "chi non odia il suo oppressore é un criminale, perché gli permette di opprimere"; per lui l'odio non era un fine, ma un mezzo per reagire contro chi odia. Non é forse giustificato l'odio degli Ebrei per i Nazisti? E allora é necessario comprendere il senso dell'odio in questo primo momento del pensiero politico di Malcolm X, quando era il "Ministro Nazionale della Nation of Islam"; odio verso tutti i bianchi, "i diavoli dagli occhi azzurri", odio pieno di rancore, catartico e liberatore, finalizzato a far sì che la comunità afro-americana prendesse coscienza delle proprie condizioni e reagisse. "Malcolm X è stato un caso straordinario (di chi) mette al servizio di scopi perversi innegabili doti individuali, (con la sua) implacabile e fanatica fede nella violenza, (che lo ha destinato) ad una morte violenta". ["The New York Times" 22 Febbraio 1965]. La stampa americana, come ci si poteva aspettare, ha concentrato la sua attenzione su questo punto: l'odio. Malcolm veniva accusato soprattutto perché "seminava odio", ma coloro che hanno ascoltato o letto i suoi discorsi sanno che egli non invitava alla violenza, ma rivendicava il diritto dei neri di difendersi se attaccati, con ogni mezzo necessario, anche con la violenza. "Il nero d'America non può essere assolutamente biasimato per il suo odio, sta solo reagendo a quattrocento anni di oppressione, sfruttamento e discriminazione". "Che il bianco chieda al negro se é vero che questi lo odia, é come se il lupo chiedesse all'agnello: mi odi? L'uomo bianco non é nella posizione morale di accusare di odio nessun altro che se stesso...Credo nell'ira. La Bibbia dice che c'é anche un tempo per l'ira" [Malcolm X 1992: 287]. Una volta uscito dalla setta islamica e in seguito a numerosi viaggi in Africa e in Medio Oriente, Malcolm superò queste posizioni di odio in una nuova visione secondo cui non si deve giudicare le persone per il colore della loro pelle ma per le loro azioni. Malcolm, nato nel 1925 nel Nebraska, nel Sud dove c'era gente incappucciata che linciava uomini, donne e bambini solo perché il loro colore era nero, sperimentò sulla sua pelle ogni orrore di quegli anni. Malcolm era il risultato della violenza del sistema americano razzista, antidemocratico e ipocrita che denunciava ad alta voce il razzismo nazista, mentre tollerava al suo interno il linciaggio, la discriminazione e una macroscopica povertà basata sul principio dell'appartenenza razziale. Arrivato nel 1942 a New York, Malcolm era entrato nel mondo della malavita di Harlem, attratto dai ghetti negri e dai gangsters che lo popolavano e convinto che per un "nigger" quello fosse l'unico modo di avere un po' di dignità e di ottenere rispetto dagli altri. Emarginazione, spaccio di droga, ogni tipo di traffico illecito, sfruttamento della prostituzione, gioco d'azzardo clandestino e piccola criminalità d'ogni specie erano la sua quotidianità, fino al 1945 quando finì in carcere per furto con scasso, aggravato dalla complicità con due donne bianche e borghesi. In prigione si convertì all'Islam e diventò un uomo. A quali altre conclusioni sarebbe potuto arrivare un ragazzo di poco più di vent'anni se non di odio profondo? Conquistata in cella la capacità di leggere capendo, di giudicare e smascherare con nuova coscienza critica le antiche e recenti violenze dei bianchi per costringere gli Afro-Americani in schiavitù fisica e mentale e il loro continuo sfruttamento all'interno della società bianca, come sarebbe stato possibile che non assumesse come principio l'odio e la rabbia e come scopo la definitiva e completa separazione dai "diavoli bianchi"? Non si comprendono il suo stato d'animo e le sue posizioni radicali? Non si può identificare Malcolm con l'odio, come spesso é stato fatto. Egli era il risultato delle sue esperienze e in base a queste maturava pian piano la sua visione del mondo. E' molto difficile fissare una volta per tutte le idee del "Negro più arrabbiato d'America", come si autodefiniva, ed é anche difficile seguirle nella loro inarrestabile trasformazione, nel loro fluire eterogeneo, in continuo divenire: dalla mentalità del ghetto, cinica e arrogante, con l'istinto radicato della sopravvivenza, della legge del più forte che sopravvive agli altri con l'astuzia in questa "giungla d'asfalto", al messaggio di odio verso tutti i bianchi, fino alle brillanti posizioni politiche dell'ultimo anno della sua vita. Malcolm X é un personaggio estremamente complesso, controverso e pieno di sfaccettature. Egli era prima di tutto un uomo la cui enorme sensibilità lo ha reso un fuscello flessibile al vento delle diverse esperienze. Viveva intensamente e con entusiasmo ogni nuova fase della sua vita, travolto da ciò che lo circondava, senza saper rimanere indifferente al bombardamento emotivo cui era sottoposto. Mai al di sopra. Egli toccava il fondo di ogni situazione, sperimentava l'intima essenza di ogni nuova realtà che gli si presentava, da cui si lasciava trasportare, coinvolgere e influenzare. Ne sperimentava sulla pelle ogni bassezza e ogni grandezza, capace di cambiare in profondità, credendo ciecamente in nuove verità e ogni volta era radicale e totale, primeggiando sempre, nel bene e nel male. Ma questo continuo divenire era verso il meglio, una interminabile ascesa verso una coscienza sempre più matura. CAPITOLO I CENNI STORICI SULLA "QUESTIONE RAZZIALE" NEGLI STATI UNITI D'AMERICA I.1 Il "problema negro"5. Il razzismo come caratteristica strutturale del sistema. "Il problema del XX secolo è il problema della linea di colore." W.E.B. DuBois, 1903 "It is incorrect to classify the revolt of the Negro as simply a racial conflict of Black against white, or as a purely American problem. Rather, we are today seeing a global rebellion of the oppressed against the oppressor, the exploited against the exploiter6" Malcolm X, Speech at Barnard College, February 18, 1965 [Breitman 1992: 174]. La "questione razziale" che si è sviluppata negli Stati Uniti si può definire come quel complesso di problemi di importanza prioritaria e cruciale, tuttavia ancora irrisolti, che sono generati dalla presenza all'interno della popolazione di diversi gruppi etnici e dalle loro relazioni, spesso conflittuali e antagonistiche, che rappresentano una continua minaccia alla stabilità e all'equilibrio interno della società. L'aspetto più controverso della "questione razziale" è il cosiddetto "problema negro"7, definito da Malcolm X "il più grave problema interno degli Stati Uniti". Esso consiste nell'insieme di problemi economici, politici e sociali propri dell'etnia di origine africana: la precarietà della sua posizione all'interno del sistema sociale, il mancato riconoscimento dei suoi diritti umani e civili, la povertà, l'emarginazione, la povertà e tutti gli squilibri e le conseguenze della svariate forme di discriminazione e di pregiudizio razziale che sopravvivono vischiosamente a tutti i livelli della realtà americana. Tuttavia Malcolm X ripeteva sempre che: "Non c'è nessun problema negro, c'è il problema della società americana razzista e sfruttatrice." Le interpretazioni dominanti di questo fenomeno nella letteratura sociologica e storica, muovevano dall'indiscusso presupposto che l'America fosse un sistema sociale fondato su alti valori democratici: libertà, uguaglianza e giustizia per tutti, e che ognuno avesse uguali opportunità di promozione sociale, inclusi i neri [cfr. Martinelli e Cavalli 1971: 12]. Ciò non faceva altro che rispecchiare le convinzioni e i temi cari all'American Dream, il vecchio sogno americano, la credenza popolare secondo cui chiunque, dandosi da fare nella vita, potrebbe diventare addirittura presidente degli Stati Uniti d'America. Nei casi migliori, queste autorevoli analisi spiegavano la persistenza della discriminazione nei confronti dei neri, considerandola l'effetto diretto del pregiudizio razziale. Il razzismo veniva posto esclusivamente sul piano dei valori, inteso come resistenza socio-psicologica all'integrazione da parte della maggioranza bianca, un fenomeno mentale patologico devastante, un'aberrazione morale. Nei casi peggiori, invece, il razzismo era considerato effetto diretto delle carenze culturali dei neri come retaggio della schiavitù [cfr. ibidem: 13]. La formulazione più celebre del "problema negro" come "dilemma morale" è quella di Gunnar Myrdal, lo storico ed economista, "importato" dalla Svezia per cercare di comprendere e risolvere questa controversia "con la mente libera dai pregiudizi". Nella sua opera An American Dilemma. The Negro Problem and Modern Democracy8 (1944), il professore di Economia Sociale di Stoccolma impostò la questione in modo inverso rispetto ai precedenti lavori, ribaltando le responsabilità e dichiarando che il "problema negro" era un "dilemma americano". Nonostante questo passo in avanti, Myrdal continuò a considerarlo frutto della sistematica violazione dei nobili valori contenuti nella Costituzione e del divario tra gli elevati principi democratici e cristiani del "credo americano"9 e il comportamento effettivo degli individui e dei gruppi sociali che è prevalentemente discriminante, egoista, inferiorizzante e razzista e dominato dagli interessi personali. Se il razzismo è una "malattia morale", la conseguenza logica di questo ragionamento è che il "problema negro" avrebbe potuto essere risolto attraverso l'elaborazione di un programma riformista di rieducazione morale teso a sconfiggere il pregiudizio presente nelle coscienze individuali [cfr. ibidem: 15]. Secondo l'analisi scientifica più acuta di quegli studi che hanno elaborato la tesi della "dualità delle società democratiche", l'origine del razzismo e di tutti gli altri problemi dei neri non è da ricercare nella divaricazione tra valori e comportamenti, ma nella discriminazione incorporata (built-in) nelle stesse codificazioni formali della legge [cfr. Ferrarotti 1988: 106-107]. In linea con questa prospettiva, Martinelli e Cavalli affermano che i principi della Costituzione americana, espressione della democrazia borghese occidentale, sono del tutto funzionali all'imperativo espansionistico del capitalismo, e che, a questo scopo, "tutelano e difendono i diritti generali solo nell'interpretazione di quei gruppi che sono al potere, e non possono...permettere l'emancipazione dei gruppi subalterni, il cui sfruttamento è parte integrante del sistema economico sociale che ha formulato tali principi" [Martinelli e Cavalli 1971: 14]. Esiste un vizio di fondo nella Costituzione se la "Patria della libertà" potè nascere da un genocidio, dallo sterminio dei nativi americani, e poi svilupparsi e arricchirsi grazie alla schiavitù dei neri [cfr. ibidem: 15]. Il nero, che vive nella costante attesa e speranza che la società americana rispetti i principi costituzionali, non fa che perpetuare la sua condizione di miseria. Washington non ha mai realizzato quella democrazia che ha sempre sbandierato al mondo. E l'"American Dream" si è manifestato per quello che è: un sogno, anche se a qualcuno è sembrato più un incubo "Non vedo nessun sogno americano, vedo l'incubo americano...". (Malcolm X). Questo sogno è stato abilmente utilizzato dal potere per illudere e inebriare il popolo, mantenendolo in uno stato onirico di continua tensione verso un futuro miglioramento delle condizioni di vita individuali e impedendo così la formazione di una coscienza di classe unitaria che avrebbe potuto portare al miglioramento collettivo, anziché del singolo. Nonostante molti problemi, come la disoccupazione e lo sfruttamento, accomunino i poveri bianchi e i poveri neri, non c'è stata in America, tranne che in rarissimi casi, un'unità nella lotta e una coscienza di classe proletaria necessaria a di difendere gli interessi comuni indipendentemente dal colore della pelle, che è sembrata invece una barriera insormontabile: l'operaio bianco, privo di spirito solidaristico, non ha mai sostenuto le ragioni dell'operaio dequalificato nero. Come i bianchi, anche i neri sono stati influenzati da questa grande suggestione nazionale, dal grande mito e la speranza di migliorare come singoli è stata la causa della debolezza delle organizzazioni sindacali americane, peraltro controllate dai bianchi e chiuse ai neri, del socialismo, del comunismo e degli altri movimenti rivoluzionari. I.2 Le nuove forme di sfruttamento e di razzismo "Some days I speculate. Other days I just accumulate."10 Il razzismo non è una "malattia dell'immaginazione umana", come lo definì Frederick Douglass11 nel 1855, né il frutto di "una crisi morale", come lo definì Kennedy in un accorato appello del 1963; esso è al contrario una parte strutturale ineliminabile del sistema americano. "Il razzismo nasce e si sviluppa storicamente negli Stati Uniti per agevolare a livello socio-psicologico, come scrive O.C. Cox, lo sfruttamento intensivo delle masse nere nelle piantagioni sudiste; costituisce...la sovrastruttura ideologica di tale sfruttamento...Come ha detto Frantz Fanon,...il razzismo è parte integrante...dello sfruttamento spudorato di un gruppo di uomini da parte di un altro gruppo che ha raggiunto uno stadio di sviluppo tecnologico più avanzato..." [Martinelli e Cavalli, 1971: 19]. Nella storia, le ideologie e gli atteggiamenti discriminatori sono sempre stati originati dall'esigenza di giustificare e consolidare un dominio. Anche se assume continuamente nuove forme, da quelle più manifeste, eclatanti e violente a quelle più sotterranee, sottili e sfumate, ma non per questo meno pericolose, il razzismo, che è ormai profondamente radicato nella cultura nazionale, rimane vivo perché non è venuta meno la sua ragion d'essere: la legittimazione di nuove forme di sfruttamento. Mutano cioè le forme dello sfruttamento, ma non scompare lo sfruttamento, e mutano conseguentemente e parallelamente le forme del pregiudizio razziale ma non scompare il pregiudizio [cfr. ibidem: 20]. L'attuale forma di sfruttamento, la moderna schiavitù dei neri nella società americana, si manifesta nel processo produttivo: essi sono alla stregua di un "esercito di riserva" di lavoratori marginali, fonte inesauribile che fornisce manodopera remunerata a livelli inferiori a quelli ottenuti nelle contrattazioni dei sindacati [cfr. ibidem: 21]. Esiste una vera e propria struttura dualistica del mercato del lavoro, con una diversa domanda e offerta di manodopera, che determina livelli occupazionali e di reddito diversi. I dati statistici sull'occupazione negli Stati Uniti confermano in modo inequivocabile questa tesi [cfr. ibidem: 22]. Malcolm X e i teorici del Black Panther Party si sono riferiti alla condizione dei neri come ad un caso di "colonialismo interno"12 (teoria accettata anche dal Partito Comunista americano e da storici e sociologi non marxisti): "La colonia offre forza-lavoro a buon mercato, costituisce un ampio mercato per beni di consumo di qualità scadente, è sottoposta al controllo militare della polizia e al controllo sociale delle istituzioni..." [Martinelli e Cavalli 1971: 23]. I.3 Gli Afro-Americani come avanguardia del movimento rivoluzionario americano. I neri non sono sfruttati solo in quanto neri, ma anche e soprattutto in quanto proletari. "Siamo neri perché siamo poveri e siamo poveri perché siamo neri...come funziona meglio per il potere". (Malcolm X) Il conflitto esistente in America non è solo un conflitto tra bianchi e neri, ovvero tra colonialisti e colonizzati, ma soprattutto un conflitto di classe tra capitalisti e proletari. Finché non sarà chiara questa corrispondenza, saremo ciechi di fronte ad un aspetto fondamentale del problema. Gli Afro-Americani potrebbero svolgere un ruolo egemone (nell'accezione di Gramsci13 e di Mannheim14) all'interno di un processo rivoluzionario che trasformi e migliori la società americana: essi potranno trascendere i propri immediati interessi di gruppo etnico e rappresentare quelli di tutti gli oppressi [cfr. Martinelli e Cavalli 1971: 25]. Lo sviluppo del nazionalismo culturale nero15 è un fatto positivo, purché ciò non significhi l'isolamento culturale e non precluda ai neri l'alleanza con i radicali bianchi, con le altre classi subalterne della società e con i gruppi oppressi in America e nel mondo [cfr. ibidem: 27]. A causa della centralità della presenza dei neri nel sistema di casta16, è chiaro che il "problema negro" è insolubile all'interno del sistema esistente, come aveva intuito Tocqueville un secolo e mezzo fa. E poiché la loro emancipazione richiederebbe una trasformazione radicale dell'intera società, i neri costituiscono l'avanguardia potenziale del movimento rivoluzionario americano [cfr. ibidem: 27/29]. I.4 La riscoperta del marxismo Oggi alcuni intellettuali americani stanno riscoprendo Marx. Cornell West, il più popolare intellettuale nero degli Stati Uniti, militante politico e docente di studi afro-americani all'Università di Harvard, autore del libro La razza conta, è convinto che il marxismo sia un metodo critico indispensabile per analizzare le contraddizioni del modello americano e per interpretare il razzismo come maschera di una lotta di classe. E alla obiezione che Marx non si occupò del problema della "razza", Cornell risponde: "...I suoi concetti funzionano lo stesso. La maggior parte dei neri è costituita da lavoratori salariati...Se la società arretra sono loro i primi ad arretrare, non solo perché sono neri, ma proprio a causa del posto che occupano nella scala sociale. E' una realtà che spesso non viene colta perché la si esamina solo nell'ottica razziale" ["L'Espresso" 16 Gennaio 1997]. Come ha scritto West, "se si vuole discutere seriamente di 'razza' negli Stati Uniti, bisogna cominciare non dai problemi della gente nera, ma dalle carenze della società statunitense..." [Cartosio 1995: 13]. Tra le diverse ipotesi formulate per spiegare le cause del razzismo, gli studiosi di orientamento marxista prendono in considerazione i fattori economici e ribaltano il rapporto di causa-effetto, "...sottolineano l'esistenza di forme di sfruttamento economico fondate sulle differenziazioni etniche. In qualsiasi sistema economico la classe dominante deve avere a disposizione forza-lavoro a buon mercato e al tempo stesso mezzi idonei ad impedire a questi lavoratori di coalizzarsi contro di essa. [Cox 1959]. Dal punto di vista della classe dominante, pertanto, il fatto di mantenere in una posizione inferiore un altro gruppo etnico ha molti vantaggi...Intorno a queste differenze si può costruire un'ideologia della "supremazia naturale". Mettendo un gruppo etnico contro l'altro, una classe dominante può creare e mantenere divisioni tra persone e gruppi che, se uniti, potrebbero costituire una costante minaccia. Questi conflitti inoltre distolgono l'attenzione dal controllo che la classe dominante mantiene sull'economia" [Smelser 1987: 304-305]. Oggi anche i non marxisti sostengono che lo sfruttamento economico deve essere considerato come fattore importante nello strutturarsi di disuguaglianze connesse alle differenze etniche. I.5 Il materialismo del razzismo. Il rapporto dialettico tra struttura e sovrastruttura in Marx ed Engels. Nell'opera intitolata L'ideologia tedesca del 1846, il ragionamento di Marx ed Engels muove dalla definizione della concezione materialistica della storia, secondo cui la base del divenire storico è il divenire economico. In questa prospettiva, "non (si) spiega la prassi partendo dall'idea, ma (si) spiega le formazioni di idee partendo dalla prassi materiale" [Marx ed Engels 1967: 30]. "La produzione delle idee, delle rappresentazioni, della coscienza, è... direttamente intrecciata all'attività materiale e alle relazioni materiali degli uomini, ...è emanazione diretta del loro comportamento materiale..." [ibidem: 13]. Marx ed Engels, in questo brano, definiscono chiaramente la dinamica del rapporto tra la struttura economica e la sovrastruttura ideologica e la direzione del suo rapporto di causa-effetto: l'insieme dei rapporti di produzione, corrispondenti ad un determinato grado di sviluppo delle forze produttive materiali, costituisce la struttura economica della società; questa determina la sovrastruttura, che include la sfera giuridica, politica e morale, e tutte le espressioni e i simboli culturali, alla quale corrispondono forme determinate di coscienza sociale. Gli interessi materiali sono il fulcro del ragionamento marxiano, il perno attorno al quale si muove l'intero meccanismo della sopraffazione umana e che lo spiega: la volontà di certi uomini di mantenere la loro posizione privilegiata è all'origine della produzione di idee e principi che giustificano e mantengono il loro dominio, dimostrando che esso è naturale, necessario, universale, legittimo e persino voluto da Dio. I dominatori producono e distribuiscono la Weltanschaaung del loro tempo, "le idee della classe dominante sono in ogni epoca le idee dominanti;...(cioè) la classe che dispone dei mezzi della produzione materiale dispone con ciò...dei mezzi della produzione intellettuale (e)...ad essa...sono assoggettate le idee di coloro ai quali mancano...Le idee dominanti...sono...le idee del suo dominio" [ibidem: 35 e seg.]. Ma se mutasse la struttura economica esistente, si verificherebbe parallelamente la trasformazione della sovrastruttura ideologica. Secondo Marx ed Engels la classe rivoluzionaria svolge il ruolo storico di trasformare radicalmente il sistema economico e di smascherare le idee che esso porta con sé. Nel primo libro de Il Capitale, pubblicato nel 1867, Marx analizza le leggi del modo di produzione capitalistico e i rapporti sociali che ne derivano. Nelle società capitalistica egli distingue essenzialmente due classi: la borghesia, proprietaria dei mezzi di produzione e il proletariato, che non possiede altro che la propria forza-lavoro. Il proletario vende al capitalista l'unica sua risorsa, la forza-lavoro, il quale lo paga attraverso il "salario di sussistenza", non proporzionato alla quantità della forza-lavoro impiegata. Marx ha elaborato la "teoria del plus-valore": il lavoro non retribuito dell'operaio, il plus-lavoro, cioè il suo sfruttamento, dà luogo ad un profitto, il plus-valore (che si determina dalla differenza tra il valore complessivo delle merci prodotte dall'operaio e il valore del salario) e all'accumulazione del capitale.17 Attraverso la ripetizione all'infinito di questo meccanismo si verifica il rafforzamento progressivo del capitalista, una concentrazione sempre maggiore del capitale nelle mani di pochi e l'aumento della proletarizzazione e della pauperizzazione della classe operaia. Ciò, secondo Marx, porterà le due classi ad uno scontro finale, inevitabile, alla rivoluzione del sistema capitalistico e all'avvento della società comunista, e questo è l'aspetto dogmatico della sua teoria. Dall'analisi marxiana del capitalismo si ricava che esso si basa sul sistematico sfruttamento della classe lavoratrice. I.6 Il caso americano e la specificità della condizione sociale dei neri. Negli Stati Uniti d'America, alla divisione della società in base alla classe economica, si aggiunge un'ulteriore suddivisione della classe in sottoclassi secondo linee razziali; il colore della pelle viene utilizzato come visibile linea di demarcazione e di confine invalicabile tra una sottoclasse e l'altra. In questo sistema di stratificazione, le sottoclassi, caratterizzate all'appartenenza etnica, stanno fra loro in un rapporto antagonistico, in cui prevalgono discriminazione, odio e pregiudizi. Il razzismo, l'ideologia secondo cui un essere umano è inferiore ad un altro essere umano per il colore della pelle, è ciò di cui si serve il potere per ostacolare la formazione di una coscienza di classe che, unificando la massa proletaria, la renderebbe infinitamente più forte e più pericolosa e rappresenterebbe una minaccia all'ordine esistente e alla sua struttura di potere. Poiché, infatti, come si dice, "l'unione fa la forza", l'antica strategia "Divide et Impera" funziona proprio concedendo privilegi solo ad alcuni gruppi, i quali salgono un gradino più su rispetto ai neri, unico gruppo che rimane ancorato alla base della stratificazione sociale. In questo modo crea ostilità tra i gruppi, li divide, ne diminuisce la forza, li controlla e li domina più facilmente. La fonte della forza-lavoro da sfruttare che, come abbiamo visto, è necessaria al funzionamento del sistema capitalistico, costituita nella società industriale ottocentesca analizzata da Marx dal proletariato, è costituita in America dalla "razza" nera, ultimo gradino del sistema di casta. Le differenze etniche, lingustiche, religiose e culturali sono state usate come elementi di differenziazione su cui basare l'ideologia dell'inferiorità. E' importante riconoscere la specificità della condizione sociale degli Afro-Americani rispetto a quella delle altre minoranze etniche o del proletariato e sottoproletariato bianco: i neri, infatti, rappresentano il gruppo che risente in modo più intenso e diretto dello sfruttamento capitalistico. La loro condizione subordinata ha infatti storicamente consentito la mobilità sociale delle altre minoranze etniche. I.7 Storia della legislazione sui diritti civili dei neri "Quando penso che Dio è giusto, tremo per il mio paese." George Jefferson, 1781 1857 La famosa sentenza di Dred Scott del 1857 illustra perfettamente lo status del "negro" durante la schiavitù. Con questa sentenza la Corte Suprema affermava in sostabza che il "negro" non era un cittadino degli Stati Uniti, ma era semplicemente un oggetto di proprietà, soggetto agli ordini del suo proprietario. 1865 Nel 1865, con il XIII emendamento alla Costituzione, "Il Proclama di Emancipazione", Abraham Lincoln abolì la schiavitù dei neri. Articolo XIII (18 Dicembre 1865) Sezione I. Ne schiavitù ne servitù involontaria potranno sussistere negli Stati Uniti... 1865/1877 Tra il 1865 e il 1877, periodo chiamato della Ricostruzione, si verificò uno storico esperimento di democrazia interraziale che aprì la strada al XIV e XV emendamento alla Costituzione che sancivano l'uguaglianza dei diritti civili dei neri: Articolo XIV (28 Luglio 1868) Sezione I. Tutte le persone nate...negli Stati Uniti...sono cittadini degli Stati Uniti...nessuno Stato priverà alcuna persona della vita, della libertà, o della proprietà,...ne rifiuterà a chicchessia nei limiti della sua giurisdizione l'eguale protezione delle leggi. Articolo XV (30 Marzo 1870) Sezione I. Il diritto di voto spettante ai cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato ne limitato dagli Stati Uniti, ne da alcuno Stato, per ragioni di razza o di precedente condizione servile [Commager 1980: 760-761]. Ma ancora cento anni dopo il riconoscimento, a livello puramente formale, dell'uguaglianza dei neri sancito dal "Proclama di Emancipazione", sia nel Sud che nel Nord degli Stati Uniti d'America essi erano di fatto ancora privati dei loro diritti fondamentali, segregati, discriminati e oggetto di violenza (nel profondo Sud i bianchi che uccidevano un "negro" godevano ancora dell'impunità). 1877 In quegli anni furono promulgate leggi segregazioniste comunemente chiamate "Jim Crow". In America si costituì un sistema di Apartheid legalizzato. 1896 La sentenza della Corte Suprema Plessy contro Ferguson, stabilì il principio "separate but equal", "separati ma uguali" come ispiratore della legge del paese e legalizzò definitivamente questa pratica di Apartheid che divenne sempre più scellerata. Con questa sentenza la segregazione riceveva sanzione legale e morale. Il risultato finale fu che la "separazione" tra bianchi e "colore" veniva rigidamente applicata, mentre non veniva fatto il minimo sforzo per applicare anche il principio dell'"uguaglianza". Anni '20 La comunità nera d'America aveva, tuttavia, la sua personale eredità di resistenza contro la supremazia bianca. Il Rinascimento di Harlem durante gli anni Venti era il segno del successo della sua opposizione culturale. 1950/1954 Nella "Patria della (cosiddetta) democrazia" gli anni del maccartismo coincisero con una forte ondata di conservatorismo ideologico, paura, ostilità e diffidenza. Le ripercussioni della Guerra Fredda si manifestarono sia sulla politica interna, che divenne accentuatamente reazionaria e conservatrice, sia sul clima ideologico degli Stati Uniti: si sviluppò una violenta ondata di anticomunismo che culminò in una vera e propria "caccia alle streghe", di cui fu a capo il senatore McCarthy (appoggiato da Richard Nixon). Si voleva impedire la contaminazione dei caratteri etnici della popolazione yankee18 e la diffusione di ideologie sovversive di origine europea. a questo scopo, venivano demonizzati "negri", proletari, comunisti e socialisti. In questo clima di intolleranza, ogni forma di attività politica diretta era passibile di denuncia davanti all'House Un-American Activities Commitee (HUAC), la commissione istituita per ostacolare e soffocare le attività anti-americane. Si diffusero pratiche discriminatorie istituzionalizzate nei confronti dei Colored e un terrorismo bianco; crimini, violenze e linciaggi venivano compiuti impunemente dai membri della Legione Nera o del Ku Klux Klan19, espressione del razzismo più isterico, che aveva raggiunto negli stati del Sud le dimensioni di un'organizzazione di massa, all'interno della quale spesso i membri incappucciati erano gli stessi governatori degli Stati o gli sceriffi delle contee. I bianchi di origine wasp, cioè i bianchi anglosassoni protestanti, si erano rinchiusi in una difesa ottusa e fanatica dei valori della civiltà bianca e protestante. 1954 Il 17 Maggio 1954 la Corte Suprema decretò l'incostituzionalità della segregazione razziale nelle scuole pubbliche americane. La sentenza della Corte Suprema nella causa Brown contro il Provveditorato agli studi di Topeka, che intendeva abbattere le forme più gravi di discriminazione, fu una vera e propria pietra miliare e mise in crisi il principio "Separate but equal" [cfr. Commager 1980: 625/629]. Con le brillanti strategie guiridiche di alcuni avvocati neri, il risultato migliore della NAACP fu questa sentenza della Corte Suprema. La diplomazia, la quantità di dati sociologici raccolti e la raffinata indagine intellettuale con le quali si presentava la NUL contribuirono a smantellare le disinvolte generalizzazioni sui neri. 1957 Il Civil Rights Act, la Legge sui Diritti Civili, fu, come previsto, inadeguata e insufficiente. "Il movimento per i diritti civili coincide con la politica riformista kennediana per la razionalizzazione del sistema capitalistico all'interno, premessa indispensabile per una nuova e più raffinata politica imperialista all'esterno" [Martinelli e Cavalli 1971: 33]. Gli anni Sessanta furono l'epoca dell'illusione progressista: gli studenti, i proletari e le minoranze etniche intrapresero una lotta all'interno delle istituzioni esistenti per il riconoscimento dei diritti sanciti dalla Costituzione e il miglioramento della società. Questa protesta entrò in crisi per le contraddizioni della politica kennediana, che non era mai stata pacifista e progressista, ma era essenzialmente aggressiva e conservatrice [cfr. ibidem 1971: 33]. Secondo l'opinione di Martinelli e Cavalli20, Kennedy voleva eliminare le forme più eclatanti della discriminazione e dello sfruttamento solo perché erano potenziali fonti di conflitto interno, ma il suo scopo era di creare quella coesione nazionale necessaria per condurre una politica estera imperialistica [cfr. ibidem: 34]. Durante l'amministrazione Kennedy, nonostante le promesse della campagna elettorale, non fu promulgata alcuna legge per i diritti civili dei neri e continuarono brutalità della polizia, ingiustizia e discriminazione (da tutto il paese gli spedirono penne stilografiche perché non si decideva a firmare questa legge). 1964 Durante l'amministrazione Johnson, il Senato approvò il Civil Rights Act, la Legge sui Diritti Civili (73 voti contro 27), che fu estesa e approvata nel 1967. Essa ampliava le misure protettive e i poteri federali per combattere la discriminazione razziale. Aboliva ogni tipo di discriminazione nei luoghi pubblici, nell'impiego e nei sindacati dei lavoratori, iniziava la desegregazione nelle scuole e metteva fuori legge il diffuso sabotaggio del XV emendamento della Costituzione, il diritto al voto. In questa occasione Malcolm X dichiarò che i neri sarebbero stati fuori di testa se si fossero mostrati felici per l'approvazione del disegno di legge del 1964, perché questo non attaccava le vere radici del razzismo, ma avrebbe solo permesso a certi neri di stare seduti accanto ai bianchi in una sala di barbiere; nonostante questi "progressi", lo sfruttamento delle masse nere, il vero problema che andava risolto, avrebbe continuato a funzionare. Malcolm X rese noto che contemporaneamente a questo disegno di legge era entrata in vigore una legge conosciuta come "legge delle irruzioni domiciliari senza mandato" o "legge delle perquisizioni volanti", che era una legge "anti-negro". "Se non possono far rispettare leggi enunciate dalla Corte Suprema, che è il massimo tribunale del paese, pensate che possano far rispettare delle nuove leggi nel Mississipi, nell'Alabama e in Georgia?...Perché hanno ideato questo progetto di legge?...Non è altro che un trucco del XX secolo...(il motivo è che) il mondo sta osservando..." [Valvola Gomma Woman 1993: 82/86]. Secondo Giammanco, quella legislazione era un premio alla dipendenza di cui avrebbe beneficiato solo la sparuta middle class: gli "zii Tom" avrebbero ottenuto più tokenism, cioè più privilegi individuali, ma le masse dei ghetti sarebbero state sempre più isolate ed emarginate [cfr. Giammanco 1994: 34]. Da quel momento la Corte Suprema non ha fatto altro che introdurre delle sentenze marginali, che praticamente hanno smantellato pezzo per pezzo i principi giuridici della legislazione sui diritti civili, primo fra tutti il principio dell'"Affirmative Action"21, il "sistema delle quote". Esso distribuisce posti di lavoro in baso al criterio della "quota", cioè proporzionalmente alla percentuale numerica delle minoranze etniche rispetto alla popolazione americana totale. Questo sistema ha permesso la mobilitazione e la promozione sociale dei neri, i quali così hanno cominciato ad accedere alla classe media. Il reaganismo degli anni Ottanta ha interpretato questo sistema come una fonte di privilegio e un'ingiustizia, perché le assunzioni avvenivano in base ad una quota fissa, anziché secondo il criterio del merito, delle qualifiche personali e a prescindere dal valore degli individui. E le politiche sociali del periodo Regan-Bush ha portato all'impoverimento definitivo delle minoranze etniche22. CAPITOLO II IL MOVIMENTO NERO NEGLI STATI UNITI D'AMERICA TRA INTEGRAZIONISMO E NAZIONALISMO II.1 La doppia anima del movimento Nella Storia della resistenza del movimento nero esistono due tradizioni politiche e culturali, l'integrazionismo e il nazionalismo, che si sono espresse con obiettivi e mezzi diversi. Mentre l'integrazionismo, in tutte le sue forme, ha sempre portato avanti la richiesta di inclusione nella società americana e la rivendicazione dei diritti civili dei neri, la tradizione del nazionalismo è più eterogenea al suo interno. Nata dall'esperienza delle prime Chiese Nere che si separarono da quelle bianche che applicavano la segregazione23, la filosofia del nazionalismo si basava sulla convinzione che i neri non sarebbero mai stati integrati, alla pari con i bianchi, nella società americana. * Una delle prime forme di nazionalismo nero è stato l' esplicito rifiuto dell'America e la ricerca dell'identificazione con qualche altra terra, che si è manifestata in vari progetti di emigrazione: si programmava l'abbandono definitivo di quest'America inospitale per stabilirsi in America Latina, ad Haiti, in Canada oppure in Africa (Il "Back-to-Africa Movement"). * Il nazionalismo a carattere religioso, che emergeva da un'esperienza urbana di privazione e di oppressione, esprimeva la ricerca di un'identità religiosa alternativa e più adatta alle istanze della comunità afro-americana. * Il "Panafricanismo", promosso soprattutto dal grande storico marxista W.E.B. DuBois, cercava di legare politicamente i neri d'America con i loro fratelli in Africa. * La lotta armata e la violenza rivoluzionaria organizzata, anche se sia l'ultimo Malcolm X che il Black Panther Party criticavano il concetto di nazionalismo ed erano aperti a stringere alleanze con gli altri elementi più radicali della società. * Lo sviluppo separato e autosufficiente all'interno degli Stati Uniti è un'ulteriore forma di nazionalismo che è ripresa durante gli anni '80, in seguito al reaganismo e alle tensioni razziali generate dalla sua politica economica [cfr. Cartosio, Gambino, Naso e altri 1994: 19/25]. Nonostante le differenze negli approcci e nei metodi, integrazionisti e nazionalisti rappresentano gli estremi di uno stesso continuum, sono la doppia anima del movimento nero, un processo dialettico in continuo divenire e in continuo sviluppo, che nella sua evoluzione, dalle lotte antisegregazioniste alla politica del Black Power, giunge a sintesi e a soluzioni sempre più mature per il raggiungimento dello stesso obiettivo finale: la liberazione del popolo nero e la giustizia sostanziale. La dimostrazione della complementarietà tra queste posizioni, solo in apparenza antitetiche e contrastanti, è il passaggio dei protagonisti delle protesta nera da posizioni moderate e riformiste a posizioni più radicali e rivoluzionarie e viceversa: la radicalizzazione e lo "spostamento verso Malcolm X" dell'ultimo Martin Luther King e l'apertura di Malcolm, gli episodi di autodifesa organizzata all'interno della NAACP, la fusione tra il non-violento SNCC e il rivoluzionario Black Panther Party, ecc. II.2 La fase pre-politica: la Chiesa Nera e la teologia nera della liberazione. "Cristo è nero!" I culti dei neri furono la premessa per la definizione ideologica dei movimenti nazionalisti neri e portarono gli Afro-Americani ad un livello pre-politico, ma denso di grandi potenzialità che rese possibile per la prima volta negli anni Sessanta organizzare la protesta nera [cfr. Giammanco 1993: 89 e seg]. La religione, infatti, può svolgere diverse funzioni sociali: può essere sorgente di significato per una vita che è di per sé piena di crisi e di incertezze (Malinowski), può svolgere una funzione di integrazione e unificazione all'interno di una comunità (Durkheim), può essere strumento di dominio e di controllo sociale ("Religio instrumentum regni" - Machiavelli) e svolgere una funzione di mantenimento e conservazione di una determinata struttura di potere, offrendo ai ceti inferiori la speranza di una vita migliore in un altro mondo (Marx); ma la religione può anche avere un ruolo rivoluzionario ed essere fonte di liberazione, stimolando la protesta nei confronti dell'oppressione e all'alienazione dell'essere umano (K. Thompson). Le Chiese nere, che a partire dal 1700 erano sorte sia nelle aree della schiavitù che tra i neri liberi del Nord, risposero al bisogno di creare una strategia di adattamento e di sopravvivenza all'interno di un sistema disumano, alienante e di sfruttamento globale. Esse rappresentarono il primo nucleo di autonomia dei neri, l'unica forma di aggregazione e di comunità concessa, l'unica istituzione in cui fosse possibile godere di un certo margine di potere reale piuttosto che sostitutivo e compensatorio (la tradizionale "torta in cielo", "the pie-in-the-sky"). L'elemento religioso è stato di fondamentale importanza nel movimento ed era presente come espressione della coscienza di oppressione. I culturalisti fanno fatica a distinguere tra i vari tipi di culti, di religioni e di movimenti nazionalisti, ma lo scopo era sempre lo stesso, "l'intenzione permanente di creare un'unità necessaria per l'affermazione dell'ethos nero". La religione deve essere considerata in questi casi non tanto per i suoi contenuti specifici, ma per la sua funzione di liberazione, di riappropriazione dell'identità spirituale africana, come la fonte dell'utopia e della speranza di un futuro miglioramento delle proprie condizioni [cfr. ibidem 1993: 107/129]. II.3 Lo sviluppo del movimento nero dal Civil Rights Movement al Black Power.24 Il movimento nero negli Stati Uniti d'America ebbe inizio in modo moderato e riformista. Con il celebre Montgomery Bus Boycott, iniziato nel 1955 da Rosa Park, la donna nera che fu arrestata perché si era rifiutata di cedere il suo posto sull'autobus a un uomo bianco, ebbe inizio il "Civil Rights Movement". Fu una protesta di massa in cui 42.000 neri boicottarono per più di un anno i trasporti pubblici della città di Montgomery, Alabama. Secondo Martinelli, uno dei meriti maggiori del Civil Rights Movement, "è stato quello di permettere a migliaia di riformisti entusiasti di sperimentare di persona l'impossibilità di ottenere la trasformazione sociale che essi chiedevano all'interno del quadro istituzionale esistente..." [Martinelli e Cavalli 1971: 34]. "L'altro grande merito...è stato quello di avere sviluppato nuove e più avanzate forme di organizzazione politica delle masse nere..." [ivi] per ottenere l'uguaglianza giuridica, garantita dalla Costituzione e continuamente violata: questi sforzi miravano soprattutto alla registrazione per il voto negli stati del Sud, alla lotta contro la discriminazione sul luogo di lavoro e nelle scuole [cfr. ibidem: 35]. "Gli scarsi risultati ottenuti con la lotta nel Sud...rispetto ai sacrifici sostenuti e alle energie impiegate..., il peggioramento della condizione dei neri al Nord...e la generale delusione (per la)...politica kennediana..., provocano una svolta fondamentale nelle organizzazioni più combattive del movimento nero..." [Martinelli e Cavalli 1971: 35]; lo SNCC e il CORE abbandonarono la non-violenza come strumento di lotta ed elaborano il concetto di Black Power. La figura politica di maggior rilievo di questo nuovo indirizzo è quella di Malcolm X che sviluppò una strategia politica rivoluzionaria. Con la teorizzazione di forme di lotta politica spontanee delle masse nere e nelle rivolte nei ghetti, si verificò un vero e proprio salto qualitativo. Lo scopo finale non era più l'integrazione nel sistema capitalistico americano, ma la lotta contro l'imperialismo, che all'interno degli Stati Uniti opprimeva la minoranza nera e all'estero opprimeva i popoli africani, asiatici, e latino-americani. Il nuovo strumento di lotta era la resistenza armata e gli alleati erano le masse di tutti i popoli oppressi, con cui si voleva sviluppare una base culturale autonoma da opporre alla cultura egemone americana [cfr. ivi]. Parte I - Gli Integrazionisti25 "Sapete come i razzisti bianchi chiamano un nero laureato?...Allora io gli buttai in faccia la parola, a voce alta: "Nigger !" [Malcolm X 1992: 336]. II.4 Martin Luther King e la "Southern Christian Leadership Conference" (SCLC). "Giustizia senza violenza" "Ho cercato la mia anima, ma l'anima non l'ho vista; ho cercato il mio Dio, ma mi è sfuggito; ho cercato mio fratello, e ho trovato tutti e tre" studente afro-americano, 1961 [King 1993:80]. II.4.1 La vita Particolarmente incisiva sulla pubblica opinione di tutto il mondo è stata l'azione politica del pastore battista Rev. Martin Luther King jr. (1929-1968), figlio a sua volta di un pastore della Chiesa battista della Georgia. Il dottor King credeva nell'"American Dream", incorporato nella Costituzione degli Stati Uniti, nella sua vocazione democratica e nella tradizione religiosa protestante. Laureato in Filosofia e Teologia, convinto e coerente assertore della non violenza all'interno del movimento nero, Martin Luther King tentò di coniugare, nel pensiero e nella pratica, lo spirito cristiano e il metodo gandhiano, con lo scopo di vincere pacificamente la battaglia per i diritti civili, negati di fatto negli Stati Uniti d'America. Nel 1957 fu tra i fondatori e poi presidente della "Southern Christian Leadership Conference" (SCLC), l'organo di coordinamento delle Chiese afro-americane del Sud impegnate nella desegregazione. Insieme agli altri membri organizzò le marce dell'"esercito della non violenza", a causa delle quali fu più volte arrestato e ferito. A partire dal 1960 strinse un'alleanza tattica con il presidente democratico John F. Kennedy. Nel 1963 animò il contingente sudista della "Marcia su Washington", organizzata per sollecitare l'amministrazione Kennedy a far approvare la legge per i diritti civili. Nel 1964 ricevette il Premio Nobel per la pace. Nel 1967 prese le distanze dalla politica estera statunitense e assunse una posizione contraria all'intervento nel Vietnam, che considerava come "la morte spirituale della società americana". Fino alla sua ultima battaglia accanto ai netturbini di Memphis, "The Poor People Campaign", egli rimase sempre integrazionista e assertore della non-violenza, ma, riaffermata questa linea di coerenza, la sua analisi della società statunitense e la sua strategia di cambiamento subirono una profonda trasformazione finale: l'opposizione alla guerra in Vietnam, la scoperta della povertà bianca, la coscienza della necessità del confronto con le frange radicali del movimento nero, la disillusione nei confronti della tradizione di libertà e di progresso in cui credeva; egli si convinse nell'ultimo periodo della sua vita, prima di essere ucciso a Memphis (Tennesee) il 4 Aprile 1968 da un attentatore bianco razzista, che la società americana andasse ristrutturata e aderì ai princìpi del socialismo democratico. In questa nuova visione critica e anticapitalistica, King comprese che: "...Il problema del razzismo, il problema dello sfruttamento economico e il problema della guerra (in Vietnam) sono strettamente collegati..." [King 1993]. II.4.2 Il metodo: la resistenza non-violenta "We shall overcome" Secondo Martin Luther King, la filosofia del "Porgi l'altra guancia" e dell'"Ama i tuoi nemici" è valida solo quando gli individui sono in conflitto con altri individui; quando sono in conflitto gruppi etnici e nazioni è necessario un approccio più realistico. Studiando a fondo la vita gli insegnamenti del Mahatma Gandhi26 e i successi ottenuti con le campagne di resistenza non violenta al dominio britannico in India, King si convinse che la dottrina cristiana dell'amore27 messo in atto attraverso il metodo gandhiano, avrebbe rappresentato una delle armi più potenti a disposizione degli oppressi nella loro lotta per la libertà. Profondamente colpito dal metodo di Gandhi, Martin adottò la filosofia e la pratica della "resistenza non violenta", che considerava il mezzo più morale per proseguire con dignità la lotta per raggiungere l'autodeterminazione. L'"azione diretta non violenta" non era affatto un metodo passivo, inerte, per gente mortificata e compiacente; era un metodo di non aggressione fisica, ma di forte aggressione spirituale, attraverso cui non si cerca di sconfiggere e umiliare l'avversario, ma di conquistarne l'amicizia e la comprensione, perché, conseguenza della violenza è l'astio, conseguenza della non violenza è la riconciliazione. Non si deve confondere la resistenza passiva con l'assenza di resistenza: nella prima, infatti, si organizza un'azione collettiva per raddrizzare un torto, prendendo su di se la sofferenza, sofferenza creativa, immeritata e redentrice. Per Martin Luther King, il "Gandhi nero", non si sarebbe dovuto mai rinunciare a procedere, ma andare avanti con autocontrollo e razionalità, saggia ragionevolezza e ferma decisione, senza "mai dargli un attimo di respiro" [cfr. King 1993: 58-59]. II.4.3 Questione dell'autodifesa e della violenza28 "Dovremo per sempre condurre la nostra lotta dal piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica" [King 1993: 101]. Martin Luther King insegnava che: "...Esistono tre modi di affrontare la violenza. Uno consiste nella pura non violenza...che richiede disciplina e coraggio straordinari. Il secondo è la violenza esercitata come autodifesa, che tutte le società...accettano come morale e legale. Il principio dell'autodifesa che fa uso anche di armi e di spargimento di sangue non é mai stato condannato, neanche da Gandhi, che lo approvò per coloro che non sono in grado di esercitare la non violenza. Il terzo è considerare la violenza come mezzo per progredire, che si organizza militarmente in modo deliberato e consapevole...Ci sono pericoli incalcolabili in questo approccio...(I neri che sceglieranno questa strategia saranno sempre) una minoranza di fronte ad un avversario molto più numeroso, che non sarà possibile sbaragliare con questa modalità di lotta..." [ibidem: 51]. "Non c'é bisogno di dire che la gente proteggerà la sua casa. Questo é un diritto garantito dalla Costituzione..." [ibidem 124]. "La violenza, anche motivata dall'autodifesa, crea più problemi di quanti non ne risolva...[ibidem...125] E' una soluzione che non porta a dei risultati perché ci si trova in una situazione impari. E' un'"autodistruzione", un "suicidio" [cfr. ibidem: 170]. "Da nessuna parte le sommosse hanno ottenuto un miglioramento concreto come quello delle dimostrazioni di protesta (non violente) organizzate. Questo perché...Nessuna rivoluzione interna è mai riuscita ad abbattere un governo con la violenza, a meno che il governo stesso non avesse già perso la fedeltà e il controllo delle sue forze armate...(Ma) questo non accadrà negli Stati Uniti...la struttura del potere può far appello alla polizia locale, alla polizia statale, alla Guardia Nazionale e...all'esercito...Una rivoluzione violenta da parte dei neri...non troverebbe né sostegno né simpatia nella popolazione bianca e assai poca nella maggioranza dei neri stessi" [ibidem: 170-171]. Al contrario di quanto sosteneva Malcolm X riguardo alla necessità che i neri americani si unissero in lotta con gli altri due terzi dell'umanità di colore oppressa dai bianchi, perché, se si fossero considerati parte di questa maggioranza, avrebbero rappresentato una forza con grandi potenzialità, Mr. King affermava nel 1966: "Non c'è paese di colore...che mostri in questo momento... la potenzialità di porsi alla guida di una rivoluzione della gente di colore a livello internazionale...(Questi paesi) stanno combattendo una loro personale lotta per la sopravvivenza contro la povertà, l'analfabetismo e...(il) neocolonialismo e, non sono in grado di offrire una speranza (agli altri)... La speranza della gente di colore del pianeta potrebbe benissimo poggiare sui neri d'America e sulla loro capacità di riformare dall'interno le strutture dell'imperialismo razzista e...condurre la tecnologia e la ricchezza dell'Occidente all'obiettivo di liberare il mondo dal bisogno" [ibidem: 123]. Le alternative alla violenza contemplate dal metodo di Martin Luther King consistevano in varie forme di disubbidienza civile: boicottaggi di massa, proteste e scioperi, sit-in, pray-in, jail-in, love-in, cortei, marce, raduni di massa, pellegrinaggi di preghiera e il rifiuto di pagare multe e cauzioni per gli arresti ingiusti, "C'è più forza nella grande disarmata e risoluta massa umana organizzata in una marcia di quanta ce ne sia nelle armi in mano ad una manciata di uomini disperati. Questo tipo di lotta si dimostra più definitivo e rovinoso per il nemico che non gli atti di violenza organizzata e tanto meno disorganizzata" [ibidem: 52].. Il boicottaggio, cioè il rifiuto di collaborare sul piano economico con le istituzioni che perpetuano il male, aveva lo scopo di conseguire una più giusta distribuzione dei posti di lavoro nei confronti dei lavoratori e consumatori neri ed era il metodo più efficace, la non violenza al suo massimo di efficacia, perché riusciva ad incidere nei margini di profitto delle aziende americane. II.4.4 L'obiettivo politico: integrazione e riconoscimento dei diritti civili Gli obiettivi fondamentali della crociata di questo storico leader dei neri moderati era il raggiungimento dei diritti civili -il più importante dei quali era il diritto di voto, per la comunità nera e riportare l'intera nazione a quelle fonti della democrazia che i Padri Fondatori avevano inserito nella Dichiarazione di Indipendenza e nella Costituzione . "La negazione di questo sacro diritto costituisce un tragico tradimento dei più alti mandati delle nostre tradizioni democratiche ed è il capovolgimento della democrazia" [Naso 1993: 50]. Nel 1963, in occasione della Marcia su Washington, Martin Luther King pronunciò il suo storico e più famoso discorso "I have a dream"29; fu un'implorazione di giustizia e libertà: "Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia...Io ho sempre davanti a me un sogno. E' un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni" [ibidem: 102]. Profondamente convinto che la soluzione al cosiddetto "problema negro" fosse l'integrazione, il suo obiettivo politico era l'inclusione della comunità afro-americana nel sistema degli Stati Uniti d'America, piuttosto che il sovvertimento della sua struttura di potere; egli voleva che la sua gente ottenesse la propria parte nell'economia del paese, nel mercato delle abitazioni, nel sistema educativo e in tutte le opportunità offerte della ricca capitalistica società. II.4.5 Differenze e complementarietà tra Martin e Malcolm30 La diversità tra le figure di Martin Luther King e Malcolm X è stata sottolineata fino all'eccesso, mentre è meno nota la loro reciprocità e complementarietà: alla fine del loro percorso politico questi due leaders si sono avvicinati l'uno all'altro e le differenze iniziali, sia nei metodi che negli obiettivi politici, si sono attenuate. Le diversità tra i due leaders erano dovute soprattutto alle diversità delle loro provenienze: Martin, figlio della borghesia di Atlanta e promettente intellettuale, veniva dal Sud rurale degli Stati Uniti, Malcolm veniva dalla tumultuosa esperienza della vita nei ghetti urbani, da un mondo di miseria, ignoranza e rabbia. Entrambi erano il prodotto delle loro circostanze e ognuno rappresentava, interpretava e comunicava con il suo mondo usando il linguaggio più adeguato. "Le differenze tra i modi di vedere di Martin e di Malcolm erano dovute in parte alla geografia. Ognuno sviluppò una strategia di liberazione che era adeguata alla regione in cui operava. Essi erano complementari, nel senso che si rivolgevano a gruppi diversi di persone nel contesto delle loro comunità..." [Cone 1991: 247]. Il loro lavoro non era in contrasto, al contrario il loro ruolo era reciproco. Dopo il 1965, in seguito allo spostamento del baricentro del movimento di protesta degli Afro-Americani dal Sud ai centri urbani del Nord e al mutamento dei soggetti sociali della rivolta e delle forme di lotta, si verificò quella che James Cone definisce lo "spostamento verso Malcolm": Martin , infatti, in seguito alle mutate circostanze, si stabilì a Chicago per entrare in contatto con lo scontento delle masse nere metropolitane, per capire questa nuova realtà a lui sconosciuta. La sua prospettiva integrazionista era inaccettabile per i neri dei ghetti, ma il suo fallimento era anche dovuto ai rapporti che Mr. King aveva stretto con la Casa Bianca di Kennedy e Johnson. Il contatto con questa realtà determinarono nell'ultimo anno e mezzo della sua vita la sua trasformazione finale e l'avvicinamento alle posizioni politiche di Malcolm, che di questa realtà era stato il miglior interprete. Martin non abbandonò mai la convinzione della non-violenza (il metodo), ma cambiò posizione su tutti gli altri punti (i fini) della sua strategia: attraverso una nuova analisi socio-economica, radicalizzò la critica della società, accettò l'idea del "colonialismo interno" elaborata da Malcolm X e affermò addirittura che la separazione tra bianchi e neri era temporaneamente necessaria per giungere ad una società veramente integrata; l'obiettivo politico di questa battaglia non era più il raggiungimento dei diritti civili, ma dei diritti umani, come per Malcolm. Martin aveva compreso la vera natura del razzismo, il suo legame indissolubile con la struttura capitalistica statunitense. In questa nuova ottica, la soluzione di tutti i problemi non poteva che essere la ricostruzione radicale dell'intera società americana (espressione tipica della fraseologia socialista), la rivoluzione dei valori, la ridistribuzione radicale del potere economico. Negli ultimi mesi di vita in cui espresse la condanna senza compromessi della politica statunitense in Vietnam e organizzò una grande marcia dei poveri a Washington -la "Poor People's Campaign", scrisse il suo ultimo articolo in cui riuniva i temi del suo pensiero politico finale: "...Accettiamo di avere in casa 40 milioni di poveri...In queste difficili circostanze, la rivoluzione nera è molto più di una lotta per i diritti dei neri...Ma denuncia i mali profondamente radicati nell'organizzazione della nostra società, tutti collegati tra loro: razzismo, povertà, militarismo e materialismo...e conferma che il vero problema da affrontare è la ricostruzione radicale della società" [King 1993]. Come rileva James Cone, "L'incrocio tra la strada di Malcolm e quella di Martin fu reso possibile da due deviazioni dai rispettivi corsi: Malcolm riconobbe che la liberazione dei neri americani passava anche attraverso l'incontro con i bianchi progressisti; King accettò l'idea che il problema nero fosse, in fondo, un problema di potere" [Cartosio, Gambino, Naso e altri 1994: 83]. I Walls of Dignity, le grandi pitture murali che si trovano nei ghetti neri delle città americane rappresentano Martin e Malcolm, insieme, con gli altri "eroi della razza", come le due anime del popolo nero, entrambi patrimonio irrinunciabile della storia e della cultura afro-americana. Questa complementarietà è sottolineata alla fine del film di Spike Lee "Do The Right Thing"31: sullo schermo scorrono due frasi, una è "la cosa giusta da fare" secondo Martin, l'altra è "la cosa giusta da fare" secondo Malcolm; queste due frasi solo in apparenza sono in contrasto, in realtà esse suggeriscono due soluzioni diverse per raggiungere lo stesso scopo: la liberazione degli Afro-Americani. "Violence as a way of achieving racial justice is both impractical and immoral, itis impractical because it is a descending spiral ending in destruction for all. The old law of "an eye for an eye" leaves everybody blind. It is immoral because it seeks to humiliate the opponent rather than with his understanding; it seeks to annihilate rather than to convert. Violence is immoral because it thrives on hatred rather than love. It destroys community and makes brotherhood impossible. It leaves society in monologue rather than dialogue. Violence ends by defeating itself. It creates bitterness in the survivors and brutality in the destroyers." Martin Luther King Jr [dal film Do the right thing di Spike Lee] "I think there are plenty of good people in America but there are plenty of bad people in America and the bad ones are the ones who seem to have all the power and be in this position to block things that you and I need. Because this is the situation you and I have to preserve the right to do what is necessary to bring an end to that situation, and it doesn't mean that I advocate violence, but at the same time I am not against using violence in self-defense. I don't even call it viloence when it's self-sefense, I call it intelligence." Malcolm X [dal film "Do the right thing" di Spike Lee] E' chiaro a questo punto che la contrapposizione tra i due leaders è una costruzione strumentale effettuata dalla stampa americana; per rendere impopolare l'odio, screditarono l'uno opponendogli l'altro. I media hanno fabbricato immagini semplificate e riduttive di entrambi: King, il leader responsabile e moderato, beniamino della stampa e simbolo del bene, rappresentava l'unico modello di comportamento accettabile per un nero. A lui veniva contrapposto Malcolm X, simbolo del male, dell'odio e della violenza, che rappresentava il comportamento immorale ed inaccettabile per un nero, frutto del degrado sociale del ghetto, un-american e anticristiano. Questo era il modo in cui la stampa influenzava l'opinione pubblica definendo a priori ciò che era giusto e ciò che era ingiusto, attraverso la personificazione, la riduzione dei complessi movimenti politici afro-americani ai loro leaders carismatici. II.5 La NAACP La National Association for Advancement of Colored People, la più antica delle organizzazioni del Civil Rights Movement, fu fondata nel 1909 da cinque filantropi bianchi antisegregazionisti. La direzione del giornale "The Crisis", organo ufficiale dell'associazione, fu affidata allo storico, sociologo marxista e attivista afro-americano William E. Burkhardt DuBois (1868-1963), il più grande intellettuale afro-americano della prima metà del XX secolo. Il programma iniziale della NAACP consisteva in una lotta legale per abolire la segregazione, per ottenere il suffragio universale, per la piena attuazione degli emendamenti antischiavisti della Costituzione (il XIV e il XV) e per il raggiungimento della parità delle opportunità nel sistema scolastico. Dopo la seconda guerra mondiale si impegnò attivamente per favorire l'impiego della manodopera di colore e negli anni tra il 1940 e il 1950 lottò per far iscrivere i neri nei registri elettorali. Nel 1947 la NAACP presentò all'ONU il documento intitolato "Appello al mondo! Dichiarazione sul rifiuto dei diritti umani alle minoranze nel caso dei cittadini di sangue nero degli Stati Uniti d'America e appello alle Nazioni Unite per la riparazione" scritto da DuBois. A causa dell'oscillazione politica della NAACP, che aveva un rapporto di compromesso, non conflittuale con le istituzioni, nel 1944 DuBois abbandonò l'organizzazione e molti iscritti lo seguirono. In seguito alla rottura con la dirigenza della NAACP, avvenuta perché aveva capito lo stretto legame esistente tra razzismo e sistema capitalistico, DuBois si avvicinò alle posizioni del socialismo umanitario e del panafricanismo. Il suo travagliato percorso teorico lo condusse infine ad accettare la teoria marxista-leninista; infine si trasferì in Ghana, non a caso il primo stato africano a liberarsi dal colonialismo europeo. Pur essendo un'associazione moderata, dal proprio interno si espressero all'inizio degli anni '60 i primi episodi di autodifesa organizzata, come quello di Robert Williams 32 o di Medgard Evers ("...we do not deny, but riaffirm, the right of an individual and collective self-defense against unlawful assaults"). La NAACP divenne progressivamente sempre più filogovernativa e legalitaria e, insieme alla Urban League (un'organizzazione filantropica fondata nel 1911) e alla SCLC, furono le sole organizzazioni nere a rifiutare il concetto di Black Power (Potere Nero) e a conservare l'appoggio dei bianchi. II.6 Il CORE Il Congress on Racial Equality, fondato nel 1943 da alcuni giovani intellettuali afro-americani, fu la prima organizzazione integrazionista a iniziare la lotta attraverso l'azione diretta, non accontentandosi di incidere solamente a livello giuridico (com'era per la NAACP). Pur essendo guidata negli anni '60 da un moderato come James Farmer (legato ai presidenti L.B. Johnson e R.M. Nixon), i quadri di base dell'organizzazione furono tra i promotori dei Freedom Riders (i "viaggiatori della libertà"), impegnati contro la segregazione sugli autobus, e di vari sit-in contro la discriminazione razziale. Affiancato dal moderato Roy Innis, nel 1966 fu eletto alla presidenza del CORE Floyd McKissick, il quale condannò duramente il governo americano sulla questione del Vietnam e aderì alla parola d'ordine del Black Power, di cui in seguito diventò uno dei maggiori portavoce. II.7 Lo SNCC. "What We Gonna Start Saying Now Is Black Power". Nato all'inizio degli anni Sessanta come frangia giovanile dei gruppi nonviolenti dell'associazione SCLC di M.L. King, lo Student Nonviolent Coordinating Commitee, chiamato "Snick", ha avuto tra i propri leaders Bob Moses, poi Stokely Carmichael e nel '67 Rap Brown (il quale in seguito diventò un imam musulmano ad Atlanta). La sua attività consisteva dapprima nell'inviare nel Sud studenti bianchi e neri, allo scopo di coscientizzare la popolazione nera sui propri diritti civili. Quando nel 1966 Carmichael venne eletto presidente, l'organizzazione espulse i bianchi e lanciò lo slogan: "What We Gonna Start Saying Now Is Black Power" e nel 1968 parte dello SNCC aderì alle partito delle Pantere Nere, il BPP. II.8 Situazione attuale delle organizzazioni nere La NAACP è ancor oggi una delle organizzazioni nere più potenti, con 600 mila iscritti, anche se recentemente la sua credibilità è stata scossa in seguito alla cacciata del leader Benjamin Chavis, accusato di molestie sessuali. In grado di influenzare la politica di Bill Clinton è anche il Black Caucus, il gruppo parlamentare nero guidato da Kweisi Mfume, i cui 40 deputati democratici hanno i numeri per bloccare qualsiasi legge. La National Urban League (NUL), il cui leader storico Vernon Jordan ha fatto parte del team di transizione da Bush a Clinton è ancora attiva. Ma la vera forza attuale del Black Power è rappresentata dal reverendo Jesse Jackson e l'ex capo di Stato Maggiore delle forze armate Colin Powell. Parte II - I nazionalisti "Den Himmel uberlassen wir / Den Engeln und den Spatzen" ("Il cielo abbandoniamolo / Agli angeli e ai passeri") Heinrich Heine II.9 L'UNIA di Marcus Garvey33: "God is black!" Il giamaicano Marcus Garvey, il "Mosé nero", è una delle figure più importanti del movimento nero e ancor oggi le sue idee ispirano il movimento Rastafari34. Insuperabile per il talento organizzativo e per la capacità di comunicare con le masse, negli anni Venti Garvey creò uno dei più forti movimenti neri nazionalisti di massa. I movimenti precedenti avevano sostenuto l'indipendenza economica della "Nazione Nera", ma erano sempre rimasti limitati a un'élite urbana istruita e a pochi neri intellettuali borghesi. Nel 1914 Garvey fondò e fu a capo della "Universal Negro Improvement Association" (UNIA), che contrappose un nazionalismo integrale alla certezza di non poter cambiare le condizioni delle masse nere, se non andando via dall'America e tornando in Africa ("Guardate all'Africa!"). Negli anni Venti diffuse il "Back-to-Africa Movement" (il "Movimento per il ritorno in Africa")35, il cui scopo era di riportare i neri americani in Africa, nella loro terra madre, e di fondare lì una nuova nazione. L'impero africano venne annunciato nel 1921 e Garvey ne fu nominato presidente. In attesa del "Grande ritorno in Africa", il movimento di Garvey si proponeva e perseguiva obiettivi concreti, perché, nel frattempo, si doveva assicurare alla "Nazione Etiope"36 l'indipendenza economica e la separazione (razziale, economica, politica, sociale e religiosa) dalla società bianca, in cui il pregiudizio razziale era tanto radicato "da rendere futile ogni appello al suo senso di giustizia". L'UNIA intendeva assicurare ai neri non solo identità, orgoglio di far parte della "poderosa razza africana", solidarietà e rispetto di se, ma anche concreti strumenti di potere sociale ed economico per iniziare a cambiare la collocazione della minoranza nera (Roberto Giammanco la definisce "casta") all'interno della società americana. Per aprire alla "casta" un livello di indipendenza economica, Garvey fondò la società di navigazione "Black Star Line" (in antitesi all'americana "White Star Line"), con lo scopo di collegarsi commercialmente con le nazioni nere di tutto il mondo in vista del ritorno in Africa; fondò la "Negro Factories Corporation", per avviare una produzione industriale controllata da neri per i futuri scambi con l'Africa, e centri di mutua assistenza. Il sociologo e storico nero marxista W.E. DuBois avanzò una critica37 nei confronti delle iniziative di Garvey: egli non costruiva istituzioni veramente alternative e antagonistiche nei confronti di quelle dei bianchi, ma le riproduceva separatamente come "brutte copie fondate sulla stessa filosofia di potere e di successo". Proponendo la versione nera dell'American Dream e dei suoi valori, Garvey attuava un infantile rovesciamento in nero del perbenismo piccolo-borghese. Garvey mitizzava le passate grandezze africane ("In piedi! Razza poderosa, puoi raggiungere quello che vuoi!"), esaltava "la dignità e la bellezza della razza nera in esilio", faceva appello alla solidarietà e all'orgoglio perché voleva che il suo popolo acquisisse la coscienza della propria collocazione nel sistema americano e ricostruisse un'identità, il mezzo per migliorarla. Nel suo "Credo per il Negro" -"One God, one Aim, One Destiny"- proclamava: "E' venuto il momento in cui il Negro deve dimenticare...la sua adorazione degli eroi delle altre razze e cominciare a crearsi i propri eroi ed onorarli...Il Negro deve unirsi in una grande gerarchia di razza...deve seguire una sola fede, quella della fiducia in se stesso, con un solo Dio, un solo scopo, un solo destino..." [Giammanco 1993: 113]. Proclamò che "Dio è nero!", ma non era interessato alla religione e non comprese la sua funzione liberatoria, del culto inteso come acquisizione di potere [cfr. Giammanco 1993: 117 e seg]. Fallita però l'impresa di portare in Africa trenta mila famiglie di neri americani, nel 1925 Garvey fu arrestato per bancarotta in seguito ad un'inchiesta fiscale, nel 1926 fu espulso dagli Stati Uniti e a causa del suo esilio in Inghilterra il movimento declinò rapidamente. II.10 La Nation of Islam. II.10.1 Da W.D. Farad Muhammad ed Elijah Muhammad a Malcolm X Nel 1930 fece la sua apparizione nel ghetto nero di Detroit un misterioso mullah di nome Wali D. Farad Muhammad che diceva di venire dalla città santa della Mecca per insegnare che l'Islam era "la religione naturale dei neri", per "dire la verità sull'uomo bianco e prepararlo ad Armageddon", la guerra tra la razza bianca dominante e le razze oppresse. Egli fondò la "Lost and Found Nation of Islam in the Wilderness of America", un'organizzazione cui avevano aderito inizialmente alcune migliaia di seguaci e composta esclusivamente da "black men" (non "Negri", come li chiamava Garvey), che costituivano la nazione islamica perduta e ritrovata. Nel 1934 W.D. Farad Muhammad scomparve, ma prima di svanire nel nulla nominò suo successore e nuovo messaggero di Allah Elijah Poole, rinominato Elijah Muhammad. Ostile a tutti bianchi e in conflitto con le altre organizzazioni nere, soprattutto con quelle integrazioniste, la Nazione dell'Islam si proponeva come principale obiettivo quello di fondare una nazione separata per i neri americani, o negli Stati Uniti o in Africa. Nel frattempo, lo scopo immediato era di liberare i "cosiddetti negri" (the so-called negroes) dai residui della mentalità di schiavi e di allontanarli dal cristianesimo, lo strumento del dominio della razza bianca. Negli anni Sessanta si crearono le condizioni per ottenere una vasta area di consenso tra le masse nere ghettizzate: simbolo e prodotto del conflitto sociale, i Black Muslim (i musulmani neri), membri della "Five Percent Nation"38, erano diventati il modello ideale di un'identità separata e antagonista. Negli anni più caldi della rivolta nera la setta rimase chiusa alle energie più vitali del movimento, il capo spirituale Muhammad impose ai suoi discepoli l'astensionismo dalla politica e sostenne che il movimento non doveva immischiarsi negli affari contingenti della politica locale, perché i suoi piani li trascendevano. Di fronte a questa metamorfosi conservatrice e statica della NOI, Malcolm X, che aveva iniziato al suo interno la carriera di pastore e di politico, fu costretto ad abbandonarla e a fondare un'organizzazione più democratica e combattiva: la Organization of Afro-American Unity (vedi cap IV) che internazionalizzava i problemi dei neri d'America e li collegava con quelli del Terzo Mondo. II.10.2 Louis Farrakhan Louis Farrakhan, al secolo Louis Eugene Walcott, è l'attuale ministro della Nation of Islam, che oggi conta circa dodici mila militanti, reclutati soprattutto tra i neri dei ghetti e delle carceri. Nato nel Bronx, New York, nel 1933, figlio di immigrati giamaicani (il padre era un maestro elementare, la madre una domestica), alla fine degli anni Cinquanta, L. E. Walcott, con il nome di "Calypso Gene", suonava la chitarra e cantava versi politici in un gruppo caraibico che si esibiva nei night clubs di Boston. Fu lì che Malcolm X lo incontrò e lo reclutò. Nel 1960 il pastore Louis X fu messo a capo della Moschea di Boston e, dopo l'assassinio di Malcolm X, nel 1965, prese il suo posto ad Harlem. Nel 1972, divenne il portavoce della Nation of Islam. Nel 1975 morì Elijah Muhammad; il suo testamento nominava nuovo messaggero di Allah e capo spirituale della setta islamica suo figlio Wallace Deen Muhammad. Egli, però, prima di assumere la leadership dell'organizzazione, decise di partire per un lungo viaggio in Medio Oriente per studiare a fondo la dottrina islamica ortodossa. Tornato in patria, sconfessò il padre, tutte le sue superstizioni razziste e la sua setta che non professava la vera religione islamica. La Nazione dell'Islam si spaccò in due parti, Wallace Deen39 perse l'autorità di capo e Farrakhan prese il suo posto, dando vita ad una nuova corrente della setta40. Benché Louis Farrakhan affermi di essere il continuatore delle idee di Malcolm X, anche se nel numero del 4 Dicembre 1964 del giornale "Muhammad speaks" aveva affermato: "Il dado è tratto e Malcolm non riuscirà a fuggire. Un uomo simile merita la morte" ["La Repubblica" 17 Ottobre 1995]. La famiglia di Malcolm X lo considera il mandante del suo assassinio; e la figlia di Malcolm X, Qubilah Shabazz, è tuttora sotto processo a Minneapolis, accusata di aver tentato di far uccidere Farrakhan per mano di un sicario. II.10.3 La "One million men march" Per molti Afro-Americani il 16 Ottobre 1995 è stata una data storica: è stato il giorno della "One million men march", la marcia di un milione di uomini neri, organizzata da Farrakhan, che ha sfiorato la legittimazione politica e l'investitura di leader nazionale nero. Questa manifestazione, salutata anche dal regime di Teheran come "uno schiaffo al governo Usa", è stato l'evento più impressionante dai tempi di Martin Luther King. Farrakhan ha radunato a Washington, davanti al Campidoglio, un'immensa folla di Afro-Americani provenienti da tutte le parti del Paese, senza distinzione di religione, classe sociale o di idee politiche, per denunciare i soprusi che essi ancora subiscono a causa della "supremazia bianca", ma soprattutto per dichiarare al mondo che oggi i neri sono uomini militanti, impegnati, equlibrati e determinati e pronti ad assumersi le proprie responsabilità nella propria comunità e nelle proprie famiglie. Ai bianchi non è stato permesso partecipare e anche le donne nere41sono state escluse e sono rimaste a casa, come (secondo loro) vuole la tradizione islamica. Nonostante questa ed altre espressioni di fanatismo, tra cui le dichiarazioni antisemite, la marcia ha avuto un enorme successo e il consenso dei neri intorno a Farrakhan è salito al quaranta per cento. Nel suo discorso, molto diverso dallo storico "I have a dream" che Martin Luther King jr. pronunciò nella "Marcia su Washington" del 1963, le principali richieste che Farrakhan ha rivolto al governo americano si possono schematizzare in sei punti principali: Gli obiettivi di Farrakhan: 1. Fedele alla filosofia politica di Elijah Muhammad, Farrakhan chiede uno stato separato e indipendente per la gente di origine africana, il "popolo eletto da Dio": "Viviamo in un periodo storico in cui i popoli, le nazioni e gli individui si devono separare in base alle loro caratteristiche" ["L'Espresso" 11 Marzo 1994: 92]. "Poiché il popolo nero è già separato, tanto vale che gli Stati Uniti ci diano un risarcimento come l'hanno dato ai Giapponesi e finanzino una nostra nazione separata, sul continente americano o in Africa" ["Epoca" 29 Ottobre 1995]. 2. L'iscrizione degli gli otto milioni neri che ancora non possono votare nelle liste elettorali; 3. L'esenzione dei neri dalle imposte; 4. La scarcerazione dei detenuti di colore; 5. Il divieto dei matrimoni interraziali; 6. Scuole separate per neri e bianchi; Con dati alla mano la denuncia di Farrakhan si è soffermata sulla reale e più grave forma del razzismo: la povertà. Secondo le statistiche: * I neri, che oggi in America sono quasi 32 milioni e formano il 13% dell'elettorato, costituiscono il 13% della nazione che fa uso di droghe. * Il reddito familiare è dieci volte inferiore a quello dei bianchi e il salario medio dei neri è di $ 380 per settimana (quello dei bianchi è di $ 491). * I disoccupati fra gli Afro-Americani hanno raggiunto l'11,3% (contro il 4,8% dei bianchi). * Quasi la metà dei bambini neri (il 46%) vive sotto la soglia di povertà (contro il 17% dei bambini bianchi). * Tra gli adolescenti neri sotto i vent'anni, uno su tre è stato in prigione (uno su 16 ragazzi bianchi ha avuto a che fare con la giustizia). * Quasi il 65% delle famiglie nere sono a carico di un solo genitore. Questo dramma riguarda principalmente i ghetti, dove è concentrato il trenta per cento della popolazione povera americana, dove nell'ultimo decennio sono stati assassinati cento mila giovani (i giovani descritti nel film "Clockers" di Spike Lee, che voltano le spalle al mondo comunicando in un linguaggio incomprensibile), dove a causa dei continui pestaggi della polizia (il più famoso è quello di Rodney King) nascono i gruppi armati. Tutte queste cose sommate alla possibile demolizione dell' "Affirmative Action", il complesso di misure legislative che facilitavano l'accesso dei neri ai posti di lavoro e alle università, potrebbero portare ad una esplosione razziale inimmaginabile. Louis Farrakhan cavalca cinicamente tutte queste tensioni e sfrutta gli umori peggiori degli Americani. II.10.4 La strategia Uomo intelligente e senza scrupoli, di grande istinto politico, predicatore e oratore dotato, grande animatore di folle, Farrakhan ha capito quale strada gli conveniva percorrere se voleva catturare i media americani: Martin Luther King è morto perché era buono; Malcolm X è morto perché è diventato buono. Così Farrakhan si è studiato il sistema nervoso della nazione americana e ha scelto le tre zone calde in cui muovere il suo attacco: l'antisemitismo, l'economia e la paura. 1. Il primo punto è l'antisemitismo: Farrakhan insulta la memoria degli Ebrei, affermando che il Giudaismo è una "religione-fogna", che Israele è uno stato fuorilegge, l'avamposto medio-orientale del capitalismo selvaggio e condanna gli Ebrei per aver espropriato i Palestinesi. Afferma che "i grandi Ebrei" hanno finanziato Hitler - un grande uomo, e "dunque c'è poco da sbandierare l'Olocausto". Afferma che gli Ebrei, le cui banche dominano il paese, sono gli strozzini e le sanguisughe che controllano il sistema finanziario americano, sono i vampiri che succhiano il sangue della comunità nera, ricordando che nel Sud, dagli anni Venti agli anni Cinquanta, il 75% degli schiavi neri erano di proprietà di Ebrei. Afferma che l'Aids e la droga sono un complotto delle banche e della classe dirigente bianca ed ebrea per liquidare i neri. La "Lega Ebraica" contro la diffamazione sta inondando il "New York Times" con intere pagine a pagamento contro di lui. Ma queste invettive antisemite hanno indignato tutta l'America, compresa la comunità nera. 2. Il suo secondo e popolarissimo punto d'attacco è l'ingente debito pubblico americano: "Qualcuno deve dei soldi a qualcuno. Chi deve quei soldi? I bianchi...A chi devono essere restituiti quei soldi? Ai neri, che dal banchetto sono stati esclusi" ["L'Espresso" 29 Ottobre 1995].. 3. Il terzo argomento su cui punta Farrakhan è la paura: un milione di uomini neri a Washington crea disagio e fa riemergere la tensione. La sua strategia funziona. Appena sente calare l'interesse, lancia subito un'accusa. Accusa la polizia americana, dall'FBI in giù, di tutti i crimini possibili, attacca tutti i bianchi, è intollerante verso le femministe e gli omosessuali, il Papa e tutti i cristiani. E' utile essere malvagio perché nella memoria e nell'immaginario collettivo è più incisiva l'accusa anziché la difesa. Secondo Cornell West, il più popolare intellettuale nero degli Stati Uniti, professore di studi afro-americani all'Università di Harvard, la forza di Farrakhan sta soprattutto nella grande diffusione della sua immagine sui media più che nella sua presa reale sulla gente. Il suo successo dimostra piuttosto la grande carenza di una leadership culturale fra gli Afro-Americani. Egli ha affermato inoltre che la qualità dei politici e degli intellettuali neri non è mai stata bassa come oggi [cfr. "L'Espresso" 16 Gennaio 1997]. Secondo altri questa srategia è pericolosissima perché, in un momento in cui la tensione razziale è altissima, potrebbe accendere un nuovo feroce conflitto razziale in America. Con la sua recente visita a Gheddafi e agli Ayatollah, durante il suo pellegrinaggio nei paesi musulmani, nei covi del fondamentalismo islamico e dell'antiamericanismo, sta perdendo parte del credito acquisito tra i neri. L'11 Febbraio 1996, infatti, Farrakhan è stato il protagonista della manifestazione svoltasi a Teheran per il diciassettesimo anniversario della rivoluzione che rovesciò il regime dello scià. Con il suo discorso ha infiammato la folla, rendendo omaggio alla memoria dell'Iman Khomeini e definendo il popolo iraniano "avanguardia della rivoluzione islamica che sta spazzando il mondo". In quell'occasione ha dichiarato di voler convertire gli Stati Uniti all'Islam e di voler sostituire le leggi americane con le leggi coraniche, applicando la Shari'a, la legge islamica. In un documento pubblicato da "The Institute of Islamic Information and Education" si dichiara che l'Islam e la Nazione dell'Islam sono due differenti religioni, e che quella di Farrakhan dovrebbe essere chiamata "Farrakhanismo": "The Nation of Islam" is a misnomer, (it) should be called "Farrakhanism"...The religion of Elijah Muhammad and W.D. Fard (?) died with their death because their...elected successor, W. D. Muhammad, integrated the community with the Muslim community at-large, following the Qur'an and Hadit of Prophet Muhammad (sallallahu alaihi wa sallam)...Luois Farrakhan...later rebelled and broke his oath with impunity...and restarted "The Nation of Islam" ["The Institute of Islamic Information and Education", III & E Brochure Series; n° 19]. "Predicatore dell'odio", "Hitler nero", un fanatico, un razzista alla rovescia (come se il razzismo dei bianchi verso i neri fosse normale e quello dei neri verso i bianchi fosse un "razzismo di seconda classe", ancor meno giustificato) e fomentatore di odio e di violenza: sono gli stessi epiteti usati precedentemente per Malcolm X. E se la storia è maestra, dovremmo avere imparato a non fidarci di queste campagne di demonizzazione condotte attraverso i media, una delle armi distruttive più potenti, e in particolare attraverso la stampa americana (che quella italiana ricalca) di cui ci si serve per rendere odioso e distruggere all'opinione pubblica un personaggio scomodo, sovversivo, ambiguo, controverso e un-american, quindi pericoloso per il governo Usa. Se si vuole veramente capire e giudicare Farrakhan42 e la sua politica, è necessario leggere fra le righe di ciò che ci raccontano i giornali e andare al di là. Forse, per farci un'idea più obiettiva del valore di questo leader, bisognerebbe ricercare le opinioni degli Afro-Americani. Il merito di Farrakhan è comunque quello di aver riportato il tema del razzismo al centro del dibattito americano e la marcia da lui organizzata, al di là dei fanatismi, che potrebbero essere soltanto una strategia shock per rendersi visibile e catturare l'attenzione, è stato un enorme successo. Secondo i risultati di una recente indagine nazionale condotta dal sociologo Barry A. Kosmin il numero dei musulmani negli Stati Uniti è di circa 1,4 milioni; altre stime ne contano invece 8 milioni, di cui solo una piccola parte è costituita dai membri della Nazione dell'Islam. Anche se la principale religione presso gli Afro-Americani è ancora il Cristianesimo, l'Islam è la principale "growing religion" presso i giovani e, secondo il prof. G. Lipsitz specializzato in storia africana-americana, l'"Islamic rap", emerso nei mesi recenti come una nuova voce socio-politica dalle strade dei ghetti neri, è il più potente canale di diffusione della fede e dei suoi contenuti. II.11 Il Father Divine's Cult Uno tra i più noti movimenti neri, il Father Divine's Cult era capace negli anni Venti e Trenta di scatenare una potentissima emotività di massa. I suoi seguaci erano tenuti all'osservanza di un rigido codice morale e di una stretta disciplina contestativa, infatti spesso avevano a che fare con la polizia. Nel 1919 George Baker, denominato "Father Divine", nel 1936 proclamato Dio dall'International Righteous Government, fondò il suo primo piccolo "regno"; poi, durante gli anni della Depressione, creò ad Harlem il regno della "Peace Mission", un'organizzazione i cui obiettivi principali erano la creazione di "un governo della pace universale, della giustizia per tutti, senza distinzione di razza, credo o condizione sociale", il cambiamento delle condizioni dei neri mediante la guarigione dalle loro deviazioni, la lotta contro il razzismo e il segregazionismo, la liberazione dal senso di inferiorità e il soddisfacimento dei bisogni materiali essenziali. Il regno del "Padre Divino" costituiva un microcosmo i cui membri rifiutavano lo spiritualismo e la trascendenza delle Chiese tradizionali che non avevano mai aiutato veramente i neri d'America. "Qui, sulla Terra, non ci serve la promessa di una casa tra le nuvole dove scorrono fiumi di latte e miele. Se Dio non si preoccupa di me qui ed ora mentre sono vivo, come posso sapere...che lo farà dopo che sono morto?..." [Giammanco 1993: 109]. Egli insegnava a ritornare sulla terra, alla vita reale, e ad abbandonare le promesse di una vita migliore dopo la morte; fu per questo suo rovesciamento della tradizionale religiosità della "torta in cielo" ("the-pie-in-the-sky"), che nel 1913 le autorità lo fecero arrestare; inizialmente volevano processarlo per "attività sediziose" (la sinistra imputazione di criminal anarchy o social anarchy), poi lo giudicarono infermo di mente. "Father Divine" fondò i suoi regni in varie città degli Stati Uniti, raggiungendo circa venti milioni di persone; tra i suoi seguaci c'erano bianchi e neri che, grazie alla forza della solidarietà di gruppo e della fede nell'autorità e nel "potere positivo" del loro leader, abolirono l'uso dell'alcool, della droga e del tabacco, organizzarono imprese cooperative e ignorarono ogni forma di pregiudizio razziale. II.12 Il Black Panther Party for Self-Defense43 (B.P.P.) "Credevamo di combattere politicamente il sistema, ma quando il sistema dispone di una capacità tale di manipolazione da spingere i suoi oppositori a combattersi e distruggersi tra loro, allora è chiaro che lo sconfitto è il popolo e il sistema è il vincitore". Mumia Abu-Jamal Non è Farrakhan l'erede di Malcolm X, né gli adepti della Nazione dell'Islam. I veri eredi del messaggio rivoluzionario di Malcolm X sono stati i membri del Black Panther Party for Self-Defense (il Partito della Pantera Nera per l'autodifesa), nuova sintesi del processo dialettico del movimento nero che aderiva allo slogan del Black Power e che fu considerato "la più grande minaccia alla sicurezza interna degli Stati Uniti". Il BPP nacque ufficialmente nel 1965 (poco prima dell'assassinio di Malcolm X) nel ghetto di Oakland in California per iniziativa di due fondatori, due giovani studenti e agitatori, Huey Percy Newton, "the crazy", 24 anni, principale teorico del partito e ministro della difesa, e Bobby Seale44, 30 anni, presidente del partito, i quali elaborarono un'ideologia che rispondeva ai bisogni concreti delle masse nere. Tra i primi ad entrare nelle fila del partito fu Leroy Eldridge Cleaver, 31 anni, ex black muslim e poi seguace di Malcolm X, nominato ministro delle informazioni. L'attività principale del partito era di garantire il diritto all'autodifesa della comunità nera (con ogni mezzo necessario) nei confronti della violenza razzista, delle brutalità, delle offese45, dei continui abusi e dei linciaggi legalizzati della polizia ("the pigs") che pattugliava il ghetto come un esercito di occupazione. A questo scopo "le pantere" avevano organizzato il patrolling, il pattugliamento della polizia: Newton e Seale perlustravano il ghetto in auto, armati non solo di fucili e pistole, ma anche di codice penale e di registratore, e controllavano il comportamento degli agenti, pronti ad intervenire di fronte a un caso di brutalità o di abuso di potere. Grazie ai suoi corsi di giurisprudenza all'università, Newton aveva imparato le leggi della California ed aveva una grande padronanza dei propri diritti, che in seguito sintetizzò a vantaggio di tutti nel "Piccolo manuale di pronto soccorso legale", dieci regole di comportamento da tenere davanti alla polizia, cui i membri del partito dovevano attenersi per non oltrepassare mai il limite della legalità. Anche le pattuglie armate esercitavano la loro funzione di controllo e di difesa, restando sempre all'interno della legalità e decisi a valersi fino in fondo delle garanzie costituzionali esistenti nel paese. L'aspetto più interessante di questa organizzazione è proprio che i suoi membri erano perfettamente informati sulle leggi e sui diritti civili dei cittadini americani. Il Black Panter Party muoveva dal riconoscimento dell'autonomia politica e culturale dei neri, e intendeva costituire un vero e proprio partito politico, che fosse l'avanguardia del movimento rivoluzionario negli Stati Uniti. I suoi leaders furono i primi ad affrontare il problema leninista dell'organizzazione di un partito rivoluzionario che svolgesse un ruolo egemone nei confronti dei vasti strati proletari, trascendendo gli interessi immediati della minoranza nera. Il documento fondamentale del BPP che racchiude la sua ideologia, "The Ten-Point Program", il "Programma in dieci punti", rivendicava il diritto all'autodeterminazione, di autodifesa e riconosceva i bisogni concreti del popolo nero e dell'azione organizzata necessaria per soddisfarli. Si intendeva elaborare una teoria rivoluzionaria che applicasse i principi del marxismo (Marx, Lenin, Mao Tse-Tung) e della tradizione rivoluzionaria nera (Marcus Garvey, Franz Fanon, Malcolm X) alla specificità della lotta nella società americana contemporanea. I punti fondamentali erano: * L'analisi del sistema americano, il ruolo imperialista degli Usa, l'oppressione dei popoli afro-asiatici e latino-americani e lo sfruttamento della "colonia interna" afro-americana. * L'analisi della struttura etnica e di classe della società americana, la critica al nazionalismo nero chiuso alle alleanze con altre organizzazioni, la lotta dell'imperialismo dall'interno. * La necessità della violenza rivoluzionaria e della lotta armata. * L'atteggiamento critico nei confronti della tradizione "democratica" americana e dei principi della Costituzione, la loro distorsione e inadeguatezza alla liberazione delle classi oppresse. Il BPP ha svolto una brillante analisi dell'imperialismo americano, e la sua ideologia rivoluzionaria costituisce una piattaforma comune ad altri gruppi della sinistra americana e a tutte le forze antimperialiste, che vivono all'interno della "Nuova Babilonia". Il partito svolse anche un lavoro socio-politico di comunità: assistenza sanitaria gratuita, la formazione di scuole di liberazione, le campagne per il controllo della polizia. L'attività del BPP rappresentò un grande salto di qualità per lo sviluppo del movimento e per questo suo ruolo sovversivo fu sottoposto ad una repressione. Aumentò il controllo della polizia e iniziò una repressione sistematica e spietata per distruggere l'organizzazione del partito e una persecuzione senza tregua dei suoi leaders: i suoi membri venivano provocati, arrestati, uccisi (solo in un anno e mezzo venti membri furono uccisi dalla polizia). Lo scopo era quello di paralizzare il partito, costretto a concentrare tutte le sue risorse umane e finanziarie nella lotta per la sopravvivenza. Anche se talvolta tutto ciò consentì un uso politico e propagandistico dei processi e allontanarono molti Afro-Americani moderati dal loro profondo rispetto e fiducia per le istituzioni. Ma oltre agli attacchi diretti, la repressione si esplicò anche attraverso la costruzione di capi di imputazione per cospirazione e attentati dinamitardi, oppure servendosi del sistema delle infiltrazioni nelle fila del partito, o alimentando le ostilità con altre organizzazioni nere (il consueto "Divide et Impera"). In tribunale si verificarono alcuni episodi di resistenza... Quando Newton venne arrestato, accusato di aver ucciso un poliziotto, iniziò il movimento per la sua liberazione ("Free Huey"), finché nel 1970 la Corte d'Appello della California lo prosciolse. Nel 1967-68 iniziò la politica delle alleanze su due fronti: con i radicali bianchi del partito indipendente Peace and Freedom Party e con gruppi neri e con organizzazioni di altre minoranze etniche, tra cui Messicani e Portoricani. Nel 1968 il BPP si fuse con lo SNCC di Stokely Carmichael46, l'inventore della slogan "Black Power", Rap Brown e James Forman. Nel 1969 la Conferenza di Oakland promosse la costituzione di un "fronte unito contro il fascismo", un'alleanza tra il movimento di liberazione della "colonia nera" e gli elementi radicali bianchi. Cleaver venne presentato come candidato alla presidenza degli Stati Uniti. Ma più tardi fu costretto a scegliere l'esilio ed emigrare ad Algeri, dove organizzò una sezione internazionale del partito. Seale venne sottoposto a due processi. Un altro processo importante è quello di George Jackson47, Fleeta Drumgo e John Cluchette, i "Soledad Brothers", tre neri rinchiusi nel carcere di Soledad accusati dell'assassinio di una guardia carceraria e condannati alla sedia elettrica. Le lettere dal carcere48 di George Jackson sono tra le testimonianze più significative del movimento nero. Un altro arresto famoso fu quello di Angela Davis49, un mito, una intellettuale militante iscritta al partito comunista americano che, secondo Martinelli, era di orientamento nettamente revisionista. [cfr. Martinelli e Cavalli, 1971: 42] Tutti questi processi mostrano l'ampiezza del disegno repressivo. Mumia Abu-Jamal50, che a quindici anni, nel 1959, fondò la sezione delle Pantere Nere di Philadelphia e negli anni Settanta fu uno dei più celebri giornalisti radiofonici, è da tredici anni, dal 1981, nel braccio della morte, condannato alla sedia elettrica, con l'accusa di aver ucciso un poliziotto bianco. Mumia, che si dichiara innocente, dalla prigione ha continuato a lottare per le minoranze e per lui si sono mobilitati gli intellettuali americani e di tutto il mondo. CAPITOLO III MALCOLM X LEADER DELL'ISTANZA SEPARATISTA LA NAZIONE DELL'ISLAM51 52 "Dì: o miscredenti, io non adoro ciò che voi adorate, e voi non adorate ciò che io adoro. Né io servo ciò cui voi servite né voi servite ciò cui io servo. Voi abbiatevi la vostra religione, io la mia" Holy Qur'an, "Surat CIX. Al-Kafirun ("Sura dei miscredenti") [Il Corano 1996: CIX]. PARTE I III.1. Infanzia e adolescenza. Malcolm Little, nato a Omaha (Nebraska) il 19 Maggio 1925 e assassinato ad Harlem, New York city, il 21 Febbraio 1965 a soli trentanove anni, da piccolo criminale del ghetto divenne un leader carismatico di fama internazionale, un uomo politico geniale, l'Afro-Americano più amato e più temuto di tutti gli Stati Uniti. Sua madre Louise, un'immigrata antilliana, e suo padre Earl Little, pastore itinerante della Chiesa Battista, erano membri dell'UNIA e seguaci di Marcus Garvey. Quando Malcolm aveva solo quattro anni, la casa in cui viveva fu bruciata dai membri incappucciati della Legione Nera53, gli stessi che due anni dopo linciarono il padre, colpevole di aver predicato il "Ritorno in Africa" dal pulpito di una chiesa battista (molti anni più tardi Malcolm continuò la battaglia del padre e per questo anche lui fu ucciso). Durante gli anni più duri della Grande Depressione, la sua famiglia, che aveva sofferto la fame e la povertà, fu divisa dai funzionari degli enti assistenziali; i fratelli e le sorelle furono separati e affidati ad altre famiglie e la madre fu rinchiusa in un ospedale psichiatrico. Malcolm visse tra collegi, istituti statali e case di correzione, continuando la scuola54 e facendo i lavori più umili, i soli che fossero concessi ad un "nigger"55. III.2. La mentalità del trafficante Trasferitosi a Boston da una sua sorella, Malcolm scivolò nella vita squallida e degradata dei bassifondi, affascinato dai gangsters che dettavano legge nel ghetto56 nero di Roxbury e dagli altri loschi personaggi che lo popolavano e convinto che essere uno di loro fosse per un nero l'unico modo di ottenere rispettabilità57. Arrivato nella mitica Harlem, dov'era conosciuto con il soprannome di "Detroit Red", fu coinvolto in ogni tipo di traffico illegale58 della malavita: lotteria clandestina e gioco d'azzardo, vendita di stupefacenti, sfruttamento delle prostitute, violenza e furto, fino a quando, nel 1945, appena ventunenne, organizzò una banda di svaligiatori, fu arrestato per furto con scasso e condannato a dieci anni di carcere. Di solito la condanna per un reato come quello commesso da Malcolm non superava due anni di reclusione, ma egli fu condannato a dieci anni a causa della complicità con Sofia, la sua amante, una donna sposata, borghese, ma, cosa ancor più grave, bianca. Ateo, cinico, arrogante, corrotto e aggressivo, l'unica legge che Malcolm rispettava era il "codice della giungla", la legge della sopraffazione secondo cui il più forte sopravvive opprimendo il più debole. "Quando si diventa animali, avvoltoi com'ero diventato io nel ghetto, si entra nel mondo degli animali e degli avvoltoi in cui vale soltanto la legge della sopravvivenza..." [Malcolm 1992: 128]. Il trafficante del ghetto non ha nessuna inibizione psicologica, non ha religione, non ha nessun concetto morale, nessun senso di responsabilità civile, nessuna paura. Per sopravvivere egli è sempre in agguato, pronto a sbranare il prossimo, pronto a speculare su qualsiasi debolezza umana, sempre frustrato e inquieto. La regola è che, come succede nella foresta, la scelta è tra: essere predatore o essere preda. Bisogna aggredire gli altri prima che quelli aggrediscano te, non ci si può mai fidare di nessuno, ma stare sempre all'erta, perché se ci si abbandona per un solo momento i lupi affamati ti sbranano. Malcolm era convinto che gli istinti che aveva sviluppato sulla strada, le astuzie del trafficante, il senso criminale del lupo e il coraggio, fossero le uniche risorse necessarie per vivere; la morte non gli faceva paura, solo tre cose lo spaventavano: il lavoro, la prigione e l'esercito. "Ero caduto toccando il fondo della società dell'americano bianco quando in prigione trovai Allah e la religione dell'Islam che trasformarono completamente la mia vita" [Malcolm X 1992: 185]. III.3 Conversione all'Islam "Non si nasce una volta sola" Erick Fromm "Lo stupefacente non sarebbe tanto che Dio esistesse davvero: (ma sarebbe) ... che un tale pensiero...sia potuto nascere nel cervello di un selvaggio, di un malvagio animale com'è l'uomo." Fedor Michailovic Dostoevskij Nella prigione di Norfolk, il più illuminato sistema di detenzione di tutti gli Stati Uniti, Malcolm cominciò ad istruirsi e ad imparare l'arte oratoria (ereditata dal padre). Passò in quella biblioteca, ricchissima di libri di storia e di storia delle religioni, tutto il tempo disponibile, fino a diventare il più rispettato protagonista dei dibattiti che venivano organizzati tra i detenuti della regione. Spinto dai suoi fratelli e dalle sue sorelle, Malcolm, che all'inizio della prigionia era stato soprannominato "Satan" a causa del suo atteggiamento antireligioso, si convertì all'Islam, "the natural religion for the black men" ("la religione naturale dei neri"), praticata in America da una setta semisconosciuta chiamata "Lost-Found Nation of Islam" (NOI). Fu una genuina e sincera conversione che determinò la sua rinascita spirituale e da quel momento trasformò radicalmente la sua vita. Secondo Louis E. Lomax "Not only was he knocked to the ground by the bright light of truth while on an evil journey, but he also rose from the dust stunned, with a new name and a burning zeal to travel in the opposite direction and carry America's 20 million Negroes with him" [Clarke 1993: xvii]. III.4. L'organizzazione e le regole della Nation of Islam La Nation of Islam, piccolo contro-stato nello stato, il cui capo spirituale era "Il Molto Onorevole" Elijah Muhammad, era una setta pseudoislamica che venerava Allah, ma che poco aveva a che fare con la religione musulmana ortodossa. Essa disponeva di un apparato organizzativo che comportava la fedeltà e l'obbedienza assoluta dei membri. I "Black Muslim"59, oltre ad essere un gruppo religioso, costituivano anche un movimento che offriva rifugio e speranza ai suoi adepti, incoraggiava alla ricostruzione di dell'identità afro-americana, di una morale, della solidarietà e della fratellanza. L'aspetto positivo della Nation of Islam era il suo obiettivo pratico più urgente: elevare le condizioni fisiche, morali, sociali e politiche degli Afro-Americani: essi avrebbero dovuto abbandonare la vita sregolata ed immorale che conducevano e obbedire ad una rigida e ferrea disciplina. A questo scopo venivano usati mezzi discutibili e si era costretti a rispettare molte regole: erano proibiti i rapporti sessuali illeciti, il consumo della carne dell' "immondo suino"60 e di altri cibi considerati malsani, del tabacco, dell'alcool e degli stupefacenti. Nessun muslim (in arabo significa "musulmano") poteva andare a ballare, al cinema, a giocare d'azzardo, non poteva uscire la sera nè con le donne nè con i bianchi; litigli in famiglia, scortesie e menzogne non erano permesse. Per riconquistare dignità bisognava essere orgogliosi di essere neri ("Black is beautiful", come insegnava Marcus Garvey), quindi erano vietate tutte quelle pratiche che mutilavano e distorcevano i corpi dei neri nel tentativo di sembrare belli secondo i criteri stabiliti dai bianchi, ma che in realtà li rendevano ridicoli61. Era vietata la stiratura permanente, usata per ottenere i capelli lisci come quelli dei bianchi (di gran moda e usata anche da Malcolm), simbolo di ignoranza, di autodegradazione e della vergogna di essere neri. Tutte queste leggi morali venivano fatte rispettare dal "Frutto dell'lslam", un corpo paramilitare di Muslim scelti capaci, fedeli e ben addestrati nelle arti marziali. Le disubbidienze venivano duramente punite con diversi tipi di sanzione: punizioni fisiche, sospensioni, isolamenti temporanei e nei casi di trasgressione più gravi, come per 1'insubordinazione al capo spirituale, era prevista l'espulsione definitiva dall'organizzazione o addirittura la condanna a morte dei "traditori" (come fu Malcolm). Secondo Gambino il "Frutto dell'Islam" non venne mai inquisito dalla giustizia statunitense perché aveva una funzione di mantenere l'ordine e la disciplina interna di una setta politicamente conservatrice e statica [cfr. Gambino 1993: 17]. III.5 Pastore del Tempio numero 7 di New York city "Sorgi e predica" Corano "Non abbiamo noi dilatato a te il petto alla fede, E tolto da te il peso dell'errore che aggravava il tuo dorso, E esaltato per te la tua reputazione? Però, in verità, assieme colla difficoltà è la facilità. E quando tu sei libero, adoprati a servire Dio E supplica il tuo Signore" [Corano: surat XII]. Nel 1952, scontati sette anni di prigione, Malcolm ottenne la libertà con la condizionale e si trasferì a Detroit, dove venne assunto come operaio alla Ford e contemporaneamente iniziò a lavorare per la Nation of Islam, "andando a pesca" di proseliti nei bar, nelle sale da biliardo, agli angoli delle strade del ghetto, dove quei neri poveri, ignoranti e dalla mente ottenebrata, che Malcolm conosceva tanto bene per essere stato uno di loro, bevevano, bestemmiavano, si azzuffavano, si imbottivano di stupefacenti e facevano tutte quelle cose che "contribuiscono a mantenere il negro [sic] sotto il tallone del bianco" [Malcolm X 1992: 235]. Come tutti i Muslim, anche Malcolm cambiò il suo cognome Little (che apparteneva al padrone di schiavi Little e che fu imposto ai suoi antenati paterni) con la lettera incognita "X", simbolo del nome africano originario che nessun nero d'America ha mai saputo. Da allora fu conosciuto con il popolarissimo nome di "Malcolm X". La "X" veniva poi sostituita con un più adeguato nome di origine africano. Durante il pellegrinaggio alla Mecca Malcolm fu chiamato EI-Hajj Malik El-Shabazz62. Devoto e convinto adepto, nel 1954 Malcolm fu nominato "Pastore del Tempio numero sette di New York city" e tornò ad Harlem. In pochi anni, grazie ai suoi successi e alla sua abilità di organizzatore e di oratore, fondò nuove moschee in tutte le principali città del nord degli Stati Uniti e da setta semisconosciuta, la Nation of lslam, si trasformò in un'organizzazione di massa a livello nazionale. Malcolm X diventò velocemente un personaggio popolarissimo, il portavoce più importante e più famoso di Elijah Muhammad, uno degli oratori più stimati e richiesti dalle università americane, sempre al centro dell'interesse dei mass-media, criminalizzato dalla stampa come "il seminatore di odio e di violenza", un fanatico, un "razzista alla rovescia" e invidiato da molti membri della setta che lui stesso aveva per la maggior parte contribuito ad ingrandire e potenziare. Nel 1958 si sposò con la sorella musulmana Betty X con la quale ebbe quattro figlie. Malcolm prestò all'organizzazione un'opera assidua e senza riposo, fino al 1964, anno della rottura con Elijah Muhammad. III.6 La rottura63 Il 1963 fu un anno di grandi agitazioni e rivolte e del risveglio della lotta nera; fu l'anno in cui la protesta passò dal Sud ai ghetti urbani delle città del Nord degli Stati Uniti. Era il preludio di una rivoluzione. Ma in questo fermento rivoluziorario si resero evidenti gli aspetti negativi e i limiti della setta basata sul culto del capo a cui ci si doveva sottomettere senza alcuna riserva, un'organizzazione nazionalistica e dogmatica, racchiusa in se stessa, all'interno del sistema capitalistico statunitense, politicamente conservatrice e statica. La Nation of Islam non passava dalla propaganda all'azione, rimaneva ai margini della lotta, isolandosi non solo dai bianchi, ma anche dai neri militanti. Elijah Muhammad impose ai suoi ministri l'astensionismo dagli affari della politica locale che non li riguardavano e impedì ai suoi discepoli di prender parte al movimento. Questa politica di non intervento si spiega considerando che il suo obiettivo politico mirava esclusivamente alla separazione dall'America bianca e la sua strategia non prevedeva di rivoluzionare il sistema americano. Malcolm però aveva maturato idee diverse: secondo lui, aspettando il giorno del distacco, si poteve far qualcosa per tentare di eliminare le ingiustizie e la corruzione del sistema americano. Nonostante queste insofferenze, egli tentò per molto tempo di soffocarle perché voleva assolutamente evitare la rottura con Elijah Muhammad, colui che riveriva come maestro, padre spirituale e padre, colui che lo aveva trovato nella melma, lo aveva tirato fuori e ripulito e ne aveva fatto un grande uomo. Ma fin dall'inizio degli anni Sessanta, Malcolm era sempre più teso nei confronti delle sue scelte politiche e si sentiva sempre più costretto dal suo rifiuto a farsi coinvolgere nelle lotte di quel periodo. L'occasione della rottura fu il commento di Malcolm in seguito all'assassinio del presidente John F. Kennedy; disse che lo considerava come un caso di "chickens coming home to roost" e poi aggiunse "being an old farm boy myself, chikens coming home to roost never did make me sad, they've always made me glad."64 Malcolm alludeva alla violenza strutturata nel sistema che non esita, quando è necessario, a sbarazzarsi dei suoi stessi capi. Questa dichiarazione gli valse una sospensione di novanta giorni dalla Nazione dell'Islam e il silenzio stampa. La sospensione però non fu mai revocata. Questa punizione fu solo un pretesto per zittire e allontanare Malcolm dalla Nation of Islam; il vero motivo era il disaccordo che era nato fra i due su come si doveva condurre la lotta. Inoltre Malcolm aveva scoperto che "Il Molto Onorevole Elijah Muhammad" non era poi così onorevole: era un uomo corrotto ed ipocrita, che non praticava ciò che predicava, colpevole non solo di fornicazione e di abuso sessuale di alcune giovani donne che lavoravano nella setta, ma anche di abuso di potere e autorità. "A man is just a man". L'8 Marzo del 1964 Malcolm abbandonò la setta che non rispondeva più alle istanze del popolo nero. Nel 1964 Malcolm partì per l'"Al-Hagg", il pellegrinaggio alla città santa della Mecca, "Sacra Casa di Dio", quarto pilastro fondamentale (ibàdah) dell'Islam. PARTE II III.7 - La religione come fonte di identità III.7.1 La soluzione dei problemi dei neri d'America: l'Islam "Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione ... il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me ... e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza." Immanuel Kant Il principale obiettivo della Nazione dell'Islam era quello di elevare le condizioni morali, fisiche, sociali e politiche degli Afro-Americani. Secondo la prospettiva di Elijah Muhammad, a questo scopo era innanzitutto necessario che essi trasformassero sostanzialmente e radicalmente il loro modo di vivere e di pensare, prendessero coscienza delle proprie condizioni, si ripulissero dalla miseria di cui erano ricoperti, abbandonassero la vita squallida e immorale che conducevano, allontanandosi da quel mondo senza regole che è il ghetto, e cominciassero ad amare loro stessi, dimostrando le proprie capacità. Solo allora avrebbero potuto cominciare a vivere in modo degno di un essere umano. Ma quale forza ignota sarebbe riuscita a strapparli alle loro abitudini corrotte e a spingerli a reagire, trasformandoli da soggetti sottomessi e passivi in impavidi guerrieri? Solo un'ideologia forte in cui credere, a cui aderire, capace di risvegliare la loro rabbia dal secolare torpore, di ridestare l'antico spirito battagliero e l'odio, odio per ciò che era stato fatto ai loro antenati, avrebbe avuto questa capacità. L'Islam era la risposta al problema dei neri. "Sei un negro perché non sai chi sei ... non sai dove sei e non sai come sei arrivato qui. Ma appena ti svegli e trovi una risposta positiva a tutte queste domande, smetti di essere un negro. Diventi qualcuno" [Valvola, Gomma, Woman 1993: 13]. All'origine di tutti i problemi degli Afro-Americaniera la perdita della vera identità africana e l'acquisizione di un'identità falsa e artificiale, basata sull'identificazione con la società e la cultura anglosassone che li estraniava e li escludeva. Attraverso l'appartenenza e l'identificazione con un gruppo religioso, la Nation of lslam offriva una vera identità; l'identità musulmana ricuciva il loro passato dimenticato, sintetizzando in sè tutta la storia afro-americana e ripercorrendone le esperienze dalle originarie radici in Africa all'attuale condizione negli Stati Uniti, passando attraverso gli anni della schiavitù. L'Islam, religione esclusiva e antagonistica, con la riscoperta della loro cultura originaria avrebbe reso i neri indipendenti spiritualmente dai bianchi. Con l'Islam nel cuore si sarebbe combattuta una nuova gihad, una nuova guerra santa contro la società americana per il riscatto del popolo nero. La Nation of Islam proponeva una soluzione che si articolava in due momenti maieutici: una pars destruens: distruggere l'identità falsa dei neri attraverso l'odio (sfruttando il principio secondo cui l'antagonismo e il conflitto con una gruppo nemico, aumenta il senso di appartenenza, di solidarietà, di coesione, e soprattutto aumenta l'identificazione con il proprio gruppo) e una pars construens: si intendeva costruire, nel vuoto formatosi, un'identità autentica attraverso l'identificazione con l'Islam, "la religione naturale dei negri", secondo alcuni "ultima ideologia", una religione che nutre una sufficiente carica di odio verso gli ingiusti e gli oppressori, era la risposta ai loro problemi. III.7.2 Il concetto di identità "Identità", dal latino idem, che significa "proprio quello stesso", si definisce come il senso dell'Io, la riflessione su di sè, la qualificazione di una persona per cui essa è tale e non è altra. Avere un' identità significa avere coscienza di sè in quanto individuo stabile nel tempo e differenziato dagli altri, la consapevolezza delle proprie radici, della propria storia e del proprio ruolo all'interno della società. Il Nuovo Dizionario di Sociologia definisce l'identità65 come: "L'aspetto centrale della "coscienza di sè", come rappresentazione e consapevolezza della specificità del proprio essere individuale e sociale. L'identità è l'appropriazione e la definizione, da parte del soggetto, delle caratteristiche specifiche della propria personalità e della collocazione del sè in rapporto agli altri nell'ambiente sociale...(In base ad essa) l'individuo...si sente...riconosciuto come tale dagli altri...Il concetto di identità (ha) assunto un ruolo di mediazione tra individuo e società. (Esso) non si pone dunque a livello individuale o a livello sociale come autonomi e distinti, bensi nell'ambito del rapporto Io-mondo sociale; esiste infatti una stretta relazione tra l'identità come elemento individuale...e...come elemento intersoggettivo, condiviso cioè da più soggetti" [Demarchi, Ellena e Cattarinuzzi 1987: 970/975]. Secondo C.H. Cooley e G.H. Mead, l'identità è un prodotto sociale, che si costruisce attraverso l'interazione di una persona con gli altri e scaturisce dal senso di appartenenza ad un gruppo. Secondo Luciano Gallino l'identità e l'identificazione sono processi che si implicano a vicenda: "Non si dà identità nè soggettiva nè oggettiva senza il riferimento a qualche forma di identificazione, nè esiste identificazione che sia scindibile da un'identità" [Gallino 1982: 145]. Quindi, secondo questa prospettiva, l'identificazione con un gruppo religioso, che sarebbe diventato il punto di riferimento per gente sbandata, era uno dei modi possibili per acquisire un'identità.66 Secondo George Breitman, gli insegnamenti di Elijah Muhammad, anche quelli più fantastici, si adattavano perfettamente ad aiutare i neri in America e per Stone l'assurdità di quella mitologia non toglieva nulla alla funzione terapeutica dal punto di vista psicologico nei confronti dei credenti. III.7.3 Conseguenze della perdita d'identità "Non sai neanche chi sei, non sai neanche, poiché i diavoli bianchi te lo hanno nascosto, che appartieni a un razza che dette vita ad antiche civiltà ricche di oro e di re. Non conosci neanche il vero nome della tua famiglia e non sapresti riconoscere, se ti capitasse di sentirla, la tua vera lingua. Il diavolo bianco ti ha impedito ogni vera conoscenza dei tuoi simili..." [Malcolm X 1992: 197]. La separazione forzata dalla cultura africana, la schiavitù, la segregazione, la discriminazione, l'ignoranza e la povertà avevano distrutto il senso di identità e di autostima dei neri d'America, gli avevano fatto perdere la dignità, l'orgoglio e il rispetto di loro stessi. Durante quattrocento anni di schiavitù, i padroni gli avevano fatto credere che il "povero negro", "essere meno che umano", meritava la sua condizione a causa della sua natura innata di essere inferiore; egli sarebbe stato più felice se non fosse stato incoraggiato a cercare l'impossibile. Con il passare del tempo lo spirito dei neri fu completamente spezzato e molti Afro-Americani giunsero a perdere fede in se stessi e a credere quello che gli veniva insegnato fin da piccoli: "meno di esseri umani". La conseguenza fu che essi cominciarono a comportarsi come ci si aspettava da loro, secondo i tipici stereotipi67 con cui i neri venivano immaginati e rappresentati dai bianchi: pigri, irresponsabili, inaffidabili, irrazionali, indolenti, alcolizzati, drogati, infantili, privi di iniziativa, ecc. La riconquista dell'identità di Afro-Americani era di fondamentale importanza, perché la loro falsa identità di cosiddetti "negri" era l'arma usata dai bianchi per mantenerli in stato di soggezione, come burattini incapaci di pensare a sè autonomamente e nel proprio interesse. Infatti, la conseguenza della perdita dell'identità per un individuo (o un gruppo) è che, non sapendo chi è e che cosa vuole, egli sia come un corpo senza testa, pronto ad agire come strumento di qualcun altro; il vuoto che si crea per la mancanza di identità, infatti, tende per un bisogno umano, a riempirsi di qualsiasi altra falsa identità. III.7.4. La controversia sull'autodefinizione Dalla fine dell'ottocento si è sviluppata una controversia su quale fosse il termine più corretto per definire la popolazione di origine africana. E per la prima volta i neri hanno affrontato la questione rifiutando le definizioni attribuite loro dai bianchi. "Negro" è il termine stigma della schiavitù, da cui il dispregiativo "Nigger". Malcolm X fece notare come "negro" avesse la stessa pronuncia di "Knee-Grown", che in inglese significa "cresciuto in ginocchio"; fece notare anche che le loro pelli non erano affatto nere, ma di mille sfumature del marrone. "L'imbroglio più grande viene messo in atto quando ci chiamano negro ... Non siamo "negroes", non lo siamo mai stati finché non ci hanno portato qui e resi tali ... (Chiamandoci così) ci impediscono di sapere effettivamente chi siamo ... Finché usate la parola "negro" per darvi un'identità, non potete vantare dei diritti su nessuna forma di cultura ... poiché non esiste una "lingua negra" ... non esiste una "patria negra", non esiste una "cultura negra" ... Chiamandovi "negri" non vi fanno esistere...Anticamente potevamo essere identificati dai nomi che avevamo prima di venire qui ..." [Breitman 1992: 79/81]. Dopo l'abolizione della schiavitù divenne frequente l'uso del termine "black". Ma alla fine dell'ottocento predominava l'espressione apparentemente più neutra "colored", che, secondo il principio "separate but equal", segnalava i luoghi dove i nerierano ammessi. I membri della Nation of Islam usavano l'espressione "cosiddetti negri", "the so-called negros". Marcus Garvey insegnava invece ad usare il termine "Negro" (sempre con la lettera maiuscola) con un nuovo "orgoglio di razza". "Afro-American", che prendeva in considerazione la combinazione delle due culture dei neri, quella africana e quella americana, fu il termine con cui tutti, integrazionisti e nazionalisti, si autodefinirono durante gli anni Sessanta. Ma mentre per Martin Luther King "Afro-Americano" descriveva meglio di tutti gli altri termini la difficoltà storica e culturale che i neri incontravano nel processo di integrazione nel "crogiolo americano", per Malcolm X aveva un significato politico, antagonista: egli intendeva riscoprire la storia passata e presente del popolo nero, sottolineare le origini africane; non per integrarsi nel sistema americano ma per rivoluzionarlo. "(Il) termine "negro" viene erroneamente usato ed è degradante agli occhi delle persone di eredità africana informate e dotate di rispetto per se stesse. Denota tratti del carattere stereotipi e svilenti e classifica un intero segmento dell'umanità sulla base di false informazioni. Da qualsiasi punto di vista intelligente, è un simbolo della schiavitù e aiuta a prolungare e perpetuare l'oppressione e la discriminazione. ... Tutti gli Afro-Americani e gli Africani intelligenti e informati continuano a respingere il suo uso tanto nella forma di nome che in quella di aggettivo vero e proprio. Il suo uso sarà considerato oscurantista, degno di biasimo o deliberatamente offensivo sia nei discorsi che nei testi scritti. Noi accettiamo l'uso di "afro-americano", africano e uomo nero, in riferimento a persone di eredità africana. Nei confronti di tutte le altre parti del genere umano viene esercitata questa forma di giusto rispetto. Non desideriamo di più e non accetteremo di meno" [Breitman 1992: 51/55]68. Negli anni Settanta "black" aveva completamente sostituito "negro" nei libri di testo, nel linguaggio dei media e nella saggistica. Nel 1989 il reverendo Jessie Jackson propose il termine "African-American", dando più importanza alla componente culturale africana rispetto a quella americana. James Brown e Maulan Ron Karenga, che facevano parte della corrente del nazionalismo culturale, lanciarono lo slogan "Black is beautiful", segnando la definitiva condanna del termine "negro". Roberto Giammanco ha chiarito il criterio puramente storico secondo cui usa i termini "negro", "nero" ecc. In questo lavoro anche io utilizzo diverse espressioni riferendomi agli Afro-Americani a seconda del contesto e delle citazioni, ma personalmente preferisco "Africano-Americano", "Afro-Americano" o nero" ("Black"), rispettando la sensibilità e le preferenze degli interessati: i neri. Vorrei far notare che la traduzione in italiano della maggior parte dei testi che ho consultato non rispettano affatto la lingua originale, l'inglese, e continuano a usare il termine "negro", nonostante il suo accento sprezzante [cfr. Valvola, Gomma, Woman 1993: 13]. III.7.5 Perché proprio l'Islam69 "Non pace sovra ogni cosa, ma guerra" Nietzsche L'apparizione dell'Islam era qualcosa di nuovo per l'America: nella complessa e variegata tradizione religiosa nera e bianca degli Stati Uniti non ve n'era traccia. Nel 1913 Noble Drew Ali, fondatore del movimento social-religioso dei Moors (i Mori), utilizzò per la prima volta in America un'ideologia islamica [cfr. Lanternari, 1967: 244/257] Se improvvisamente l'Islam, che non era la religione dei padri, apparve e fece proseliti nella comunità afro-americana fu perché i suoi princìpi fondamentali rispondevano alle loro istanze più urgenti in quel particolare momento storico. Meglio delle altre la via dell'Islam si adattava alla situazione degli Afro-Americani. E' questo il senso in cui va intesa la loro conversione. 1. Religione esclusiva e antagonistica, l'Islam rendeva i neri spiritualmente indipendenti dai bianchi. 2. Religione antiborghese70 e rivoluzionaria, il suo scopo era di rendere migliore la struttura religiosa, sociale, economica e politica degli Stati Uniti d'America. 3. L'Islam, una delle religioni più diffuse nel continente africano e nei paesi del terzo mondo, riunificava gli Afro-Americani con i loro fratelli in Africa, Asia, e America Latina in nome di una comune esigenza di liberazione dalla stessa oppressione imperialistica. L'Islam, per la sua vocazione universalistica, era la religione della fratellanza fra oppressi che internazionalizzava la loro lotta. 4. L'Islam incoraggia i suoi fedeli alla lotta anzichè alla sottomissione: "Nel nostro libro, il Corano, non c'è nessun insegnamento a soffrire pacificamente. La nostra religione ci insegna ad essere intelligenti. Siate pacifici, gentili, obbedite alle leggi, rispettate chiunque, ma se qualcuno leva la mano contro di voi, mandatelo al cimitero...occhio per occhio, dente per dente, testa per testa, vita per vita..." [Giammanco 1994: 133]. Maometto era l'esempio da imitare: egli aveva scelto di affermarsi con mezzi umani, ricorrendo alla violenza se necessario, mentre Gesù Cristo, che aveva scelto di morire come uomo, di sacrificarsi e di soffrire, era l'esempio da abbandonare. Con l'Islam nel cuore essi avrebbero combattuto una jihad71, una guerra santa contro la società americana per il riscatto del popolo nero. Nella confusione dovuta alla perdita dell'identità, l'Islam non era solo un rifugio ma un grido di battaglia. 5. L'Islam è la religione della vera fratellanza, della giustizia sociale, della solidarietà tra i fedeli, dell'uguaglianza e della parità umana al di là delle differenze di nazionalità, colore della pelle e cultura72. "Il fondamento del sistema sociale islamico riposa sul principio della parità degli esseri umani e...della loro fratellanza ... L'Islam ... non cerca affatto di cancellarle [le differenze], ma afferma il vantaggio che esse presentano ... I pregiudizi ... [basati] sulla razza biologica, sul colore della pelle, sulla lingua, sulla nazionalità ecc. sono disapprovati dall'Islam. L'Islam considera manifestazioni di pura ignoranza le distinzioni di ceti alti e bassi, di classi inferiori o superiori, di autoctoni e stranieri. Esso annuncia a tutti gli uomini del mondo che essi discendono dagli stessi progenitori e che perciò sono fratelli e hanno pari dignità in quanto esseri umani ... Se vi è una reale differenza tra uomo e uomo, essa non può essere una differenza biologica, epidermica, geografica e lingiustica, ma una differenza di idee, di fedi, di principi ... Chiunque ... può integrarsi in questa comunità, risieda egli in America o in Africa ... abbia la pelle chiara o scura ... Non saranno soggetti a discriminazioni razziali, nazionali o di classe di alcun genere. L'Islam può espandersi in tutto il mondo e sulle sue fondamenta può elevarsi l'edificio della fraternità universale ... [anche con i non musulmani] ciò comunque non implica che cessino di essere fratelli" [Maududi: 67/70]. La Sciari'ah, la legge islamica, ha sempre dichiarato ingiusta la discriminazione degli uomini per il colore della pelle. Un hadit di Maometto ci tramanda queste parole: "Un Arabo non è superiore ad uno straniero, né un bianco ad un negro: la bontà e la fede rendono gli uomini superiori ad altri uomini" [Gabriele Mandel Sugana 1967: 49]. Nel Corano è scritto: "Noi abbiamo creato tutti i figli di Adamo degni e rispettabili...e abbiamo fatto di voi nazioni e tribù perché possiate conoscervi a vicenda. In verità, il più nobile di voi agli occhi di Allah è colui che è più pio..." [Maududi: 132]. "...E si formi da voi una nazione di uomini che invitano al bene, che promuovono la giustizia e impediscono l'ingiustizia" [Qur'an III, 104]; "i credenti e le credenti son l'un l'altro amici e fratelli: fra loro e fra i partiti mettete pace, e vi sia equità e giustizia ..." [Qur'an XLIX, 9-10]. "Nessuna costrizione nella religione...E' meglio la giustizia senza religione, piuttosto che la tirannia di un principe devoto...La pietà non consiste nel volgere la faccia verso l'oriente o l'occidente, la vera pietà è quella di chi crede in Dio...e dà dei suoi averi...agli orfani e ai poveri ed ai viandanti e ai mendicanti e per riscattare gli schiavi ... (Qur'an II, 177)" [Sugana 1962: 49]. Secondo l'islamista Tofic Fahd il significato essenziale dell'opera di Maometto fu la riforma morale e sociale del popolo arabo [cfr. Puech 1986: 45-46]; l'Islam era quindi la religione adatta a risollevare le condizioni degli Afro-Americani, ad allontanarli dal "vitello d'oro" e da tutti gli idoli della società americana e a ritrovare la loro vera identità. La concezione della religione come strumento di emancipazione è in contraddizione con la critica materialistica che Marx muoveva alla religione, "l'oppio dei popoli", la sovrastruttura che riflette e mantiene uno stato di dominio. Ma l'eredità marxista ha svolto anche una diversa analisi della religione: Ernst Bloch ha affermato ad esempio che in Marx è presente anche un'idea della religione come protesta contro la condizione di alienazione dell'esistenza. Egli ha inoltre distinto la fase "eretica" e sovversiva del Cristianesino da quella "teocratica" che distrugge l'apertura verso il nuovo. "Antonio Gramsci ha fornito le prime direttive per un approccio diverso, da parte del materialismo storico, ad una comprensione sociologica della religione" [Beckford 1991: 152]. Egli pensava che fosse possibile coltivare una forma non ecclesistica di religiosità, priva delle contaminazioni ideologiche degli interessi della classe dominante, che costituisse una forza di liberazione, da utilizzare per la formazione di una coscienza di classe rivoluzionaria. In questo modo, egli si distaccava dalla concezione meccanicistica e deterministica del rapporto tra struttura e sovrastruttura, e pensava che sarebbe stato possibile "esercitare un controllo sulla coscienza con strumenti culturali...pre-condizione essenziale all'esercizio del potere politico" [ibidem: 152/157]. Mentre la religione musulmana svolgeva per i neri una funzione rivoluzionaria e liberatrice, fonte di entusiasmo, di speranza e di utopia, al contrario, il cristianesimo, aveva sempre svolto un ruolo di conservazione dell'esistente73, mezzo di controllo sociale, efficientissimo instrumentum regni, funzionale alla legittimazione e al mantenimento del potere e del predominio dei bianchi sui neri. Come aveva scritto C. Eric Lincoln nella sua tesi di dottorato sulla Nation of Islam: "La religione cristiana è incompatibile con le aspirazioni dei negri americani alla dignità e all'eguaglianza. Essa ha rappresentato un ostacolo invece che un aiuto...Ha accettato che tra i suoi fedeli si praticasse la discriminazione in base al colore della pelle, sebbene avesse dichiarato che la sua missione era quella di stabilire una fratellanza universale sotto Gesù Cristo. L'amore cristiano è l'amore dell'uomo bianco per se stesso e per la sua razza. Per chi non è bianco l'Islam rappresenta la speranza di giustizia e di uguaglianza nel mondo che dovremo costruire" [Malcolm X 1992: 281 e seg.]. III.7.6 L'opera di Maometto: la riforma morale e sociale del popolo arabo Secondo l'islamista Tofic Fahd il significato essenziale dell'opera di Maometto fu la sua riforma morale e sociale del popolo arabo [cfr. Puech 1986: 45-46]. In questa intenzione del Profeta si possono ricercare alcune assonanze con il progetto della setta pseudo-islamica, la Nazione dell'Islam, di riformare il popolo nero, di allontanarlo dal "vitello d'oro" e da tutti gli idoli della società americana e di ritrovare la sua vera identità. Secondo Toufic Fahd: "Maometto è stato uno dei maggiori riformatori dell'umanità. Attorno ad un Dio unico...egli ha saputo raccogliere le sparse schiere degli Arabi, fornendo loro un nuovo ideale [una nuova identità] e unificandoli con i legami di una nuova fraternità destinata a spandersi e ad affermarsi in tutti i continenti" [Puech 1986: 45]. Con la sua predicazione e la sua opera Maometto voleva restaurare la tradizione di Abramo, corrotta dall'oscuro medioevo che l'Arabia centrale conobbe dopo l'introduzione del culto degli idoli: trecentosessanta idoli popolavano il recinto sacro, la moralità era assente, la compassione e l'onestà sconosciute, gioco e usura all'ordine del giorno. Acquistata la coscienza della degenerazione del suo popolo e dell'idolatria accentuatamente decadente, Maometto decise di riformare le strutture religiose e sociali della Mecca e di restaurare l'antico ordine di giustizia sociale. Contro le tradizionali rivalità tra tribù e contro l'individualismo separatista degli Arabi, Maometto sostituì una nuova legge basata sulle comunanza della fede in un unico Dio, ma prima della sua vittoria clamorosa, dovette affrontare una sanguinosa battaglia contro i politeisti della Mecca durata sette anni. All'inizio del VII secolo, infatti, la città della Mecca era diventata il maggior centro religioso della penisola arabica e ciò era la fonte della sua prosperità economica. Un gruppo di gente aveva accumulato una favolosa ricchezza che li aveva abituati al lusso, ai piaceri, ai divertimenti, ai vizi, e aveva creato profonde differenze con gli altri strati sociali. Questa diseguaglianza sociale si andava accentuando e tracciava un solco profondo tra l'oligarchia dominante e la massa della popolazione. Un vasto moto popolare di scontento e di insoddisfazione preparò il terreno alla predicazione coranica, incentrata, all'inizio, sul giudizio finale e sulla punizione esemplare che spettava a coloro che vivevano in un lusso scandaloso e privavano i poveri dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza. Non volendo annullare la personalità degli Arabi annettendoli o ai Cristiani o agli Ebrei, Maometto diede vita ad un monoteismo arabo sulla base dei risultati acquisiti dalla teologia biblica, ma adeguato alla cultura e alle aspirazioni del popolo. Così interpreta l'opera di Maometto Toufic Fahd: "Maometto, questo "infedele", questo "anticristo", oggetto di anatemi da parte di tutto il mondo cristiano del Medioevo, non aveva fatto altro che ricondurre all'ovile del Dio degli ebrei e dei Cristiani il grande gregge dei figli di Ismaele, che nè il proselitismo ebraico né le missioni cristiane erano riusciti a distogliere da un'idolatria divenuta anacronistica, dopo l'ormai remota scomparsa del paganesimo semitico ed ellenistico" [Puech 1986: 46]. III.7. La natura malefica del Cristianesimo in Friedrich Nietzsche " Rallegratevi, dunque e saltate: perché ecco, grande è la vostra ricompensa in cielo" [Luca 6, 23] "Se voi non perdonate agli uomini le loro mancanze, neppure voi il Padre vostro nei cieli perdonerà" [Matteo 6, 15] Uno del temi preferiti dal pastore Malcolm X erano le Sacre Scritture, l'arma ideologica più formidabile a disposizione dell'uomo bianco per rendere schiavi milioni di esseri umani di colore "pagani e infedeli"; "Religio instrumentum regni" insegnava Niccolò Machiavelli, la religione cristiana era stata un efficientissimo strumento per regnare, di controllo sociale, mezzo per conservare e legittimare il potere74. Malcolm X voleva allontanare i neri d'America dalla religione dei bianchi, la religione del perdono (dei neri verso i bianchi naturalmente), del "porgi l'altra guancia", del Paradiso dopo la morte e della sottomissione. Questa religione aveva persuaso il "cosiddetto negro" a porgere sempre l'altra guancia, a non ribellarsi ad obbedire, ad inginocchiarsi quasi fino a strisciare e doveva essere abbandonata. "- Chi ti ha dato un padrone? - E' Dio che me lo ha dato. - Chi dice che dovete obbedire al padrone che Dio vi ha dato? - Lo dice Dio" [Giammanco 1993:17] In prigione Malcolm aveva letto molti libri, tra cui anche i libri di filosofia di Nietzsche. Friedrich Nietzsche (1844-1900), figlio di un pastore evangelico, in una delle sue ultime opere, L'Anticristo. Maledizione del Cristianesimo (1888), in un delirio profetico ed esaltato, metteva in guardia gli uomini contro la religone cristiana, firmandosi "L'Anticristo". Mentre questa religione persuadeva a porgere sempre l'altra guancia, a non ribellarsi, ad obbedire e ad inginocchiarsi quasi fino a strisciare, Nietzsche vede l'Islam come la religione dell'orgoglio e della fierezza che non rinnega gli istinti vitali dell'uomo: "Se l'Islam ha in dispregio il Cristianesimo, ha in ciò mille volte ragione...(Esso) ci ha defraudato del raccolto della civiltà antica; e più tardi ci ha defraudato di quello della civiltà islamica...Perché doveva la sua origine a istinti aristocratici, virili, perché diceva sì alla vita...In seguito i crociati combatterono qualcosa, di fronte a cui sarebbe stato più conveniente per essi prostrarsi nella polvere, -una civiltà rispetto alla quale persino il nostro secolo diciannovesimo potrebbe sembrare molto povero, molto "tardo". -Indubbiamente essi volevano saccheggiare: l'Oriente era ricco... Le crociate -una superiore pirateria e null'altro!...(Una) guerra d'inimicizia mortale contro ogni cosa nobile sulla terra! Cristianesimo, alcool -due grandi mezzi di corruzione..." [Nietzsche 1990: 92-93]. In questa condanna, da cui Nietzsche escludeva anche il Buddhismo, ricostruiva il ruolo svolto dalla Chiesa nella storia: essa è sempre stata portatrice di una religione conservatrice, funzionale al mantenimento del potere e del predominio, corruttrice dei buoni istinti, degenerata, dannosa, e decadente; questa è la religone che conduce gli uomini a contraddire la vita e a preferire ciò che gli è nocivo, che insegna la "morale degli schiavi". La Chiesa ha addomesticato i suoi fedeli all'obbedienza cieca e alla sottomissione senza opposizione. "Io condanno il cristianesimo, levo contro la Chiesa cristiana la più tremenda di tutte le accuse...Essa è per me la massima di tutte le corruzioni immaginabili..Essa ha fatto di ogni valore un disvalore, di ogni verità una menzogna, di ogni onestà un'abiezione dell'anima" [ibidem: 95]. "Chiamo pervertito...un individuo, quando esso perde i suoi istinti, quando sceglie, quando preferisce, quel che gli è nocivo" [ibidem: 7]. "Il suo mezzo è rendere malati75 -indebolire è la ricetta cristiana dell'addomesticamento..." [ibidem: 26]. "L'amore (cristiano) è quello stato in cui l'uomo vede ...le cose così come non sono...Nell'amore si sopporta più che in qualsiasi altra condizione, si tollera tutto" [ibidem:28]. "(Gesù) il primo cristiano" -e temo anche l'ultimo...- è per profondissimo istinto un ribelle contro tutto quanto è privilegiato -egli vive, combatte sempre per "diritti uguali" [ibidem: 65]. Il profeta Zarathustra annuncia alla folla la "morte di Dio", perché la fede nel vecchio Dio dei Cristiani, "il Dio come ragno", era diventata inaccettabile, e la nascita del "superuomo", che rimane fedele al senso della terra. PARTE III III.8 Lezioni fondamentali della Nation of Islam III.8.1 Il razzismo76 della Nation of Islam. "White man is the devil" Ultimo Atto. Si sta svolgendo il processo dei giudici neri contro l'"uomo bianco simbolico", per i delitti compiuti nei confronti dei popoli di colore di tutto il mondo. Si apre il sipario: solo sulla scena l'uomo bianco, l'imputato, ascolta la lunga lista delle accuse contro di lui. "Signori della Corte, l'uomo bianco è il diavolo!". Il giudizio finale è unanime: "Colpevole!". Condannato a morte, mentre viene trascinato fuori dall'aula del tribunale, l'uomo bianco grida tutto ciò che "di buono" ha fatto per i "negri". Nella trama di quest'opera teatrale, intitolata Orgena, che significa A Negro scritto al contrario, l'autore, Louis X, sintetizzava tutta l'avversione che la Nazione dell'Islam nutriva verso la "razza bianca". Come tutti i seguaci della setta, anche Malcolm era profondamente razzista ed aveva una visione dicotomica del genere umano: da una parte tutti i popoli di colore oppressi e dall'altra i bianchi, gli oppressori. Secondo questa visione, la "razza" bianca era responsabile di tutti i mali del mondo. "Non esistono nè l'Inferno nè il Paradiso, queste non sono altro che le condizioni in cui la gente vive in questo mondo. E il negro [sic] americano è stato all'Inferno per quattrocento anni. Se l'Inferno è in terra, anche il diavolo è in terra. Il diavolo è la razza bianca" [Malcolm X 1992: 241 e seg.]. Con l'espressione "White man is the devil", egli si riferiva alla tradizione storica dell'uomo bianco collettivo, alle crudeltà, alle perfidie e all'avidità che avevano sempre caratterizzato il suo comportamento nei confronti delle altre "razze". Elijah Muhammad, insegnava che l'uomo bianco, inferiore moralmente e culturalmente, era stato creato artificialmente da uno scienziato pazzo di nome Yacub per seminare odio nel mondo; la "razza" bianca, degenerata e corrotta, era destinata a dominare il mondo per seimila anni ma poi si sarebbe autodistrutta. Secondo questa profezia, il periodo della sua dominazione stava per finire e il popolo nero si sarebbe potuto salvare dalla catastrofe, soltanto se si fosse separato dai bianchi. III.8.2 L'obiettivo politico della Nation of Islam: il separatismo A differenza del Civil Rights Movement che lottava per l'integrazione, per la Nation of Islam l'unica soluzione realistica per risolvere il problema razziale, il più grave problema interno degli Stati Uniti d'America, era la completa separazione dei neri dalla società bianca. "Separiamoci da questo padrone di schiavi. Non mendicate l'integrazione..." [Malcolm X 1992: 301]. Malcolm X, portavoce del "Molto Onorevole Elijah Muhammad", raccontava che fin dai tempi della schiavitù c'erano due tipi di "negri" [sic] in America: "the house-nigger" (il "negro di casa o di cortile") e "the field-nigger" (il "negro dei campi"); mentre il primo, che era una minoranza, si identificava con il suo padrone bianco, il secondo, che era in maggioranza, lo odiava e voleva liberarsi dalla schiavitù. Malcolm spiegava che ancora esistevano questi due tipi di "cosiddetti negri": c'era il tipo borghese, l'integrazionista, uno "zio Tom77 del ventesimo secolo", cieco di fronte alle reali condizioni del suo popolo, che si identificava con i bianchi e che chiedeva l'integrazione. Ma c'era anche un altro "negro" sulla scena: quello che voleva la separazione. I Black Muslim chiedevano la separazione, ma non nella forma della segregazione, un principio che i superiori applicano agli inferiori, che significa che una comunità è separata ma è governata e controllata dall'esterno. Essi chiedevano la separazione, che si ottiene quando una comunità separata è governata dagli stessi membri che ne fanno parte. Essi controllano ciò che gli appartiene: controllano la propria economia, la propria società, indirizzano la propria politica e non dipendono da nessun altro. La Bibbia dice "Dio benedica la creatura che ha del suo", ma il povero "cosiddetto negro" non aveva niente: nè il suo nome, nè la sua lingua, nè la sua cultura, nè la sua storia, e non aveva un suo paese. Non aveva neanche una mente autonoma e pensava di essere nero perché Dio lo aveva maledetto78. Per Malcolm X, l'integrazione non rappresentava una soluzione al problema razziale. Al massimo si sarebbe potuto ottenere qualche briciola di integrazione, un'integrazione puramente formale e simbolica. Coloro che si sforzavano per ottenere l'integrazione creavano il problema anziché risolverlo e quei bianchi ipocriti che si atteggiavano a liberal-progrssisti, fingendo di volere che i negri venissero integrati nella loro società, lo perpetuavano. Nel discorso intitolato "Venti milioni di neri in una prigione politica, economica e psicologica" del 23 Gennaio 1963 Malcolm X disse al suo pubblico: "Questo nuovo tipo di nero non ritiene affatto un onore trovarsi in America. Sa di non essere arrivato qui sulla Mayflower. Sa di essere stato portato qui su una nave di schiavi...(Egli) non si scusa affatto di trovarsi in America, nè si scusa perché la sua presenza in America costituisce un problema per lo "zio Sam"...Sa di essere stato portato qui contro la sua volontà...Rapire é un crimine. E la presenza in America...di venti milioni di neri è una prova vivente...del delitto che lo "zio Sam" ha commesso...quando la nostra gente fu portata qui in catene..." [Gambino 1993: 44]. Era necessario arrivare ad una soluzione totale e definitiva. Il progetto della separazione tra bianchi e neri e di creare una nazione indipendente presentava due alternative: 1. Il ritorno dei neri in Africa; il governo americano avrebbe dovuto offrire, almeno per i primi venti-venticinque anni, i mezzi di trasporto, i macchinari necessari a sviluppare un sistema agricolo e tutto il necessario per iniziare lì una nuova vita, fino a che non si fosse raggiunto lo stadio della completa autosufficienza e della piena indipendenza. 2. Ma se il governo non avesse permesso l'esodo di massa del popolo nero, visto che non era possibile vivere insieme pacificamente, la sola alternativa a questa soluzione sarebbe stata quella di ritagliare nel territorio americano una regione separata e riservata ai soli neri, nella quale la comunità afro-americana sarebbe emigrata79. Anche in questo caso, il governo avrebbe dovuto offrire, nel primo periodo, tutto ciò di cui essa avrebbe avuto bisogno per dare inizio a una civiltà, non per beneficenza, ma per saldare un antico debito: infatti, il principale contributo alla crescita degli Stati Uniti era stato il lavoro degli schiavi neri, il lavoro accumulato nei salari non pagati e trattenuti a milioni di uomini e donne per trecentodieci anni aveva arricchito gli Stati Uniti d'America. Era giunto il momento di ripagare il debito. Bisognava imitare gli Ebrei, i quali avevano ottenuto ciò che volevano: Israele, la Terra Promessa. Malcolm X, che per anni aveva creduto nel separatismo, nel 1964 lo definì "un programma a lunga scadenza"; poi, più tardi, abbandonò definitivamente l'idea della nazione separata per sostenere che i neri avrebbero dovuto restare negli Stati Uniti e combattere lì per ciò che apparteneva loro di diritto.80 III.9 L'oratoria di Malcolm X. Liberazione attraverso il linguaggio L'uso che Malcolm faceva del linguaggio come strumento di liberazione si inseriva nel solco della grande tradizione americana di oratoria. Egli affidava al contatto diretto con il suo uditorio, esclusivamente e rigorosamente composto da Afro-Americani, la diffusione del suo messaggio. Martin Luther King e Malcolm X facevano uso di modelli retorici che rispecchiano le loro differenze: mentre King rimaneva nell'alveo dell'oratoria tipica dei predicatori del Sud, solenne, ricca di toni fortemente emotivi e di pause, e densa di metafore bibliche e richiami morali, la retorica di Malcolm X era un distillato in chiave politica del parlare del ghetto; i suoi discorsi erano più aggessivi e gridati, ricchi di ironia e sarcasmo, di apologhi, di allusioni, di assonanze, di esempi storici e pieni di aneddoti tratti dalla realtà sociale e politica. Lo scopo era per entrambi l'educazione, ma mentre King muoveva dalla sofferenza, Malcolm muoveva dalla rabbia. Anche Malcolm si era formato nella tradizione oratoria della chiesa battista (suo padre era un pastore agguerrito) e spesso i suoi discorsi avevano l'andamento drammatico, catastrofico e spettacolare del sermone. Ma l'originalità e la grandezza di Malcolm X sta nell'essersi rivolto alle masse nere dei ghetti, tradizionalmente escluse dalla vita politica; egli offriva al suo pubblico di "dannati della terra" (per usare l'espressione di Franz Fanon) la possibilità della comprensione e un modello di identificazione e di crescita politico-culturale. I giovani arrabbiati dei ghetti si riconoscevano e si riconoscono ancor oggi in Malcolm X perché egli era l'unico tra tutti i leaders neri capace di comunicare con i "cats in the street", i ragazzi del ghetto, e di usare il loro linguaggio. Aveva questa capacità perché era cresciuto nei ghetti e lui stesso per anni era stato un "gatto randagio". In quest'uso del gergo, dell'intonazione, della gestualità, nel ritmo delle frasi e delle immagini, nelle battute irridenti, sarcastiche, provocatorie, illuminanti dei suoi ragionamenti, essi ritrovavano il proprio modo di parlare e di capire. Quei ragazzi imparavano a parlare per strada e nella strada, dove anche la dialogicità è competitiva, i giochi81 con le parole sono giochi di sopravvivenza. Non è un caso che il RAP (Revolution Against Power), che mette in musica la tipica aggressività verbale del ghetto, abbia spesso ripreso le parole di Malcolm X e può essere considerato una delle eredità del suo messaggio82. III.10 I discorsi del pastore Malcolm X "Salaam alaikum fratelli e sorelle musulmani, state a sentire come l'uomo bianco ha rapito, derubato e stuprato il nostro popolo negro [sic] ...", così cominciavano i discorsi infiammati del pastore Malcolm X. Egli affondava la lama della denuncia negli angoli più profondi dell'emotività dei neri, sceglieva i temi che più riuscivano a scuotere il suo pubblico, facendolo rimanere impietrito e sconvolto dalla rabbia: gli orrori della schiavitù di cui essi, incredibilmente, avevano un'idea romantica -"Cento milioni di Africani furono sradicati dalla loro terra. Dove sono oggi? Alla fine del periodo della schiavitù non c'erano che venticinque milioni di Africani nell'emisfero occidentale. Cosa successe agli altri settantacinque milioni?...", la vera storia africana, dei suoi grandi imperi e delle sue antiche civiltà ("Chi erano quei 'Mori' che conquistarono mezza Europa? Erano Africani. Li hanno chiamati 'Mori' per non far capire che gli Africani furono un popolo di conquistatori..."), e il lavaggio del cervello subìto dai neri con il cristianesimo perché dimenticassero le loro nobili origini. "Il più grande delitto della storia umana era il traffico di carne nera che ebbe inizio quando il diabolico uomo bianco fece la sua apparizione in Africa. Milioni di uomini, donne e bambini negri [sic] furono assassnati e strappati alle loro terre per essere trasportati, sulle navi negriere, in Occidente, incatenati, frustati e torturati come schiavi" [Malcolm X 1992: 199]. I suoi discorsi erano, prima di tutto, formazione politica e rappresentavano il modello per instaurare un rapporto antagonistico con i bianchi. Malcolm insegnava a rileggere criticamente la storia (sbiancata e distorta nei testi scolastici e universitari), l'attualità e ogni altro evento, smascherando le falsificazioni e gli imbrogli tesi a nascondere la verità, e insegnava a dubitare di come le cose erano sempre state insegnate a neri, a leggere dietro le righe ad acquisire senso critico; spiegava che era necessario comprendere l'origine, il vero significato e l'uso di ogni singola parola83. "La vera conoscenza è che la storia, nei libri dell'uomo bianco, è stata distorta in suo favore e che al negro [sic], per centinaia di anni, è stato fatto il "lavaggio del cervello...Il diabolico uomo bianco aveva impedito alla gente negra [sic] qualsiasi conoscenza della loro stirpe,...della loro lingua, della religlione e cultura passata finché il negro [sic] americano non era diventato la sola razza [sic] sulla terra che ignori completamente la propria vera identità. A questo negro [sic] si insegnò che nella sua Africa nativa non c'erano che pagani e selvaggi che, come scimmie, saltavano di albero in albero..." [Malcolm X 1992: 198/200]. CAPITOLO IV L'ORGANIZZAZIONE PER L'UNITA' AFRO-AMERICANA (O.A.A.U.). LE IDEE FONDAMENTALI "Mi appello ai lavoratori, ai contadini, agli intellettuali rivoluzionari, agli elementi illuminati della borghesia, alle altre persone illuminate di tutti i colori, bianchi, neri, gialli, mulatti ecc., perché si uniscano nell'opposizione alla discriminazione razziale praticata dall'imperialismo Usa e perché sostengano i neri americani nella loro lotta contro la discriminazione". Mao Zetung IV.1 La Muslim Mosque Inc. L'8 Marzo 1964 Malcolm abbandonò la Nation of Islam e dichiarò: "Ho intenzione di organizzare e dirigere a New York city una nuova moschea, chiamata Muslim Mosque Inc., che costituirà la base religiosa e ci darà la forza spirituale necessaria per liberare la nostra gente dai vizi che distruggono la fibra morale della nostra comunità" [Malcolm X 1992: 372]. "Il Nazionalismo Nero sarà la nostra filosofia politica,.... economica e sociale... indipendentemente dalle... credenze religiose..." [Giammanco 1994: 141]. Malcolm aveva intenzione di creare una nuova organizzazione per eliminare le deviazioni del nero americano; il "negro" americano era mentalmente malato, per la sua accettazione passiva della cultura dei bianchi; spiritualmente malato, perché per secoli aveva accettato il Cristianesimo che chiedeva al cosiddetto "cristiano negro" di sopportare tutte le crudeltà dei cosiddetti "cristiani bianchi"; economicamente malato, perché contribuiva meno di tutti al settore produttivo, incarnando alla perfezione la figura del parassita e vivendo nell'illusione di poter progredire solo perché si trovava "fra le pieghe dell'enorme pancia di quest'enorme vacca che è l'America bianca"; ma soprattutto il negro americano era malato politicamente, perché lasciava che l'uomo bianco lo dividesse, facendogli accettare sciocchezze come quella di essere "democratico negro", "conservatore negro", oppure "liberale negro", mentre un blocco di dieci milioni di votanti afro-americani avrebbe potuto decidere l'equilibrio di potere nella politica americana, visto che il voto dell'uomo bianco era quasi sempre diviso in proporzioni uguali [cfr. Malcolm X, 1992: 367-368]. Dopo la rottura con Elijah Muhammad e in seguito al pellegrinaggio alla Mecca, Malcolm X aderì alla dottrina islamica ortodossa. Considerò la religione esclusivamente una questione di fede e di scelta personale, mentre la lotta dei neri era una questione che andava affrontata sul piano politico. I Black Muslim rifiutavano la corrotta società americana; Malcolm passava dal rifiuto alla ribellione e all'organizzazione per cambiarla. Fu questa l'essenza della sua trasformazione ideologica. Egli voleva creare un'organizzazione con una diversa impostazione politica e con un diverso tipo di rapporti fra la dirigenza e la base. Mentre i Black Muslim vivevano sotto la guida e il controllo del loro capo religioso Elijah Muhammad, al quale si sottomettevano in modo incondizionato, accettando i suoi dogmi e la sua disciplina, al contrario Malcolm voleva creare un'organizzazione democratica, che si fondasse su un lavoro collettivo; per questo, richiedeva il contributo di idee e suggerimenti, consigli e critiche da tutti i quadri, apprezzava soprattutto le idee dei giovani studenti, bianchi e neri. Intendeva creare l'unità di tutti i neri, a qualunque religione appartenessero, all'interno di un movimento che abbandonava il settarismo religioso per svolgere un'azione di massa. Ma Malcolm si rese subito conto che la Muslim Mosque Inc., la Moschea Musulmana, essendo un'organizzazione religiosa, aveva un potere di richiamo limitato, che di fatto escludeva tutti i non-musulmani. Tre mesi dopo, il 28 Giugno 1964, fondò L'"Organization of Afro-American Unity" (OAAU). IV.2 L'Organizzazione per l'Unità Afro-Americana "La mia nuova organizzazione per l'unità afro-americana è un gruppo senza pregiudiziali religiose né settarie, costituito allo scopo di unire gli Afro-Americani sulla base di un programma costruttivo volto alla conquista dei diritti umani" [Malcolm X 1992: 477]. Malcolm X creò un nuovo movimento a carattere laico, per promuovere l'unità tra tutti i neri d'America con i loro fratelli Africani e tutti gli altri popoli non-bianchi, per la conquista della libertà "by any means necessary". "Con ogni mezzo necessario...questo è il nostro motto. Vogliamo la libertà con ogni mezzo necessario. Vogliamo la giustizia con ogni mezzo necessario. Vogliamo l'uguaglianza con ogni mezzo necessario" [Valvola, Gomma, Woman 1993: 44]. Il 28 Giugno 1964 il nuovo movimento fu costituito col nome di "Organization of Afro-American Unity", OAAU, con sede provvisoria presso l'Hotel Theresa di Harlem, venne reso pubblico il suo programma e Malcolm fu eletto presidente. L'OAAU seguiva la lettera e lo spirito dell' "Organization of African Unity", l'OAU 84, costituita nel 1963 per promuovere l'azione comune dei governi africani indipendenti; così come i leaders africani si erano uniti per realizzare gli obiettivi comuni nell'interesse di tutti gli Africani, superando le divergenze, l'organizzazione di Malcolm invitava tutti i leaders afro-americani a superare le divergenze e a trovare punti di accordo per lavorare insieme nell'interesse di tutti i ventidue milioni di neri. Dopo il pellegrinaggio alla Mecca e numerosi viaggi (Il Cairo, Kartum, Addis Abeba, Nairobi, Zanzibar, Lagos, Accra, Monrovia, Conakry, Algeri...Beirut...) Malcolm incentrò tutta la sua attenzione e i suoi sforzi sulla possibilità che Africani e Afro-Americani si unissero e stabilissero un rapporto di comunicazione e aiuto reciproco. Ventidue milioni di Afro-Americani sarebbero stati una grande forza positiva per l'Africa che l'uomo bianco ancora depredava delle sue risorse naturali, così come in passato aveva sfruttato le sue risorse umane, e le nazioni africane indipendenti avrebbero potuto esercitare pressioni a livello diplomatico per eliminare la discriminazione razziale in America. La struttura di potere americana aveva sempre tenuto divisi i neri (Divide et impera) ed ciò che Malcolm stava facendo perché questi cominciassero a pensare su scala internazionale era un grave pericolo. IV.3 La questione delle alleanze85: il "possibilismo programmatico" Malcolm dichiarò che era disposto a collaborare con chiunque, neri, bianchi, integrazionisti, cristiani, comunisti, socialisti ecc., e con chiunque altro fosse sinceramente interessato a eliminare l'ingiustizia che opprimeva il popolo nero. Questa nuova flessibilità, il "possibilismo programmatico", non era frutto ne di indecisione, ne di ambiguità, ma della ricerca di nuove idee e soluzioni e di una realistica apertura nei confronti di qualsiasi contributo utile ai suoi obiettivi. I bianchi solidali alla sua causa avrebbero potuto contribuire, a condizione che fossero autorganizzati e non era permesso loro di affiliarsi. Essi avrebbero dovuto combattere il razzismo sul fronte di battaglia dove c'era veramente razzismo e cioè nelle loro stesse comunità. "Non ci può essere una vera unità con loro (i bianchi) finche non si è raggiunta prima una unità fra neri. Non ci può essere solidarietà tra i lavoratori se prima non c'è la solidarietà razziale". Questo non significava affatto che Malcolm considerasse impossibile una solidarietà di classe tra bianchi e neri, era al contrario la chiarificazione della condizione necessaria per impostare su basi ampie e durature questo tipo di solidarietà. "Mi sono reso conto dell'importanza di poter contare su un'unità d'azione tra tutti popoli, sia neri che bianchi. Ma l'unica condizione per il raggiungimento di questo obiettivo è che prima i neri siano uniti". IV.4 Il pellegrinaggio alla Mecca86 "Viaggiare amplia il tuo orizzonte mentale" (Malcolm X), e il viaggio di un uomo aiutò ad allargare l'orizzonte di milioni di uomini. Il mese dopo aver fondato la Muslim Mosque Inc., il 13 Aprile 1964, Malcolm partì per la Terra Santa per compiere il pellegrinaggio (Hajj) alla Mecca, uno degli obblighi religiosi di ogni musulmano ortodosso. Nel mondo musulmano fu chiamato: El-Hajj Malik El-Shabazz. Ritornò in America il 21 Maggio 1964. Oltre a rafforzare i suoi legami con l'Islam ortodosso, Malcolm incontrò studenti, giornalisti, parlamentari, ambasciatori e capi politici con i quali non smise mai un momento di parlare del problema razziale in America. Di fronte ad un unico Dio, pellegrini musulmani (Muhrim) provenienti da ogni parte del mondo, di tutte le "razze", colori, forme e dimensioni si riunivano e pregavano insieme come fratelli in un'atmosfera cordiale e amichevole. "...Pellegrini dal bianco dell'avorio al colore del mogano, attraverso tutte le sfumature, prendevano parte allo stesso rito dando prova di uno spirito di unità e fratellanza che le mie esperienze in America mi avevano portato a credere non potesse mai esistere tra bianchi e uomini di colore..." [ibidem 1992: 422]. "Ebbi la sensazione che non esistesse alcun problema di colore e per me fu come fossi uscito di prigione...Cominciai per la prima volta a considerare sotto un'altra luce l'uomo bianco...e fu l'inizio di un mutamento radicale" [Malcolm X 1992: 376]. Per l'Islam, il significato e lo scopo del pellegrinaggio è quello di sottolineare la fondamentale unità di tutti gli uomini di fronte ad un solo Dio. Nel mondo musulmano Malcolm constatò che gli uomini con la pelle bianca si comportavano in modo fraterno gli altri. Questa fu l'esperienza che determinò la trasformazione fondamentale nelle convinzioni di Malcolm. Egli cominciò a riconsiderare il suo odio razzista e a comprendere il vero meccanismo del dilemma razziale americano. Era l'inizio di un mutamento radicale nel modo di considerare i bianchi e la questione del razzismo, il più pernicioso e degradante male del mondo. IV.5 La questione del razzismo87 IV.5.1 Malcolm ripudia il razzismo Durante i dodici anni che trascorse nella Nazione dell'Islam, Malcolm aveva sempre accusato, denunciato, condannato l'uomo bianco, "il diavolo dagli occhi azzurri (blue eyed) e i capelli biondi", per gli atroci crimini commessi ai danni di tutti i popoli di colore della Terra. In quegli anni era convinto che in America il razzismo fosse talmente radicato che l'unica soluzione per risolvere i conflitti razziali era la completa e definitiva separazione tra la "razza" bianca inferiore e la "razza" nera superiore. In parte a causa dell'influenza dell'Islam ortodosso, in parte per essere venuto a contatto con rivoluzionari sia di pelle bianca che di pelle nera, Malcolm subì una profonda trasformazione interiore e abbandonò l'intera dottrina mitologica di Elijah Muhammad sulla malvagità innata dei bianchi. Malcolm ripudiò il razzismo in tutte le sue forme e da allora in poi giudicò gli uomini in base alle azioni e atteggiamenti e non più per il colore della loro pelle. "E' vero che in passato ho lanciato roventi accuse contro tutti i bianchi. Non mi macchierò più di tale colpa perché ora so che alcuni bianchi sono veramente sinceri...La vera fede dell'Islam mi ha mostrato che una condanna totale nei confronti di tutti i bianchi è altrettanto sbagliata di quella che molti (bianchi)...fanno nei confronti dei neri..." [Malcolm X 1992: 423]. "In passato mi sono lasciato adoperare per lanciare violente accuse a tutti i bianchi...Oggi, grazie alla rinascita spirituale...non sono più disposto a sottoscrivere tali accuse globali contro un'intera razza...Non sono un razzista e non accetto nessuna delle concezioni del razzismo..." [Giammanco 1994: 175]. IV.5.2 La vera causa del razzismo: il sistema capitalistico Malcolm si rese conto che il fenomeno del razzismo non si è verificato in ogni tempo e in ogni luogo e che non è nella natura dell'uomo odiare le altre "razze". Quindi la causa e le radici del pregiudizio razziale che si manifestava in America, andavano ricercate nelle caratteristiche specifiche dello stesso sistema americano. Dopo aver studiato la natura dell'economia capitalistica del sistema politico e sociale americano, Malcolm concluse che il razzismo non è affatto un fenomeno casuale o marginale, una "questione morale", ma al contrario è una componente ideologica strutturale ineliminabile del modo di produzione capitalistico e lo strumento essenziale di dominio della politica imperialistica statunitense. Le differenze razziali furono usate per inventare l'ideologia dell'inferiorità dei neri che aveva la funzione di spiegare, giustificare e legittimare lo sfruttamento, mettendo a posto le coscienze e tranquillizzando gli animi. Secondo Malcolm "non ci può essere capitalismo senza razzismo", questi sono due fenomeni indissolubilmente legati l'uno all'altro: "Siamo poveri perché siamo neri e neri perché poveri". Erano degli ingenui o degli ipocriti coloro (gli integrazionisti e tutti i moderati riformisti) che affermavano di voler sradicare "il grave problema del razzismo che affligge la nazione", volendo mantenere inalterato il sistema politico ed economico. La verità era che per risolverlo si dovevano operare cambiamenti radicali nell'intera società. L'unica soluzione era la rivoluzione. "(Le cause principali del pregiudizio razziale sono) l'ignoranza e l'avidità, aggiunte ad un abile sistema di diseducazione che si articola parallelamente al sistema americano di sfruttamento e oppressione..." [Giammanco 1994: 299]. "...(Si tratta) di una congiura organizzata e sostenuta dal Governo. Non c'è nessuno che mette ostacoli sul vostro cammino tranne coloro che fanno parte del Governo...(esso) fa parte di una congiura volta a privarvi del vostro diritto di voto, di ogni opportunità economica,..., di un'istruzione...E' proprio...il Governo degli Stati Uniti d'America il responsabile dell'oppressione, dello sfruttamento e della degradazione del popolo nero in questo paese..." [ibidem: 150]. La "strategia dello smascheramento", come la chiama Roberto Giammanco, di cui si serviva Malcolm X, consisteva nella chiarificazione, attraverso il rovesciamento del potere di definizione dei bianchi, della condizione oggettiva dei neri americani, sempre in fondo alla piramide, strutturata nella dinamica di classe e nel quadro economico. La terribile condizione dei neri era tale perché essi dovevano essere sfruttati e poveri, e i più poveri erano quindi sempre i neri. IV.6 L'unica soluzione possibile: la rivoluzione "Che accade ad un sogno infranto? Rinsecchisce come uva al sole? O va in suppurazione come una ferita... Forse si incurva come un carro troppo carico. Oppure esplode?" [King 1993: XVIII]. "Una rivoluzione non deve essere qualcosa di meccanico, da preparare. La rivoluzione semplicemente esplode, deve esplodere." Bob Marley "La rivoluzione negra si è sviluppata esattamente come era stata progettata dalla congiura comunista fin dal 1928." J. Edgar Hoover, Direttore dell'FBI, 1970 Nell'ultimo anno di vita, nel 1964-65, Malcolm perfezionò e ampliò la sua prospettiva rivoluzionaria, in linea con le lotte di tutti i popoli sfruttati e oppressi del mondo. Secondo Malcolm il sistema politico-economico degli Stati Uniti andava radicalmente trasformato, perché al suo interno non sarebbe mai stato possibile risolvere il problema dell'ingiustizia razziale, colonna portante nel funzionamento della macchina capitalistica. L'unica soluzione era la rivoluzione, il rovesciamento completo e definitivo del sistema e la sua sostituzione con un sistema migliore. Malcolm espresse questo concetto con una bellissima metafora: "...E' impossibile che una gallina faccia un uovo d'anatra, anche se entrambi questi animali appartengono alla famiglia dei pennuti. Non rientra nella struttura fisiologica della gallina fare un uovo d'anatra...Il sistema vigente in questo paese non può produrre la libertà per gli Afro-Americani. E' impossibile, sia dal punto di vista economico che da quello politico e sociale..." [Giammanco 1994: 12]. "Il sistema...può riprodurre solo ciò che lo ha prodotto. L'unico modo in cui una gallina possa fare un uovo d'anatra è rivuluzionare il sistema" [Valvola, Gomma e Woman, 1993: 117]. "Il sistema americano è stato prodotto dalla schiavitù del nero e questo particolare sistema è in grado di riprodurre solo ciò che lo ha prodotto. L'unico modo è di rivoluzionare il sistema" [Cartosio, Gambino, Naso e altri, 1994: 40]. "La rivoluzione è come una foresta in fiamme. Brucia tutto sul suo cammino...La parola appropriata per definire la rivoluzione è umwaelzung, che significa "completo rovesciamento, cambiamento completo"...la rivoluzione nera non è rivoluzione perché condanna il sistema e poi chiede al sistema che ha condannato di accettarli nel loro sistema. Questa non è una rivoluzione -una rivoluzione cambia il sistema, lo distrugge e lo sostituisce con uno migliore...Quello che ha fatto il bianco in America è stato di accorgersi che c'è...una rivoluzione non-bianca in tutto il mondo e la vede abbattersi sull'America. E per respingerla ha appiccato un incendio artificioso che ha chiamato "rivolta nera" e se ne serve contro la vera rivoluzione nera che sta avanzando ovunque su questa terra..." [Valvola, Gomma e Woman, 1993: 10]. Se la scelta dell'America fosse stata quella di continuare a corrompere la Costituzione piuttosto che di rispettarla, allora sarebbe stata inevitabilmente travolta dall'invincibile marea storica dell'umanità oppressa; i bastioni dell'imperialismo e del razzismo sarebbero stati rovesciati con la forza. Nell'ultimo discorso (18 Febbraio 1965) Malcolm disse che: "Viviamo in un'epoca rivoluzionaria e la rivolta dei neri americani fa parte della generale ribellione contro il colonialismo e l'oppressione che caratterizzano il nostro tempo... E' scorretto considerare la rivolta dei neri semplicemente come uno scontro razziale tra essi e i bianchi o come un problema puramente americano...Quella cui assistiamo oggi è una ribellione generale degli oppressi contro gli oppressori, degli sfruttati contro gli sfruttatori. La rivoluzione nera non è una rivolta razziale. Noi vogliamo mantenere rapporti fraterni con chiunque sia disposto a vivere sulla base della fratellanza..." [Giammanco 1994: 318]. Coloro che consigliavano ai neri pazienza e non violenza non erano che marionette dell'imperialismo Usa e della supremazia bianca. Essi erano considerati dei reazionari incoscienti che con i loro discorsi "assennati e responsabili" non facevano altro che mantenere in piedi un sistema oppressivo. IV.7 Il Nazionalismo nero rivoluzionario In Marxism and The Negro Struggle88, Breitman distingue due tipi fondamentali di nazionalismo nero: 1. Il nazionalismo nero puro e semplice è interessato esclusivamente o quantomeno principalmente ai problemi interni della comunità nera e non si preoccupa dei problemi della società americana nel suo complesso, o della natura della società all'interno della quale si trova la comunità nera, e non ha idee o programmi per trasformarla. Malcolm non era questo tipo di nazionalista, e se lo era fino ad un certo punto della sua vita, non fu così fino alla fine. Studiando l'economia e la natura del sistema americano, viaggiando, riflettendo e parlando con la gente di tutto il mondo era arrivato alla conclusione che non basta che i neri controllino la loro comunità per essere liberi e trattati come esseri umani. Infatti se contemporaneamente non si operano anche dei cambiamenti radicali nell'intera società, ogni sforzo per la libertà sarà vano, perché lo sfruttamento e il razzismo sono una componente essenziale della società americana. 2. Il nazionalismo nero rivoluzionario ha in più la coscienza dell'esigenza di un rinnovamento sociale dalle fondamenta, di una trasformazione dell'intera società americana. Questa era la posizione di Malcolm. Egli non era più solo un nazionalista nero, ma anche socialista rivoluzionario: "...He moved beyond pure-and-simple black nationalism, toward black nationalism plus "Radicalism"...This did not contradict his belief that blacks should control their own community; it was an addition to that belief. The solution cannot be "summed up" as black nationalism. That means black nationalism plus fundamental social change, plus the transformation of the whole society. Malcolm was still looking for the name, but he was becoming black nationalist plus revolutionary (...he may have hesitated to apply it to himself...because he thought it would be an added handicap in this country)"89 [Breitman 1992: 67/69]. Questo secondo tipo di nazionalismo auspicava la riorganizzazione rivoluzionaria della società attraverso un cambiamento radicale dell'economia, della struttura politica, delle leggi, del sistema di educazione e la sostituzione dell'attuale classe dominante con un nuovo governo, basato sulle forze che si oppongono al razzismo e si propongono di eliminarlo. Malcolm stava ancora riflettendo su come poter realizzare questo progetto. La sua incertezza su come autodefinirsi si spiega perché egli stava facendo qualcosa di nuovo: era alla ricerca di una sintesi fra nazionalismo e socialismo rivoluzionario ("He was on the way to a synthesis of black nationalism and socialism..."). In The last year of Malcolm X George Breitman [Breitman 1992: 52/66] ripercorre il tortuoso cammino che ha portato Malcolm X dalla filosofia politica del "separatismo" alla forma più matura del "nazionalismo nero", il "mood ebony" (Eric Lincoln), "the dominant mood of the Negro masses in the United States today" (James Farmer)90. Mentre il separatismo è tendenza favorevole al ritiro dei neri in una nazione separata, in America o in Africa, il nazionalismo non implica alcuna presa di posizione pro o contro una possibile nazione separata. Si può essere nazionalista nero senza essere separatista, ma non si può essere separatista senza essere nazionalista nero. * Nel 1963, come leader dei Black Muslim, Malcolm considerava la completa separazione dalla "razza bianca" l'unica soluzione possibile. Poi, uscito dalla setta di Elijah Muhammad, cominciò a cambiare gradualmente questa posizione iniziale. * Nel Marzo 1964, durante l'inaugurazione della Muslim Mosque Inc., un movimento che non definì "separatista" ma "nazionalista", affermò di credere ancora che la soluzione migliore (ma non l'unica, come diceva prima, ndr) fosse la completa separazione, ma inseriva il progetto del "ritorno in Africa" nella categoria dei programmi a lunga scadenza (long-rage program). Prima di realizzare questo obiettivo, c'era bisogno di un programma a breve scadenza (short-range program), lì nell'emisfero occidentale, dove ventidue milioni di neri avevano bisogno di migliorare le proprie condizioni. La sua filosofia politica, economica, sociale e culturale della Moschea musulmana sarebbe stato il nazionalismo nero: "The political philosophy of black nationalism means that we must control the politics and politicians of our community. They must no longer take orders from outside forces..."91 [Breitman 1994: 59]. * Il 19 Marzo 1964 affermò che era preferibile usare l'espressione "indipendenza", al posto di "separazione"; e in nessun'altra occasione Malcolm parlò più di "nazione separata". * Il 3 Aprile 1964 dichiarò che la filosofia politica del nazionalismo nero significava che bisognava avere il controllo della propria comunità e nient'altro. Si era fatto l'errore di confondere i mezzi con i fini, i metodi con gli obiettivi; la separazione non era lo scopo ma solo un metodo. I veri obiettivi che tutti vogliono realizzare erano la libertà, la giustizia e l'uguaglianza; il riconoscimento e il rispetto dei diritti umani. * Il 12 Dicembre 1964 Malcolm disse che il tipo di migrazione che auspicava per gli Afro-Americani era una migrazione mentale, culturale, filosofica e psicologica verso l'Africa, ma fisicamente si sarebbe dovuto rimanere in America a lottare per i diritti umani. * Il 19 Gennaio 1965, alla domanda se egli credesse ancora in una nazione nera separata, Malcolm rispose: "I believe in a society in which people can live like human beings on the basis of equality"92 [ibidem: 64]. * Il 24 Gennaio si dissociò esplicitamente dal separatismo della Nation of Islam. * Durante l'intervista per il "Young Socialist" del 18 Gennaio 1965, cinque settimane prima della sua morte, alla domanda "Come definisci il nazionalismo nero con il quale sei stato identificato?", Malcolm rispose: "Prima definivo il nazionalismo nero come l'idea secondo cui l'uomo nero dovrebbe controllare la vita economica e politica della sua comunità... Il Maggio scorso... parlavo con l'ambasciatore d'Algeria, un vero militante e rivoluzionario...Quando gli dissi che la mia filosofia politica e sociale ed economica era il nazionalismo nero, mi chiese...quale sarebbe stato il suo posto se indicavo come mio obiettivo la vittoria del nazionalismo nero, visto che lui era bianco. E' vero che era Africano, ma era anche Algerino e aveva tutto l'aspetto di un uomo bianco... Così egli mi mostrò dove mi stavo alienando dai veri rivoluzionari, dediti al rovesciamento del sistema di sfruttamento che esiste su questo pianeta con tutti i mezzi necessari (dedicated to overthrowing the system of exploitation that exists on this earth by any means necessary). Così ho dovuto ripensare a riesaminare la mia definizione di nazionalismo nero... Se avete notato, sono alcuni mesi che non uso più quell'espressione, ma mi troverei ancora a disagio se dovessi dare una definizione specifica della filosofia che ritengo necessaria per la liberazione della gente nera in questo paese" [Breitman 1992: 64-65]. Malcolm stava riesaminando la sua definizione di nazionalismo nero. Non usava più questo termine, ma non l'aveva abbandonato; non era ancora riuscito a trovare un'altra definizione di se stesso, del suo movimento e dell'ideologia necessaria alla liberazione del popolo nero. Secondo la spiegazione che suggerisce Breitman, Malcolm era stato sempre un nazionalista e continuò ad esserlo fino alla fine. Egli si rendeva conto che la necessità più urgente del popolo nero era la mobilitazione e l'unificazione delle masse in un movimento indipendente, e il nazionalismo nero era l'ideologia che permetteva e alimentava questo processo. "... Black nationalism is a means, ... but not the only means; it is probably an indispensable means toward the solution, but it is not the solution itself...93" [ibidem: 67]. IV.8 Capitalismo e socialismo Negli ultimi mesi di vita, Malcolm aveva assunto una posizione inequivocabilmente anticapitalistica e filosocialista. Attraverso i contatti che aveva stabilito con vari rivoluzionari tra cui Nelson Mandela, Fidel Castro, Che Guevara (che mandò a Malcolm i "caldi saluti del popolo cubano), con i socialisti algerini, del Ghana, dello Zanzibar e della Guinea e di vari altri paesi, inclusi gli stati Uniti si accostò al socialismo. Secondo George Breitman possiamo immaginare ipoteticamente che, nel corso della sua ulteriore evoluzione, Malcolm sarebbe diventato marxista [cfr. Breitman 1992: 32]. Quando gli fu chiesto, nel 1965, che tipo di sistema politico auspicasse, Malcolm dichiarò: "Non so. Ma sono flessibile...Tutte le nazioni che oggi si liberano dalle spire del colonialismo si indirizzano verso il socialismo. E non credo che sia un caso. Le maggior parte dei paesi che erano potenze coloniali erano paesi capitalistici e l'ultimo baluardo del capitalismo oggi è l'America, ed è impossibile per un bianco, oggi, credere nel capitalismo e non nel razzismo. Non ci può essere capitalismo senza razzismo... (coloro che non sono razzisti) o sono socialisti o il loro ideale politico è il socialismo" da un'intervista pubblicata in "Young Socialist" del 1965 [ibidem: 31]. IV.9 Questione dell'autodifesa94 La questione dell'autodifesa non è una parte centrale della filosofia e del programma politico di Malcolm, tuttavia è importante precisare cosa egli intendesse per "dovere e diritto di autodifesa", perché questo è stata certamente il punto più controverso, il punto su cui la stampa americana ha concentrato i suoi attacchi considerandolo un "invito alla violenza". Persino Gandhi e Martin Luther King approvavano il principio dell'autodifesa, l'attività difensiva esplicata personalmente come autotutela, un diritto garantito dalla Costituzione americana; l'articolo 2 della "Dichiarazione dei Diritti" del 1791 (Bill of Rights) recita: "Essendo necessaria alla sicurezza di uno stato libero una ben ordinata milizia, il diritto del popolo di tenere e portare armi non potrà essere violato" [Commager 1980: 757]. e l'articolo IV sanziona il diritto dei cittadini a godere della sicurezza per quanto riguarda la loro persona e le loro cose. L'autodifesa era uno dei cinque punti strategici del programma dell'OAAU (e del documento fondamentale del Black Panthers Party for Self-Defense), "Per poter ridurre in schiavitù un popolo e mantenerlo in tale stato, si deve negare il suo diritto all'autodifesa... L'Organizzazione per l'unità afro-americana... afferma il nostro dovere e diritto a difenderci per poter sopravvivere come popolo. Incoraggiamo tutti gli Afro-Americani a difendersi contro gli attacchi... degli aggressori razzisti, il cui solo scopo è di negarci le garanzie contenute nella "Carta dei Diritti dell'Uomo" delle Nazioni Unite e nella stessa Costituzione degli Stati Uniti... Là dove il Governo... si è rivelato incapace e/o non disposto di assicurare alla giustizia gli oppressori razzisti... l'OAAU sostiene che la nostra gente debba assicurarsi che sia fatta giustizia a qualunque prezzo e con tutti i mezzi necessari". Come si può sperare di conquistare la libertà senza essere decisi a difendere i propri diritti? Tuttavia l'autodifesa non era la soluzione dei problemi dei neri. Anche quando si fossero organizzati per l'autodifesa, essi non sarebbero stati ancora liberi, perché la diseguaglianza è radicata e perpetuata dal sistema americano. L'autodifesa non era il fine, ma un mezzo da usare se necessario. "Quando i fanatici della supremazia bianca capiranno di avere a che fare con neri pronti a dare le loro vite in difesa della vita e della proprietà, allora...cambieranno interamente la loro strategia..." [Valvola, Gomma, Woman 1993: 9]. Quelli che hanno ascoltato o letto i discorsi di Malcolm sanno che egli non invitava alla violenza, ma rivendicava il diritto costituzionale di difendersi qualora fossero stati attaccati e non fossero stati difesi dalla polizia. Egli si opponeva alla violenza e voleva eliminarla. Lo ha ripetuto mille volte. Lo avrebbe potuto ripetere un milione di volte, ma i lettori dei giornali americani avrebbero continuato a sapere che egli invitava alla violenza. Se un bianco avesse detto "I bianchi devono difendersi quando vengono attaccati", ciò sarebbe stato considerato ovvio e scontato, e nessuno si sarebbe sognato mai di accusarlo di essere un sostenitore della violenza. Ma il fatto di incoraggiare i neri a difendersi... "Credo nell'ira. La Bibbia dice che c'è anche un tempo per l'ira...Non sono favorevole alla violenza sporadica, sono per la giustizia...Quando la legge non offre protezione ai neri dagli attacchi dei bianchi, quelli, se necessario, devono usare le armi per difendersi...Ritengo che sia un delitto per chi è stato trattato con brutalità continuare a subire senza far nulla per difendersi. Se è in questo senso che si deve interpretare la filosofia cristiana, se è ciò che insegna la filosofia di Gandhi, ebbene allora non esito a definirle filosofie criminali...Sono favorevole alla violenza, se non-violenza significa continuare a rimandare la soluzione del problema dei neri americani...(e) se questo significa...una soluzione differita che per me equivale a una non-soluzione..." [Malcolm X 1992: 427-428]. "...Lo stesso Gesù era pronto a buttare all'aria la sinagoga quando le cose non andavano secondo giustizia...Nell'Apocalisse troviamo Gesù a cavallo con la spada in mano, pronto a entrare in azione, ma nessuno dice a voi e a me queste cose...Andate a leggervi tutto il libro e troverete che, a un certo punto, anche Gesù perse la pazienza e, solo allora, sistemò le cose. Brandì la spada..." [Giammanco 1994: 225]. IV.10 Diritti umani e diritti civili Uno dei principali impegni dell'OAAU era di portare il caso della sistematica violazione dei diritti umani di ventidue milioni di Afro-Americani davanti ai tribunali delle Nazioni Unite, dell'Organizzazione per l'Unità Africana (OAU), che aveva dichiarato che l'Africa non sarà libera finché tutti gli Africani non saranno liberi, e di ogni altro organismo internazionale. In un discorso intitolato "The ballot or the bullet", pronunciato a Cleveland il 3 Aprile 1964, Malcolm espose l'importante tema della lotta per i diritti umani: "...E' necessario portare la lotta per i diritti civili ad un livello più alto: quello dei diritti umani. Finché si combatte per i diritti civili...si resta entro i limiti giurisdizionali dello zio Sam. Nessuno che non viva in questo paese può levare la sua voce in vostra difesa finché lottate per ottenere diritti civili che rientrano negli affari interni degli Stati Uniti. Tutti i nostri fratelli dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina non possono...interferire negli affari interni di questo paese. Ma le Nazioni Unite hanno nel loro statuto un documento conosciuto sotto il nome di "Carta dei diritti dell'uomo95"... Vi domanderete come mai siano state portate di fronte alle Nazioni Unite proteste per le atrocità commesse in Africa, in Asia, nell'America latina e in Ungheria, mentre non si sia mai pensato al "problema negro". Anche questo fa parte della congiura. Questo vecchio liberale dagli occhi azzurri... che dovrebbe essere...dalla nostra parte, pronto ad aiutare la nostra lotta...non vi parla mai dei diritti umani. Vi lascia impigliare nella rete dei diritti civili, e voi che sciupate tanto del vostro tempo ad abbaiare all'albero dei diritti civili non sapete neanche che lì vicini c'è un altro albero, quello dei diritti umani. Se si porta la lotta per i diritti civili sul piano dei diritti umani, allora il nero americano può sollevare il suo caso di fronte alle Nazioni Unite, può chiedere giustizia all'Assemblea Generale, e trascinare lo zio Sam al cospetto di un tribunale mondiale..." [Giammanco 1994: 143/162]. I diritti umani, qualcosa con cui si nasce, sono stati riconosciuti da tutte le nazioni del mondo; ma gli Stati Uniti, un paese che si professa guida morale del mondo libero, non hanno mai sottoscritto la "Convenzione sui Diritti Umani"; hanno aderito alla Dichiarazione ma non hanno potuto firmarla perché, per firmarla, avrebbero dovuto farla ratificare dal congresso e dal senato. E come avrebbero potuto ottenere dal congresso e dal senato questa ratifica, quando non riescono neppure ad ottenerne una sui diritti civili? Di fronte ad un tribunale mondiale gli Stati Uniti avrebbero dovuto spiegare perché, in un paese cosiddetto libero, i neri non sono liberi. All'ordine del giorno dell'Assemblea Generale sarebbero stati i crimini commessi dal governo degli Stati Uniti: violazione sistematica dei diritti umani, negazione dei diritti civili, genocidio, sterminio politico, economico, sociale e mentale, razzismo, sfruttamento e congiura contro milioni di neri. IV.11 I successi di Malcolm al "Vertice Africano" dell'OAU Nel Luglio 1964 Malcolm partecipò al "Vertice Africano" della seconda conferenza dell'Organizzazione dell'unità africana che si sarebbe tenuto al Cairo. Erano presenti quasi tutti i capi dei trentaquattro stati membri; Malcolm, in veste di rappresentante dei neri americani di origine africana, fu ammesso come osservatore in via del tutto eccezionale e gli fu consentito di sottoporre ai delegati un memorandum96 di otto pagine in cui chiese il loro appoggio alla lotta dei neri negli Stati Uniti e il loro aiuto per portare il problema davanti alle Nazioni Unite. In questo documento mise in evidenza le condizioni in cui era tenuta la gente nera ed esortò il congresso a rendere noto al mondo che gli Africani consideravano come propri i problemi dei loro fratelli in America. "... Eccellenze il governo americano non è disposto a proteggere la vita e la proprietà degli Afro-Americani vostri fratelli... (Questo) non è un problema negro e neppure un problema americano, ma un problema mondiale... che tocca tutta l'umanità: non è una questione di diritti civili ma di diritti umani... L'America è peggio del Sud Africa perché non solo è razzista, ma ipocrita e ingannatrice... predica l'integrazione e pratica la segregazione... A molti di voi si è fatto credere che la legge sui diritti civili recentemente approvata...sia un segno dello sforzo che l'America compie per riparare alle ingiustizie... Queste manovre propagandistiche fanno parte di tutta la politica insidiosa e ingannevole che mira ad impedire la condanna dell'America davanti alle Nazioni Unite..." [Giammanco 1994:191]. Malcolm espresse grande soddisfazione per l'esito e i risultati della sua partecipazione al congresso: "La mia partecipazione... ha creato... delle preoccupazioni alla struttura di potere in America. Infatti chi detiene il controllo sa benissimo che se riusciamo a stabilire... accordi operativi tra gli Africani e ventidue milioni di Afro-Americani, allora non c'è nulla che non possiamo fare... La mia presenza era storica perché in passato nessun nero americano aveva mai cercato di presentare i suoi problemi nel contesto dei problemi africani... La mia venuta era un fatto nuovo, unico..." [ibidem: 195]. Malcolm dichiarò la sua soddisfazione per il Comunicato emesso dall'Organizzazione dell'Unità Africana sulla "discriminazione razziale negli Stati Uniti d'America", anche se era stato formulato in termini assai moderati. Vi si notava con soddisfazione la recente approvazione della legge sui diritti civili e concludeva affermando la preoccupazione di tutti gli stati membri nei confronti della discriminazione razziale e invitando il governo degli Stati Uniti a intensificare i suoi sforzi affinché questa fosse del tutto eliminata. Dopo il congresso Malcolm fece un viaggio attraverso il continente per informare gli Africani sulle condizioni dei loro fratelli in America. Una testimonianza dell'impressione "fantastica" che Malcolm suscitò in Africa la ritroviamo in un passo tratto da un rapporto scritto da Lewis e Harris, due rappresentanti dello Student Nonviolent Coordinating Commitee che nel 1964 visitarono molti paesi africani. Ma l'attività di Malcolm impressionò anche gli alti funzionari di Washington. Il 13 Agosto del 1964 apparve sul "New York Times" un dispaccio da Washington: "...E' opinione diffusa tra i funzionari del Dipartimento di Stato che gli Stati Uniti verrebbero a trovarsi nella stessa posizione del Sud Africa, dell'Ungheria e di altri paesi la cui politica interna è stata fatta oggetto di dibattito alle Nazioni Unite. La questione servirebbe molto bene ai critici degli Stati Uniti, comunisti e non, e contribuirebbe a minare la loro posizione di leader dell'Occidente che si proclama difensore dei diritti umani..." [ibidem: 200]. Purtroppo però, nonostante molti rappresentanti delle nazioni africane avessero promesso ufficialmente che in occasione della prossima sessione delle Nazioni Unite avrebbero sostenuto i suoi progetti, la proposta di Malcolm non venne inclusa nel calendario della sessione del 1964, anche perché non ebbe alcun appoggio dalle maggiori organizzazioni americane per i diritti civili. Il 2 Gennaio 1965, meno di due mesi prima del suo assassinio, Malcolm annunciò che la sua petizione al Tribunale internazionale dell'Aia, controfirmata da vari capi si stato africani, sarebbe stata presentata e discussa. Tuttavia l'influenza di Malcolm alle Nazioni Unite apparve chiara nelle violente denunce della politica razziale americana, sia in patria sia all'estero, sollevate da diverse delegazioni africane durante il dibattito sul Congo. Malcolm aveva infatti attaccato duramente l'intervento americano in Congo che provocò la morte di Patrice Lumumba, il capo del Movimento Nazionale Congolese, ricevendo il plauso unanime della stampa dei paesi non allineati e del Terzo Mondo. Il fatto che il Dipartimento di Stato attribuì a lui la colpa per la decisa presa di posizione delle nazioni africane all'ONU contro l'imperialismo e il neocolonialismo americano dimostra il suo successo. IV.12 Internazionalizzazione della lotta degli Afro-Americani. Il colonialismo interno "Lo stesso uomo che ci ammazza in Congo, ci ammazza qui nel Mississippi." (Malcolm X) Malcolm internazionalizzò la politica dei neri americani, la loro lotta contro il razzismo, la segregazione, l'oppressione e proiettò il cosiddetto "problema negro", in una dimensione mondiale: il "problema negro" era il problema di tutti gli uomini scuri della terra oppressi dallo stesso uomo bianco e per risolverlo era necessaria una collaborazione fra tutte le vittime del sistema mondiale di sfruttamento. "Non c'è nessun problema negro, c'è il problema della società bianca." (Malcolm X) Malcolm X e altri neri militanti precursori come DuBois e Frazer usarono la categoria del "colonialismo interno" per rappresentare questa situazione comune di razzismo e sfruttamento "internazionalizzato", in cui tutti i neri, sia in Africa che in America, subiscono lo stesso trattamento: la comunità nera in America, secondo questo modello, è una delle tante colonie, una colonia interna, sotto il dominio statunitense; l'unica differenza tra la condizione reale degli Afro-Americani negli Stati Uniti e la dominazione coloniale imperialista nel Terzo Mondo era quella di dover vivere gomito a gomito con i dominatori e di essere una minoranza senza la propria storia, la propria lingua e la propria cultura. Il razzismo era lo stesso, al centro e alla periferia del dominio imperialista. "Congo è come Mississipi. Lo stesso uomo che ci ammazza nel Congo, ci ammazza nel Mississipi." (Malcolm X) In un'intervista del Gennaio 1965, un mese prima di essere ucciso, Malcolm dichiarò: "Le nazioni africane...collegano il razzismo del Mississipi con quello de Congo e del Vietnam del Sud. E' tutto razzismo; fa tutto parte di quell'ingiusto sistema che le potenze occidentali hanno adoperato per garantire la degradazione, lo sfruttamento e l'oppressione condotti...ai danni di popoli dell'Africa, dell'Asia e dell'America Latina...Il loro problema è lo stesso di tutti gli altri; quando i ventidue milioni di neri americani arrivano a comprendere di essere oppressi allo stesso modo (di altri) popoli...allora si affronta la questione come una maggioranza che è in grado di esigere, e non come una minoranza che è costretta a chiedere l'elemosina. Non dimentichiamoci che i popoli oppressi di questa terra sono la maggioranza!..." [Giammanco 1994: 318-319]. L'8 Aprile 1964 Malcolm X pronunciò un discorso in cui invitava i neri ad ampliare la propria prospettiva, creando un collegamento con le lotte di liberazione dei popoli africani e asiatici. Secondo Malcolm esistono due tipi di Afro-Americani: il primo tipo, l'integrazionista, si dà molto da fare per i diritti civili e ha una prospettiva provinciale, limitata entro i confini degli Stati Uniti d'America. Egli si sente americano ed è un grande patriota, ma essendo l'America in maggioranza bianca, si considera parte della minoranza nera e quindi impotente. Il secondo tipo di Afro-Americano, il nazionalista nero, si preoccupa dei diritti umani e non si considera affatto un patriota americano, ma si identifica con l'umanità di colore. Egli si rende conto che sulla scena mondiale i gli uomini scuri sono molto numerosi e i bianchi non sono che una minoranza microscopica. "...Io non sono Americano. Sono uno dei ventidue milioni di uomini dalla pelle nera che sono vittime dell'americanismo, uno dei ventidue milioni di vittime della democrazia che non è altro che un'ipocrisia travestita...Io vi parlo da vittima del sistema americano...e non riesco a vedere nessun sogno americano. Quello che vedo è un incubo americano" [ibidem: 146]. Malcolm era tornato dai suoi viaggi all'estero convinto internazionalista, dalla parte delle masse oppresse e sfruttate di tutto il mondo contro i loro oppressori e sfruttatori, facenti capo all'imperialismo Usa, la potenza dominante in quella che egli chiamava "la struttura di potere internazionale". Nessun altro al mondo denunciò con maggiore forza ed efficacia le responsabilità americane in Congo; si identificò con le vittorie del popolo cubano e cinese ed espresse solidarietà ai combattenti per la libertà in Indocina. Negli ultimi anni i "dannati della terra" si stavano svegliando, non accettavano più l'oppressione e cominciavano a ribellarsi. I rappresentanti delle nazioni africane, asiatiche e arabe formavano un blocco che era quasi impossibile combattere. Fu questo blocco ad iniziare il movimento di indipendenza tra i popoli oppressi. La prima riunione si tenne alla Conferenza di Bandung dell'Aprile 1955 in Indonesia. Nel 1961 alla Conferenza di Belgrado venne sancita ufficialmente la nascita del "Movimento dei non allineati" che appoggiava tutti le lotte per la liberazione e l'indipendenza e mirava alla riforma dell'ordine economico internazionale. "A livello internazionale le nazioni africane dispongono del maggior numero di rappresentanti...di qualsiasi altro continente, saremmo davvero dei pazzi se non ci identificassimo con quel blocco di potere... I rappresentanti delle nazioni africane, insieme con gli asiatici e gli arabi, formano un blocco che è quasi impossibile combattere. Fu questo blocco ad iniziare il movimento di indipendenza fra i popoli oppressi di tutto il mondo. La prima riunione delle nazioni che compongono quel blocco fu alla Conferenza di Bandung..." [ibidem: 229]. "Oggi, il 1964, qualsiasi esplosione razziale che si verifichi in America non può più restar confinata entro questo paese, ma è probabile che diventi la miccia che fa saltare tutta la polveriera...A centinaia di migliaia, oggi, i nostri fratelli hanno perso la pazienza, voltano le spalle al vostro nazionalismo bianco, che voi chiamate democrazia, per seguire la politica combattiva e contraria ad ogni compromesso del nazionalismo nero...Il 1964 segnerà un'evoluzione della rivolta negra che gradualmente entrerà a far parte della rivoluzione nera mondiale cominciata intorno al 1945... Le rivoluzioni rovesciano i sistemi e non esiste su questa terra sistema più corrotto, più criminale di questo che ancora oggi...tiene in una condizione coloniale...ventidue milioni di Afro-Americani. Non esiste sistema più corrotto di questo che si atteggia a esempio di libertà e democrazia, si presenta a tutti gli altri popoli con la pretesa di imporre la loro forma di governo, quando poi in questo paese ci sono dei cittadini che per potersi servire della scheda (elettorale) sono costretti a usare il fucile... Può darsi che questo sia il primo paese della terra in cui potrebbe verificarsi una rivoluzione senza spargimento di sangue..senza violenza, una rivoluzione incruenta, ma non è moralmente preparata per fare una cosa simile...L'unico modo in cui ciò può essere raggiunto senza spargimento di sangue è di dare al nero pieno diritto di voto; ma se il nero non potrà servirsi della scheda, allora vi troverete di fronte a un altro uomo, a uno che...comincia a servirsi del fucile..." [Giammarco 1994: 163/174]. IV.13 "La scheda o il fucile" ("The ballot or the bullet 97") "Il prezzo della libertà è la morte" (Malcolm X). Il Presidente del Ghana Nkrumah diceva "Cercate prima di tutto il regno politico e si sommerà tutto il resto...La politica è potere, è la scienza di come governare". Come Nkrumah, Malcolm voleva insegnare alla sua gente che l'unico potere reale che in America sia riconosciuto e rispettato è il potere politico, che si ottiene attraverso il voto98. "...E' tempo di diventare più maturi politicamente e di capire a che cosa serve la scheda, di capire che cosa abbiamo diritto di ottenere quando esprimiamo il nostro voto...Se non votiamo (così), finiremo col trovarci di fronte a una situazione in cui non ci sarà altra alternativa che la lotta armata...O la libertà o la morte...(ma questa volta la morte) sarà reciproca..." [Giammanco 1995: 149]. In molti stati americani i neri rappresentavano la maggioranza o un'altissima percentuale numerica e ciò significava che usando il voto in modo corretto il potere sarebbe andato legalmente nelle loro mani. Per questo l'OAAU stava organizzando ad Harlem una campagna per la registrazione degli elettori neri. Essi non si dovevano registrare ne come democratici ne come repubblicani, ma come indipendenti a favore di chiunque fosse dalla loro parte; non avrebbero dovuto affiliarsi a nessun partito, almeno fino a che non fosse chiaro quale vantaggio concreto ciò avrebbe rappresentato per l'intera comunità. "Una persona può registrarsi come indipendente e poi votare come vuole. Non sto parlando di un partito indipendente"[Valvola, Gomma e Woman, 1993: 100]. La partecipazione al voto, e non alle marce non violente, era l'ultimo tentativo pacifico per cambiare le leggi e il sistema americano; ma se anche questo non avesse funzionato, se questo non avesse funzionato: la violenza; o il voto o il fucile, libertà o morte, ma questa volta la morte del nero non sarebbe stata l'unica, avrebbe portato con sé anche la morte del bianco. Per Malcolm, il 1964, anno delle nuove elezioni politiche, era l'anno in cui si doveva scegliere tra la scheda o il fucile. "Se io dovessi morire domattina, sappiate che sono morto dicendo questo: o la scheda o il fucile". "Saremo costretti a servirci o della scheda o delle pallottole...Il 1964 minaccia di essere l'anno più esplosivo che l'America abbia mai visto... (Perché) è anche un anno politico, è l'anno in cui tutti i politicanti bianchi torneranno nelle comunità negre a far la corte a voi... per farsi dare qualche voto...Tutte le volte che ci sono le elezioni capita che i risultati siano quasi uguali da obbligare ad un secondo conteggio delle schede. Cosa vuol dire ciò? Che quando i bianchi sono divisi in due gruppi quasi della stessa forza e i neri dispongono di un blocco di voti, spetta a loro decidere chi andrà alla Casa Bianca..." [Giammanco 1994:143-144]. Malcolm voleva insegnare ad usare i voti dei neri nell'interesse dei neri: Alle precedenti elezioni politiche il loro voto era servito a eleggere i democratici, che avevano promesso di far passare la legge per i diritti civili, ma poi, attraverso abili "giochetti politici", come l'ostruzionismo parlamentare (il filibustering e il gerrymandering), erano stati al potere per quattro anni senza far nulla per loro. "...I liberal bianchi sono delle volpi che ci mostrano...i denti facendo finta di sorriderci. Sono più pericolosi dei conservatori perché attirano il negro il quale, per scappare al lupo cattivo, finisce in bocca alla volpe sorridente..." [ibidem: 35]. "L'unico modo per farti correre volontariamente verso la volpe è di mostrarti il lupo" (Malcolm X). Malcolm fu un inflessibile nemico di Washington e dei partiti, sia quello democratico che quello repubblicano. Essi erano entrambi nemici del popolo nero e non meritavano il minimo appoggio. Paradossalmente considerava i repubblicani come B. Goldwater meno pericolosi degli ipocriti democratici come L.B. Johnson, perché almeno i primi dichiaravano apertamente la loro ostilità ai "Niggers", mentre gli altri usavano il problema razziale come strumento per guadagnare i voti dei neri. L'unica organizzazione che condivideva e appoggiava le idee di Malcolm era il Socialist Workers Party (SWP) di orientamento trotskista, la sezione statunitense del "Movimento per la Quarta Internazionale" (George Breitman nel 1938 fu tra i fondatori del SWP) Nel 1964 Malcolm prese in considerazione l'offerta dei leaders del Michigan di presentarsi come candidato alle elezioni per il Senato degli Stati Uniti nella lista del Freedom Now Party, ma fu costretto a declinare l'offerta a causa dei suoi impegni in Africa. L'FNP, fondato nel 1963, fu lo sforzo pioneristico di creare un partito politico nero su scala nazionale CAPITOLO V CONCLUSIONE "He was a dedicated patriot: DIGNITY was his country, MANHOOD was his government and FREEDOM was his land". John Oliver Killens L'assassinio di Malcolm X. La "Domenica nera della Audubon Hall" Il 21 Febbraio 1965, durante una riunione dell'OAAU alla Audubon Ballroom di Harlem, Malcolm X fu ucciso con sedici pallottole di fucile di fronte a cinquecento persone. L'autobiografia di Bobby Seale, uno dei fondatori del Black Panther Party for Self-Defense, comincia proprio con il ricordo del giorno in cui Malcolm fu assassinato: "Quando Malcolm X fu assassinato, nel 1965, mi precipitai in strada...Ogni volta che vedevo passare un poliziotto in macchina raccoglievo un mezzo mattone e lo tiravo...Piansi disperatamente...Ero fuori di me...Ero pronto a morire, quel giorno...Eldridge dice che tutti subirono l'influenza di Malcolm X, e anch'io subii la sua influenza" [Seale 1971: 15]. Malcolm era alla ricerca di una sintesi tra nazionalismo nero e socialismo rivoluzionario, ma non poté portare a termine questo progetto perché fu assassinato. Resta agli altri i compito di ripartire da dove Malcolm ha lasciato e completare l'opera che egli aveva iniziato. Come ha detto Frank Lovell al raduno commemorativo della Afro-American Broadcasting Co., "E' stato un grave colpo per il popolo nero e per tutti gli americani bianchi che vogliono abbattere il sistema che genera il razzismo. Uomini come Malcolm non nascono spesso, né in gran numero. I nemici del progresso umano beneficiano della sua morte; coloro che per il progresso umano si battono ne sono indeboliti e danneggiati. Ma un pur grave colpo non può annientare la lotta...Il sistema capitalistico non genera solo razzismo, ma anche ribelli al razzismo, soprattutto fra i giovani". Le tre tesi principali che secondo Giammanco si sono venute configurando sulla responsabilità della morte di Malcolm X sono: 1. Quella più ovvia, visto che gli esecutori materiali sono stati tre fanatici Black Muslim, attribuisce la piena responsabilità dell'assassinio alla Nation of Islam. Furono arrestati Talmadge Hayer, 22 anni, Norman 3X Butler, 26 anni, e Thomas 15X Johnson. Non è chiara la questione se Elijah Muhammad abbia dato personalmente l'ordine di eliminare l'"ipocrita" o se siano stati i suoi luogotenenti a prendere autonomamente questa decisione. La moglie e le figlie di Malcolm considerano Louis Farrakhan, attuale Ministro della Nation of Islam, il mandante dell'assassinio. Il 4 Dicembre 1964, tre mesi prima dell'assassinio, infatti, egli aveva scritto un articolo nel giornale "Muhammad Speaks", l'organo ufficiale della Nation of Islam, in cui diceva: "The die is set and Malcolm shall not escape, especially after such evil, foolish talk about his benefactor. Such a man as Malcolm is worthy of death." 2. La seconda teoria chiama in causa i servizi segreti federali, la CIA e l'FBI di J. Edgar Hoover, per i quali le attività internazionali di Malcolm erano diventate insostenibili; egli infatti era quasi riuscito a raccogliere le adesioni dei capi di stato africani necessarie per presentare all'ONU la denuncia degli Stati Uniti come "paese più razzista del Sud Africa". La terza teoria attribuisce alla Mafia, in connivenza con i servizi segreti e/o con la NOI, la responsabilità dell'uccisione di Malcolm. Il suo successo nella lotta contro l'uso della droga nei ghetti neri avrebbero infatti messo in pericolo i suoi profitti [cfr.Giammanco 1994: 49-50]. Orazione funebre di Ossie Davis "Qui in questo estremo momento...Harlem è venuta a dire addio a una delle sue più fulgide speranze, che è stata stroncata e tolta a noi per sempre. Mai a memoria d'uomo questa comunità bisfrattata, sfortunata, oppressa, e pur tuttavia fiera, ha trovato un giovane campione più coraggioso e leale di questo Afro-Americano che giace dinnanzi a noi ancora invitto. Ripeto di nuovo quella parola come lui avrebbe voluto che facessi: Afro-Americano. L'Afro-Americano Malcolm. Malcolm non era più un nero da molti anni. Era diventata una parola troppo riduttiva, senza significato, troppo debole per lui. Malcolm era più grande. Malcolm era divenuto un Afro-Americano e desiderava disperatamente che noi, tutta la sua gente, diventassimo anche noi Afro-Americani.... Molti chiederanno forse cos'è che Harlem trova degno di tanto onore in questo audace e tanto discusso giovane comandante...Essi diranno che lui è l'odio, un fanatico, un razzista che può solo nuocere alla causa per la quale combattete. E noi risponderemo a quei signori dicendo: "Avete mai parlato con fratello Malcolm?...Lo avete mai ascoltato veramente?...Potreste mai affermare che è stato coinvolto in disordini o in azioni violente? Perché, se così fosse, lo conoscereste e conoscendolo capireste perché dobbiamo tributargli i più alti onori. Dobbiamo rendergli onore. Malcolm era il nostro essere uomini, la nostra vita, il nostro essere neri! Questo era ciò che egli significava per il suo popolo, e quando onoriamo lui, non facciamo altro che onorare la parte migliore di noi stessi. Che la sua tragica e prematura dipartita serva unicamente a unirci adesso, nel consegnare queste spoglie mortali alla terra, madre comune di tutti, nella certezza che ciò che stiamo affidando alla terra non è più un uomo ormai, ma un seme, che dopo l'inverno di questo nostro presente, spunterà di nuovo per incontrarci e allora lo conosceremo per quello che è stato ed è: un Principe, il nostro luminoso Principe Nero, che non ha esitato a morire perché ci amava fino a tal punto" [dal film Malcolm X di Spike Lee]. "Negli anni Novanta,... un gran numero di giovani e di lavoratori, come mai prima d'ora, e non solo negli stati Uniti, ma tra i combattenti che hanno una mentalità rivoluzionaria in giro per il mondo, vuole leggere ciò che Malcolm aveva da dire. Nei suoi discorsi essi trovano onestà incorruttibile e integrità rivoluzionaria, trovano fierezza e identificazione con tutto ciò che ripudiano...; trovano una rivendicazione potente del loro orgoglio, dignità e capacità, come esseri umani, di pensare per se stessi e di agire politicamente in modo collettivo. Trovano delle verità schiette su un sistema economico e sociale che promette solo: più guerre, brutalità della polizia, violenza razzista, oppressione nazionale, devastazione economica e distruzione dei significati della vita umana e della cultura che noi condividiamo su questo pianeta" Steve Clark, 1992 [Valvola, Gomma, Woman 1993: VII]. 1 "The Hate That Hate Produced", "L'odio che ha prodotto l'odio", era il titolo della trasmissione televisiva che per prima (1959) presentò al pubblico Malcolm X, come portavoce delle idee della setta della "Nation of Islam". L'intenzione dei produttori era che alla fine del programma il pubblico restasse allibito; si voleva creare un'immagine dei "Black Muslim" come propagandisti di odio; infatti, se il titolo faceva riferimento all'odio dei bianchi verso i neri, alla fine, ciò che era emerso, come ci si poteva aspettare, era soprattutto l'odio dei neri verso i bianchi. 2Termine dispregiativo usato per chiamare gli Afro-Americani. 3 "Wasp" è l'abbreviazione di White-Anglo-Saxon-Protestant. 4 Il governo americano. 5 Cfr. cap. IV: Malcolm X voleva internazionalizzare il cosiddetto "problema negro". 6 "Non è corretto classificare la rivolta del Negro semplicemente come un conflitto razziale del nero contro il bianco, o come un problema puramente americano. Piuttosto, oggi siamo di fronte ad una ribellione dell'oppresso contro l'oppressore, dello sfruttato contro lo sfruttatore." 7Cfr. Higginbotham jr., In the Matter of Color, Oxford University Press, New York, 1978 e Ringer B. We the People...and Others, Methuen, New York and London, 1982. Nella sterminata letteratura sulla "questione negra negli Stati Uniti", il primo lavoro non si limita a mettere a confronto le promesse istituzionali di eguaglianza con la pratica quotidiana, ma ricerca nel cuore stesso del sistema legale Usa le ragioni profonde dell'ingiustizia sociale e della creazione di una "società duale". 8 Gunnar Myrdal, An American Dilemma. The Negro Problem and Modern Democracy, Pantheon, New York, 1944. 9 Il "credo americano", che deriva dai principi nazionali e cristiani profondamente radicati nella coscienza americana, consiste negli ideali della dignità essenziale di ogni essere umano (compresi i cosiddetti "negri"...), della fondamentale uguaglianza di tutti gli uomini e di alcuni inalienabili diritti che sono contenuti nel "Bill of Rights", il preambolo della Costituzione americana [cfr. Madge 1966: 327]. 10 Era lo slogan di una pubblicità della Lloyds Bank, che invitava alla formazione di capitale fittizio. 11 Frederick Douglass, nato in schiavitù, dopo essere fuggito, imparò a leggere e a scrivere e divenne un attivo antischiavista. 12 Cfr. il paragrafo sul "colonialismo interno" in Malcolm X, capitolo IV. 13 Antonio Gramsci, nell'opera Gli intellettuali e l'organizzazione della cultura (Giulio Einaudi, Torino, 1973) distingue due tipi di intellettuali: gli "intellettuali organici", i quali pensano le idee della classe sociale che li ha generati, e gli "intellettuali tradizionali", che si distaccano dalla struttura economica e si considerano autonomi e indipendenti [Gramsci 1973: 5]. 14 Karl Mannheim, nell'opera Ideologia e Utopia (Il Mulino, Bologna, 1957), affronta la questione sociologica dell'"intelligentsia socialmente indipendente": gli intellettuali migliori, costituendo il ceto meno coinvolto nella sfera degli interessi materiali, riescono a fare la sintesi dinamica delle diverse prospettive particolari e ad accogliere in sé tutti i fermenti della società. Essi sviluppano una sensibilità per ogni forza in lotta e riescono a tutelare gli interessi di tutta l'umanità [Mannheim 1957: 163/171]. 15 Cfr. il paragrafo sul "Nazionalismo nero rivoluzionario" in Malcolm X, cap. IV, pag.??? e la concezione del nazionalismo nero per il BPP. 16 Se la loro presenza non fosse così centrale e utile al sistema americano, sicuramente sarebbero stati già rispediti in Africa, naturalmente presentando questo atto al mondo intero come una generosa opera umanitaria, oppure l'America avrebbe assecondato, appoggiato e finanzianto il "Back to Africa Movement", che era nato spontaneamente. 17 D M D1 è la formula classica attraverso cui si rappresenta il processo di sfruttamento dei lavoratori e formazione del profitto. D simbolizza il capitale di partenza con il quale il capitalista acquista la forza-lavoro dall'operaio. M rappresenta è la merce, cioè la forza-lavoro acquistata. D1 simbolizza il plus-valore, come si chiama il profitto derivante dalla parte di lavoro che non viene pagato all'operaio. Questo processo continua e diventa D1 M1 D2, e così via... 18 Termine che indica in senso dispregiativo ciò che è tipicamente americano. 19 Ku Klux Klan è il nome di due società segrete degli Stati Uniti. La prima, fondata nel 1865 dal generale N.B. Forest, sostenne con la violenza e con mezzi illegali la difesa dei diritti degli anglosassoni contro l'orientamento antirazzista del governo nel periodo della "ricostruzione", ostacolando in ogni modo la partecipazione dei neri alla vita pubblica. La seconda, fondata nel 1915 da W. Simmons si ispirò alle stesse tendenze nazionalistiche, lottando ferocemente, oltre che contro i "niggers", anche contro gli emigrati europei, in particolare contro cattolici ed ebrei. Declinata dopo il 1928, riprese la sua attività durante l'amministrazione Kennedy ed è tuttora attiva. Per ascoltare puro odio razzista, basta chiamare il numero: 001-404-9673479, la linea telefonica del Ku Klux Klan negli Stati Uniti. Il White Citizen's Council era considerata tra le più razziste organizzazioni di destra; il suo obiettivo principale era di opporsi il più ferocemente possibile all'integrazione razziale. 20 Nell'introduzione dell'antologia Gli studenti americani dopo Berkeley, Einaudi, Torino 1969, Martinelli e Cavalli spiegano le cause strutturali della protesta giovanile degli anni Sessanta che spesso coincidono con quelle del movimento nero. 21 Nell'Ottobre 1969 Schultz, segretario del Lavoro nell'amministrazione Nixon, impose la "quota" nelle assunzioni di apprendisti neri in certe industrie federali; da cui si passò all'"equilibrio razziale". 22 Per conoscere tutto ciò che è successo in America dopo la morte di Malcolm X, si consiglia la lettura di Cartosio Bruno, Senza illusioni. I neri negli Stati Uniti dagli anni Sessanta alla rivolta di Los Angeles, Shake, Milano, 1995. 23 Nel Sud degli Stati Uniti alcune chiese appendevano a fianco dell'entrata un pettine a denti fini. L'ingresso era vietato a chi non riusciva a farsi passare il pettine fra i capelli, e questo manteneva lontana la maggioranza dei cosiddetti "negri". 24 Cfr. Martinelli e Cavalli 1971: 32/37. 25 Gli integrazionisti, che si davano tanto da fare per essere integrati nella società americana, erano chiamati da Malcolm X e dai membri della Nazione dell'Islam con il soprannome dispregiativo "Zio Tom", dal nome del protagonista del celebre romanzo di Harriet Beecher-Stowe La capanna dello zio Tom (1851). Lo "zio Tom" era diventato il simbolo del "negro di casa" (house-nigger), degno di compassione, ma rassegnato, animato da sentimenti patriottici, schiavizzato e ubbidiente. Malcolm X si scagliava sempre contro questi neri imborghesiti, moderna versione dello zio Tom, perché li considerava dei "professionisti negri", cioè la loro professione era di essere "negri" al servizio dei bianchi. 26 Nel 1947, Mohanda K.Gandhi, insieme a Nehru, portò l'India all'indipendenza, senza che gli Indiani usassero la violenza. Con una serie di campagne di disobbedienza civile e propagandando e attuando nuove forme di lotta basate sulla resistenza passiva, sulla non-violenza (ahimsa), sul rifiuto di qualsiasi collaborazione con i dominatori, con il boicottaggio delle istituzioni inglesi e coniugando la battaglia per l'indipendenza con quella per la rottura del sistema delle caste, Gandhi fece del Nazionalismo indiano un movimento di massa al quale gli Inglesi risposero dapprima con delle concessioni legislative, poi, un poco alla volta, si arrivò pacificamente alla piena indipendenza. Gandhi fu ucciso nel 1948 a New Delhi da un fanatico indù. 27 L'"Amore" della filosofia cristiana si deve intendere in questo senso nella accezione del termine greco agape, che significa "buona volontà intelligente, creativa e redentrice": dobbiamo amare tutti gli esseri umani, odiando l'ingiustizia e non gli ingiusti, odiando l'odio e non chi odia. 28 L "Autodifesa" è l'attività difensiva esplicata personalmente come autotutela. E' interessante confrontare il concetto dell'autodifesa di Martin Luther King con quello elaborato da Malcolm X (capitolo IV) e dal Black Panther Party for Self-Defense (capitolo II). 29 "Io ho un sogno" (p.99/103) in Martin Luther King, Io ho un sogno. Scritti e discorsi che hanno cambiato il mondo, Società Editrice Internazionale, orino, 1993. 30 Cfr. Cartosio, Gambino, Naso e altri 1994: 29 e seg. 31 Ogni personaggio del film ha una sua "cosa giusta da fare", anche se alla fine del "giorno più caldo dell'anno" (nel senso dell'estate calda), Spike Lee sceglie la rivolta collettiva come la cosa più giusta da fare nell'America attuale, dove il reaganismo ha dilatato tutte le distanze e il razzismo è sempre più un problema irrisolto ed esplosivo. 32 La lunga lotta di Robert Williams è documentata nel libro Negroes With Guns. Fu accusato del sequestro di un bambino e a causa di ciò fu costretto a fuggire a Cuba e successivamente in Cina. 33 Cfr. Giammanco 1993: 113/120. 34 Le idee di Marcus Garvey hanno avuto una grande influenza sul Movimento Rastafari giamaicano. Anche per i Rasta l'Etiopia è la Terra Promessa, la terra madre che un giorno accoglierà la gente di Jah. Il re di Etiopia Hailé Selassié è venerato nel culto dei Rasta come la personificazione di Dio, chiamato Jah Ras Tafari. Bob Marley, mitico cantante di Raggae, negli anni Settanta diffuse in tutto il mondo questa ideologia con canzoni di protesta e di redenzione che parlavano della sofferenza dei poveri e degli oppressi dal sistema dei bianchi, Babilonia. 35 Il padre e la madre di Malcolm X erano membri dell'UNIA e seguaci di Marcus Garvey. Earl Little, libero predicatore battista, attivista coraggioso e tenace, aveva pagato con la vita il suo impegno nel reclutare i neri "beyond the traks", al di là delle rotaie che delimitavano i quartieri neri segregati. 36 La "Nazione Etiope", secondo Garvey e la religione Rastafari giamaicana, discendeva dall'antico e nobile regno della Regina di Saba e dal trono di Giuda. 37Iniziò così una lunga disputa tra DuBois e Garvey che lo chiamò "sciagurato mulatto, cosiddetto professore di Harvard e Berlino, "hater of dark people". 38 Elijah Muhammad usava questa espressione, perché, secondo lui, solo il cinque per cento della popolazione nera, e cioè i membri della setta, aveva una vera consapevolezza del ruolo dei neri nella storia. 39 In Unity & Leadership (1992) Mohammed Imam W. Al-Islam (Wallace Deen Muhammad) parla dell'Islam negli Stati Uniti e afferma che i musulmani non sono e non possono essere razzisti. 40 Oggi Farrakhan vive in una ricchissima villa bunker nell'esclusivo quartiere di Hyde Park a Chicago con la moglie Khadijah e nove figli. Raccomanda ai suoi fedeli di comprare i prodotti cosmetici "Clenn' Fresh", messi sul mercato da commercianti musulmani. 41 Nell'intervista della CNN del 12 Ottobre 1995, Farrakhan ha spiegato che le donne non erano state invitate alla marcia per via dei possibili rischi di violenza. Ma donne combattive come la mitica Angela Davis non accettano questo tipo di giustificazioni. 42 Testi su Farrakhan: Gardell Mattias, Countdown to Armageddon: Louis Farrakhan and the Nation of Islam, C. Hurst & Co., UK, 1996 (contiene i discorsi e I sermoni). Marshall C.Alan, The life and Times of Louis Farrakhan, Marshall Pub., Usa, 1994. Magida Arthur, J. Prophet of Rage: a life of Louis Farrakhan and his Nation, Harpercollins, Usa, 1996. 43 Il regista nero Mario Van Peebles, già autore di New Jack City, nel 1994 ha girato Panther, il primo film che racconta la storia delle Pantere Nere. 44Bobby Seale, Cogliere l'occasione. La storia del Black Panther Party e di Huey P. Newton, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1971. 45 La polizia usava espressioni offensive, tipiche del Sud razzista: nigger, boy, spade, coon, rastus, jungle bunny, ape, head hunter, ecc. Una canzone del mitico musical di Broadway "Hair", "Colored Spade", elenca tutte le offese e i soprannomi con cui venivano chiamati i neri. 46Stokely Carmichael è autore del libro Strategia del potere nero, Laterza, Bari, 1968. Nel '68, quando le Pantere Nere si divisero tra Africans e Americans, tra radicali e moderati, egli andò a vivere in Africa, continuando la rivoluzione prima in Ghana, a fianco di Kwame Nkrumah, e poi in Guinea con Sekou Tourè. Oggi vive a Conakry e si fa chiamare Kwame Tourè. 47Col sangue agli occhi. Il "fascismo americano" e altri scritti, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1972. 48 I fratelli di Soledad, Einaudi, Torino, 1971. 49 Angela Davis, Autobiografia di una rivoluzionaria, Garzanti, Milano, 1975. 50 Recentemente Mumia Abu Jamal ha pubblicato un libro sulla vita nelle carceri, La voce dei senza voce. 51 "Islam" in arabo significa "abbandono incondizionato". 52 La prima scritta in arabo è la Basmala, la formula che apre tutte le sure, e significa: "In nome di Allah il Compassionevole, il Misericordioso" (pron.:"Bi-smi'llàhi ar-Rahmàn ar-Rahìm"). La seconda scritta é il primo "pilastro" dell'Islam, la professione di fede nell'unicità di Allah: "Non c'è Dio all'infuori di Allah e Muhammad é l'ultimo messaggero di Allah" (pron.: La ilàha illallàh Mohamed rasùl Allàh). 53 Associazione razzista del nord degli Stati Uniti legata al Ku Klux Klan. 54 Malcolm era uno tra gli studenti più intelligenti e bravi della sua scuola, ma quando confidò al suo insegnante di voler diventare un avvocato, questo gli consigliò di essere realista e di cominciare a pensare ad un lavoro che fosse adatto ad un "nigger". 55 Shoeshine boy, soda jerk, hostel busboy, member of a dining car crew on trains, waiter in a nightclub and drug-pusher. 56 Sul significato sociologico del ghetto: Louis Wirth, Il ghetto, Edizioni di Comunità, Milano, 1968. 57Come molti altri ragazzi, anche Malcolm aveva un'immagine "romantica" del ghetto. Per questi giovani, ancor oggi, è meglio essere come i trafficanti, con le tasche piene di quattrini, senza rispetto per niente e per nessuno, che cercare di darsi da fare con un lavoro onesto in una società che li considererà sempre "niggers". 58 Nonostante portasse sempre con sé una pistola, che molte volte fu sul punto di usare, Malcolm non arrivò mai ad uccidere qualcuno. 59 Malcolm X cercò di contrastare l'uso di questa espressione, perché essi erano musulmani e non musulmani neri. I membri della setta vennero chiamati impropriamente "Black Muslim" a causa del titolo della tesi di dottorato di uno studioso nero, Eric C. Lincoln, The Black Muslim in America (Eerdmans, William B., Publishing Company, 1994) che divenne poi una lettura obbligatoria in numerosi corsi universitari. 60 Elijah Muhammad insegnava che il maiale era un grosso roditore, un ibrido fra un topo, un cane e un gatto. Nel Corano il maiale è esplicitamente considerato un animale impuro. I teologi spiegano queste divieti alimentari con delle ragioni naturali o pratiche. 61 I canoni di bellezza sono stabiliti dai mass-media del "primo mondo". Ancora oggi esistono numerose strategie per cambiare "razza". "Non hai i capelli biondi, gli occhi azzurri e la pelle bianca? Nessun problema. Basta sottoporsi ad alcune semplici procedure." Ogni anno, ad esempio, decine di migliaia di Giapponesi si fanno arrotondare gli occhi sul modello europeo per US $1.500. In molti paesi africani si cerca di schiarirsi la pelle usando creme e saponi sbiancanti a base di idrichinone o mercurio. Questi prodotti che promettono una pelle chiara come la neve, in realtà bruciano e distruggono i tessuti. John Howard Griffin, un bianco, si fece scurire la pelle chimicamente e si finse nero, perchè voleva sapere cosa significasse realmente essere un nero nel sud degli Stati Uniti. Nel 1960 pubblicò un libro Black like me, (che ha venduto cinque milioni di copie in tutto il mondo) in cui raccontava questa esperienza: "Quando ho deciso di diventare nero, mi sono reso conto che io, esperto di questioni razziali, non sapevo niente dei veri problemi dei neri in America." A questo proposito Cornell West parla di necessità di "conversione psichica, di decolonizzazione della mente, del corpo e dell'anima", la necessità di rifiutare che si misuri l'umanità di qualcuno in base agli standard della supremazia bianca. "Michael Jackson può giustamente sperare di essere visto come una persona, anziché come un colore...ma le sue trasformazioni facciali rivelano una misurazione di sé in base agli standard dei bianchi...egli vede ancora se stesso attraverso le lenti estetiche che svalutano alcune delle sue caratteristiche africane" [Wood 1992: 49-50]. 62 "El-Hajj" in arabo significa: "colui che ha fatto il pellegrinaggio", "Màlik" significa "signore" o "re" e "Shabazz" era il nome di una tribù africana particolarmente forte e saggia, da cui si dice discendano gli Afro-Americani. 63 Dal 1985 è in scena l'opera teatrale di Anthony Davis X, che racconta la vita dell'ormai leggendario Malcolm e descrive il crescente conflitto tra lui ed Elijah Muhammad, che culminò nella "scomunica" finale. Dall'articolo intitolato "Opera about Malcolm X opens this fall" ["Chicago Tribune" 5 Settembre 1985]. Un'altra opera su Malcolm, When the Chickens Came Home to Roost di Laurence Holder, è un "historical docu-drama" che si svolge nel quartier generale della Nazione dell'Islam durante il dialogo che segnò la rottura tra i due antagonisti, Malcolm ed Elijah Muhammad. In quel momento emerge lo studio di grande effetto teatrale di due caratteri in contrasto l'uno con l'altro: Malcolm è giovane, idealista, entusiasta e onesto, mentre Muhammad è cinico e disonesto, teso solo a mantenere inalterato il suo potere all'interno della setta ["The New York Times" 15 Luglio 1981. 64 (Traduzione libera mia) Un caso di "chi la fa l'aspetti" o di "polli che tornano a casa ad appollaiarsi" ed "essendo un vecchio ragazzo di fattoria io stesso, i polli che tornano a casa ad appollaiarsi non mi hanno mai fatto rattristare, mi hanno sempre fatto contento." 65 Vedi anche L. Gallino, voci "Personalità" e "Cultura e Personalità", in Dizionario di Sociologia, UTET, Torino, 1978. 66 Hans Mol sottolinea la parte che i rituali religiosi svolgono nel definire l'identità personale e nel rinforzare l'identità sociale. 67 Wit over Zwart (Bianco su nero) di Jan Nederveen Pieterse analizza gli stereotipi classici dei bianchi nei confronti dei "negri". 68 Cfr. con ciò che è scritto in Appendice 2 nel "Programma unitario di base" dell'Organizzazione per l'Unità Afro-Americana (pp. 210/212) a proposito del termine "negro". 69Eugene Gordon propose nel 1928 che "un'apposita commissione studiasse i principi di tutte le religioni per vedere quali si adattano meglio alla situazione degli Afro-Americani...": dall'Islam avrebbero potuto imparare la militanza, dal Confucianesimo l'abolizione della paura e la rinuncia all'idea di un'altra vita, dal Giudaismo il principio della giusta rappresaglia e così via. 70 Per Essien Udom E. U. il vero nemico dei Black Muslim non era il bianco ma il "negro imborghesito". Essi lottavano su un duplice fronte: contro i bianchi oppressori e, cosa che soscitò ancora più ostilità, contro la borghesia nera (middle e upper class) che cominciava a condividere certi privilegi fino ad allora esclusivi dei bianchi. La lotta di classe era la reazione del proletariato nero doppiamente frustrato: perché nero e perché povero. Per questo, secondo Lanternari, i Black Muslim, assunsero una posizione unica, di rottura radicale con tutta la società dei bianchi [cfr. Lanternari Occidente e Terzo Mondo]. 71 "Non considerare morti quelli che sono stati uccisi sul sentiero di Allah. Sono vivi invece e ben provvisti dal loro Signore, lieti di quello che Allah, per Sua grazia, concede" [Qur'an III, 169-170]. E' bene sottolineare che "Al-Jihàd", la guerra santa dichiarata in nome di Allah contro gli oppressori e i nemici dell'Isalm si invoca ogni volta che l'esistenza, la pace e la sicurezza della comunità vengono minacciate; i musulmani hanno allora il diritto-dovere alla legittima difesa. La guerra ha solo carattere difensivo e deve essere condotta senza crudeltà. "Al-Jihàd", che può essere condotto anche in modo non violento, non è, esplicitamente, un principio fondamentale dell'Islam, tuttavia è un dovere di ogni musulmano difendere l'Islam anche con la morte. Allah garantisce il Paradiso ai mujahidin che muoiono per difendere l'Islam [Il Corano 1996:582-583]. I musulmani distinguono due tipi di gihad: il grande "jihad", la guerra contro il nemico interno, le debolezze dell'animo e i costumi deplorevoli, e il "piccolo jihad", la guerra contro il nemico esterno, contro l'empio e l'infedele. 72 Ne sono esempio l'obbligo del pellegrinaggio alla Mecca, Hajj, il cui significato essenziale è che tutti i fedeli, giunti da ogni parte del mondo, sono fratelli e uguali di fronte ad Allah; e l'elemosina legale, zakat, quinto pilastro fondamentale dell'Islam, che sottolinea l'uguaglianza tra gli uomini. 73 In questo tipo di analisi non si prendono in considerazione le esperienze rivoluzionarie come quelle del primo Cristianesimo o della Teologia della Liberazione. 74 Interessante a questo proposito la ricerca sulla corruzione del Vaticano di David Yallop, In God's name, tradotto in italiano con il titolo In nome di Dio, Pironti, Salerno, 1992. La religione cattolica è la più diffusa, ricca e politicizzata del mondo e i valori religiosi del cristianesimo originario sono diventati irrilevanti per quel grande complesso cultural-industriale noto come Chiesa Cattolica. Ci sono notizie secondo cui le ricchezze della Chiesa ammontano a 2.000.000.000 di dollari, senza contare i beni immobili e i tesori artistici. 75 "Malati mentalmente, spiritualmente, economicamente e politicamente". Queste erano le deviazioni del "negro" americano, che Malcolm X denunciava poco prima di fondare la Muslim Mosque Inc . 76 "Normalmente il razzismo nero è stato prodotto da quello bianco e, nella maggior parte dei casi, è la reazione al razzismo bianco...non c'è un vero e proprio razzismo nero..." [Giammanco 1994: 298]. 77 L'espressione "zio Tom" deriva dal nome del protagonista del romanzo di Harriet Beecher Stowe, La capanna dello zio Tom (1851). 78 Una teoria sull'origine delle razze chiamava in causa la Bibbia. Da un passo biblico della Genesi (9, 18-27) che narrava un episodio della vita di Noè si formò una tradizione secondo cui dai figli di Noè avevano avuto origine le tre razze umane: da Cam ebbe origine la "razza" nera "maledetta"; da Sem la razza gialla; da iafet quella bianca. "I figli di Noè che uscirono dall'arca furono Sem, Cam e Iafet; Cam è il padre di Canaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè...avendo bevuto il vino si ubriacò e giacque scoperto all'interno della sua tenda. Cam...vide il padre scoperto e raccontò la cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso coprirono il padre scoperto; avendo rivolto la faccia indietro, non videro il padre scoperto. Quando Noè si fu risvegliato dall'ebbrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: "Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavisarà per i sui fratelli!" E aggiunse: "Benedetto sia il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet e questo dimori nelle tende di Sem, Canaan sia suo schiavo!"[cfr.Tentori 1989: 173]. 79 Per realizzare questa seconda alternativa, paradossalmente Elijah Muhammad ebbe dei rapporti segreti con i membri del Ku Klux Klan e incaricò proprio Malcolm di contrattare con loro. Secondo l'accordo, il Klan avrebbe ceduto ai Muslim parte degli stati della Georgia e della Carolina del Sud non appena la destra (razzista) fosse andata al potere. Ma cosa avrebbero dovuto dare in cambio i Muslim? Forse il loro appoggio politico... 80 Cfr. il paragrafo sul nazionalismo nero rivoluzionario, capitolo IV. 81Mentre i "dozens", la più graffiante tra le schermaglie verbali delle culture di strada afroamericane, sono un gioco crudele perché lo scopo è di distruggere l'interlocutore con le parole, il più "gentile" signifying risparmia spesso l'avversario e fa sfoggio di spirito, fantasia, creatività e perizia combinatoria. 82 Le figlie di Malcolm X, Gamilah e Ilysah, in arte "Shabazz sisters", sono diventate due cantanti rap e utilizzano in viva voce i più accesi slogan del padre. Il loro CD si intitola America's Living In A War Zone. 83 Destava molto stupore sentir dire che Gesù Cristo non aveva la pelle bianca, gli occhi azzurri e i capelli del color dell'oro, come da sempre veniva raffigurato e pensato nell'immaginario collettivo. Egli era un Ebreo e aveva il colore e i tratti somatici tipici degli Ebrei che a quel tempo vivevano in Palestina. Di che colore sono gli Ebrei? Possiamo ipotizzare che egli non fosse affatto di pelle bianca. Come troviamo scritto nella Bibbia: "...I capelli erano simili a lana...I piedi avevano l'aspetto del bronzo splendente..." [Apocalisse, capitolo I, versetti 14-15] 84 La Organization of African Unity (O.A.U.), l'Organizzazione dell'unità africana, fu creata nel 1963 alla Conferenza di Addis Abeba (22-25 Maggio) sulla base di un progetto dell'imperatore dell'Etiopia Hailé Sélassié. Gli stati membri sono cinquanta, tutti gli Stati indipendenti dell'Africa. La sede è ad Addis Abeba. Gli scopi dell'organizzazione sono principalmente: promuovere l'unità panafricana e la solidarietà degli Stati africani; difendere la loro sovranità, la loro integrità territoriale e la loro indipendenza; sopprimere tutte le tracce di colonialismo nel continente africano. 85 I bianchi organizzati in appoggio alla lotta dei neri Ci furono dei bianchi che lottarono a sostegno delle rivendicazioni dei neri e per la rinuncia dei privilegi dei bianchi: John Brown fu un antischiavista che nel 1859 scatenò una rivolta armata di schiavi e per questo venne condannato a morte. Tom Hayden, arrestato e processato per cospirazione insieme a Bobby Seale; due bande, un'avanguardia di bianchi poveri del Sud costituirono, unendosi alle Pantere Nere, la Rainbow Coalition; le White Panthers di Ann Arbor, Michigan, guidate da John Sinclair sostennero le Black Panthers. 86 I viaggi di Malcolm, per la loro capacità catartica e rigenerativa, possono essere considerati l'esperienza centrale e fondamentale per il suo cambiamento ideologico. Essi sono stati dei "viaggi antropologici": che costringono a smontare e rimontare le proprie interpretazioni e a riconsiderare le proprie certezze e minacciano l'ordine costituito del proprio pensiero. Essi sono l'esperienza della stridente alterità, della scoperta che rivoluziona i propri schemi mentali, uno shock culturale. Il viaggio può essere uno spostamento fisico, ma anche mentale e spirituale. Ed è questo secondo tipo di viaggio che Malcolm auspica per gli Afro-Americani [cfr.Sobrero 1992: 208/211]. 87 Cfr. con il paragrafo sull'atteggiamento razzista di Malcolm X quando era un ministro della Nazione dell'Islam. 88 George Breitman, Harold Cruse and Clifton DeBerry, Marxism and the Negro Struggle, New York, Pioneer Publishers, 1965. 89 (Traduzione libera mia): "Egli andò oltre il puro e semplice nazionalismo nero, in direzione del "radicalismo"...Ciò non contraddiceva la sua convinzione che i neri dovessero controllare le loro comunità; ma era qualcosa in più: nazionalismo nero, più un cambiamento fondamentale della società, più la trasformazione dell'intera società. Malcolm stava cercando una definizione per questa nuova prospettiva, stava diventando un nazionalista nero rivoluzionario (...può aver esitato ad usare quella parola perché pensava che fosse un ulteriore ostacolo in quel paese)". 90(Traduzione libera mia) "Essere ebano", "lo stato d'animo dominante delle masse nere negli Stati Uniti di oggi". 91 (Traduzione mia) "La filosofia politica del nazionalismo nero significa che noi dobbiamo avere il controllo della politica e dei politici della nostra comunità. Essi non devono prendere ordine da forze esterne...". 92(Traduzione mia) "Credo in una società in cui si possa vivere come esseri umani sulla base dell'uguaglianza". 93(Traduzione libera mia) "Il nazionalismo nero è un mezzo, ma non l'unico mezzo; è probabilmente un indispensabile mezzo per arrivare alla soluzione, ma non è esso stesso la soluzione del problema". 94 Cfr. la "Questione dell'Autodifesa" in Martin Luther King e Gandhi, cap.II e per le Pantere Nere, cap.II. 95 L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha lo scopo permanente di favorire il rispetto dei diritti dell'essere umano. Tra le convenzioni sottoposte alla ratifica degli Stati nel campo dei diritti umani c'è quello per la prevenzione e la repressione del genocidio (1948), lo stesso a cui Malcolm X si riferì nella sua denuncia. Il 10 Dicembre 1948, l'Assemblea Generale ha adottato una "Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo" che proclama i diritti civili, politici, economici, sociali e culturali di "tutti i membri della famiglia umana. "Considerato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; ... Considerato che è indispensabile che i diritti dell'uomo siano protetti da norme giuridiche se si vuole evitare che l'uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l'oppressione; considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le Nazioni;... Art. 1 - Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti...e devono agire in uno spirito di fraternità vicendevole. Art. 2 - Ognuno può valersi di tutti i diritti e di tutte le libertà proclamate nella presente Dichiarazione, senza alcuna distinzione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica... Art. 3 - Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà, alla sicurezza della sua persona. Art. 4 - Nessuno potrà essere tenuto in schiavitù. La schiavitù e la tratta degli schiavi sono proibite in tutte le loro forme. Art. 5 - Nessuno sarà sottoposto a tortura né a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Art. 7 - Tutti sono uguali di fronte alla legge e hanno diritto -senza distinzione- a un'uguale protezione contro qualsiasi provocazione a una simile discriminazione. Art. 21 - ...3) La volontà del popolo è il fondamento dell'autorità dei poteri pubblici; questa volontà dev'essere espressa con elezioni...a suffragio universale...seguendo una procedura...che garantisca la libertà del voto. Art. 25 - Ogni persona ha diritto a un livello di vita sufficiente ad assicurare la salute ed il benessere suo e della famiglia... [Memo. Grande enciclopedia universale, Rizzoli-Larousse, Milano, 1992(. 96 Il documento in cui Malcolm faceva appello ai capi di stato africani è pubblicato in R. Giammanco Malcolm X rifiuto, sfida, messaggio, 1994, Edizioni Dedalo, Bari pag189. 97 Letteralmente significa: la palla (o scheda elettorale) o la pallottola. Gioco di parole intraducibile in italiano, per l'omofonia dei due termini in lingua inglese. 98 Un articolo de "L'Espresso" uscito il 28 Marzo del 1965, un mese dopo l'assassinio di Malcolm X, dice che nelle comunità del Sud dove si godeva del diritto di voto, i neri chiedevano di essere lasciati in pace in cambio del loro voto. Per una corretta lettura del testo, va settato, come principale, il font GEORGIA